Testi critici, Cagliari, 19 April 2012
UNIONE SARDA Edizione di giovedì 19 aprile 2012 - Cultura (Pagina 55)
Mostra (fino al 13 maggio) al T-Hotel di Cagliari
Variazioni sull'ombrello Come trasformare rispettando l'ambiente
Si chiama trasformazione ed è la seconda volta delle cose. Sta nella filosofia del riciclo creativo, in una teoria del “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che è utile”. Come utile appare riusare al fine di rendere la terra più leggera dal rifiuto. Ciò che si getta via può persino diventare farfalla da appendere in casa. Articolo di design che, partendo dall'indagine di elementi già vissuti, si dà alla nascita numero due. E per felice destino, rinasce farfalla, “Mariposa”, secondo l'artista Silvia Locci che la lascia “volare” al T-Hotel di Cagliari nella mostra “Ombrello T riscopro”, sino al 13 maggio a ingresso libero.
Nel progetto di Gianluca Melis e Tatjana Göx (che hanno curato anche l'allestimento assieme a Tramare e T Art) i creativi si incontrano per una rilettura dell'oggetto. Maneggiare i materiali conduce a ispirazioni cinematografiche, nell'interpretazione degli ideatori che da ombrelli forgiano personaggi alla Tim Burton, gioiosi sotto nuvole scure.
Parapioggia capovolti accolgono orti naturali al cento per cento, nella creazione Edilana-Ortolana & Ovile sardo design. Eco-sostenibilità quale parola d'ordine. Altro ecosistema quello proposto da Chiara Balasini e Karim Galici, una città ombrello consapevole di necessarie aperture. Quel che protegge spesso isola, mentre i valichi della difesa lasciano penetrare fili di luce e di vitalità floristica.
La lettura non convenzionale produce nuove forme. Le lampade, per esempio. Alcune possono essere banali, altre sospese evocazioni. Garza e stupore nel paralume di Carlo Budroni. Ed è il caso anche dei due ombrelli assemblati della piantana “E.T.U.”, disco volante/ombrello extra terrestre. Più alto delle nuvole, almeno in salotto. Acqua in agguato, prontissima a prendersi la rivincita nella goccia creata da Mas#Rico che ingoia lo strumento che dovrebbe respingerla. Un amore avvolgente, in fondo.
Avvolgenti e protettive sono le “gocce di corsetto”, scialli creati usando stoffe di vecchi ombrelli e impreziositi di passamanerie. E alghe baciate dal telaio, perché le mani di Gianna Puggioni e Rirì Murtas hanno già toccato l'acqua marina, in una ricerca di recupero nel rispetto dell'ambiente. A riprova, l'interessante scultura che celebra nozze fra terra e oceano nell'incontro tra riccio di pioggia e ippocampo vegetale. E che magari meritava una migliore collocazione negli spazi dell'esposizione, anche se vicina alla piscina interna, probabilmente - nelle buone intenzioni - per evocare il mare.
La stoffa del parapioggia diventa bertula impermeabile nella reinterpretazione sartoriale di Franco Casu. Ed è ancora protezione da indossare nella raffinata scelta di Giovanni Ottonello. Oppure cade vittima di mutazioni, trasformandosi in aberrazione cromosomica applicata al design nell'idea di Salvatore Aresu. O spicca il volo, invece, nell'airone di Michele Zucca. Gli oggetti colorati che riempiono le strade bagnate di pioggia rivivono in moda e design. L'importante, quando piove - metaforicamente o no - è decontestualizzare. Obbedire all'estetica della nuova metropoli, quella che ricostruisce uso dopo uso.
Manuela Vacca

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