Dal 27 Maggio al 10 giugno 2017, Lartecontinua associazione culturale è lieta di presentare la mostra collettiva con opere di: DIANA D’AMBROSIO, FRANCESCO GIRALDI, MARY PAPPALARDO, FRANCO TIRELLI a cura di Antonella Nigro. “ AppArtenenzA “ la mostra intende mettere a confronto per la prima volta i quattro artisti, i quali dialogheranno attraverso le opere pensate specificatamente per lo spazio. L’esposizione - curata da Antonella Nigro – Nell’ideazione del progetto è stata fondamentale la ricerca di stili e ritmi comunicativi, si differenti ma uniti da molteplici possibilità di utilizzare lo spazio come contenitore alternativo di una poetica visiva contemporanea.
Diana D’ambrosio, attraverso la sua scultura, analizza profondamente il concetto di spazio, non solo nella sua accezione di estensione, superficie, distanza, margine d’azione ma anche in quella di collocazione e posizione dell’oggetto, dell’opera d’arte nello stesso. Una ricerca complessa la sua, nella quale materiali primigeni quali pietra, marmo, tufo, ferro ma anche bronzo e plexiglass si uniscono nella ricerca continua di creazioni che attingono da un’ispirazione e da una cultura ancestrale. La consistenza fisica, l’evento tattile, l’esperienza sensibile, donata dalla materia che da’ luogo alla molteplicità del mondo reale, è interpretazione fondamentale dell’analisi di Diana D’Ambrosio. Dunque spazio e materia al centro dello studio dell’artista, che propone forme essenziali nelle quali compare sempre un centro, un’origine, un nucleo dal quale si dipana la simmetria, l’energia, il principio. La costruzione rigorosa dell’opera scultorea ha, dunque una doppia valenza: geometrica ed equivalente per un bilanciamento delle strutture e una ponderazione delle forme e dei profili, ma anche concettuale poiché tesa alla compenetrazione e all’armonia dell’idea che sottende a tale lavoro giocato sugli equilibri, e cioè la genesi, l’origine. Operando sulla stilizzazione delle forme spesso istoriate di colori, l’artista appare profondamente interessata al dato simbolico e trascendente e non alla verosimiglianza. Le sue opere divengono effigi mistiche e sublimazioni dei principi che sono agli albori dell’esistenza dell’uomo, superando il dato reale che costituirebbe un limite rappresentativo nell’estrinsecazione dell’ideale.
Francesco Giraldi Ondulazioni irregolari, vivace alternanza di direzioni, movimenti fluidi ed armonici, complessità espressiva di elementi tra loro contrastanti eppure coerenti nella loro reciproca, magica, attrazione. L’arte di Francesco Giraldi coinvolge istantaneamente l’osservatore in flussi potenti di luci e cromie, ove ogni immagine è il risultato di un sistema, composito ed articolato, di segni studiati sul reciproco equilibrio coloristico, sulla proporzione e sul simbolismo delle forme, sul bilanciamento e l’intreccio delle curve, sull’andamento e sul verso della linea. L’astratto, quale purezza e immediatezza della concezione artistica, delle sensazioni profonde ed altrimenti inesprimibili dell’autore, è veicolo espressivo e comunicativo preferito dall’artista, che, però, da’ vita, spesso, a figure realistiche che emergono dagli orditi. Ecco, dunque, l’abbraccio sinuoso di protagonisti curvilinei e danzanti tra i colori fauves, occhi simili a stelle e soli luminosi che si stagliano, brillanti, nel vivace avvicendamento cromatico, griglie variopinte araldi di matematiche successioni che alludono e aspirano all’infinito.
Mary Pappalardo La ricerca pittorica e scultorea di Mary Pappalardo affonda nell’indagine e nell’interpretazione della valenza e del significato di fattori fondanti e primari della storia e dell’esistenza, quali la terra. Complesso ed affascinate tale studio propone quest’ultimo come simbolo della vita, legante indiscusso dei quattro elementi, casa e appartenenza, in tutte le cosmogonie nido della vita e della morte, prodigiosa connessione tra nascita e fine. La funzione femminile e generativa della terra è profondamente sentita dall’artista, che la propone sempre anche nell’analisi del Vesuvio, immagine amata di un caos primigenio e fecondo che origina il tutto nella natura. Nascono, dunque, forme materiche e cromatiche simili a onde che abbracciano altrettante curvilinee essenze: lava incandescente che si plasma e forgia ciò che investe; flutti che non si frangono persistendo in un’irrefrenabile inoltrarsi nelle maree; ellissi concentriche, mutanti e danzanti che si ambiscono. In questo dinamismo emergono temi circolari che, inserendosi nel flusso, lo scrutano: simili a raggiere vive e iridi screziate, librano dinanzi all’osservatore. Mary Pappalardo, profondamente interessata al teatro, alla performance e alla musica, espressioni nelle quali trova ampio spazio la manifestazione simbolica del sé, dell’esistenza e del mondo, continua in una proficua sperimentazione e connubio tra discipline che, non solo fa coesistere ma che amalgama con talento e acume: una relazione tra arti che tanto assomiglia alle inanellate e sinuose armonidella sua iconografia.
Franco Tirelli propone un’iconografia che affonda la sua ispirazione nell’informale, abbandona, dunque, la conoscenza razionale della realtà e sposa la rappresentazione di un universo complesso ed inesprimibile, legato al mistero dell’esistenza e dell’Io. Un informale, quello dell’artista, che non anela razionalizzare e spiegare ciò che proviene dall’inconscio, bensì liberare le energie e i moti interiori. La forma non è assente, tende a trasformarsi in "segno", cioè in un elemento grafico che sia distinguibile apparentemente, ma non nel suo contenuto. La gestualità insita nel tracciare tale cifra, nello stendere il colore, non risponde ad una volontà dell'artista di narrazione concettuale, ma è l'opera che vuole essere "altro" dalla realtà che la circonda, vuole essere oggettività autonoma essa stessa, testimone dell’azione e dell'essere dell'artista. L’opera di Franco Tirelli è diretta trascrizione del sentire le bellezze e le contraddizioni della contemporaneità; le malinconie e le gioie dell’esistere; gli scopi, le mete e i confini dell’arte. Intuizioni, sensazioni, percezioni degl’ impeti dell’animo divengono segni simili a flussi bianchi con anime cristallizzate d’un ceruleo sbozzato, diamantino e poi ancora ghiacci aguzzi che si disciolgono dinanzi allo spettatore espandendosi, trascendendo e travalicando in campi di porpora e rubino. Intenso, dunque, il contrasto cromatico che accompagna questi dinamismi che, paradossalmente, contenendo sempre il segno, la traccia, percepita quale principio e albore, presuppongono e suggeriscono la sospensione e l’attesa.
curatrice Antonella Nigro
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