Dormivo e sognavo che non ero al mondo
(Alda Merini, aforismi e magie, Rizzoli,
Milano, 1999, p.122)
Non esercizi di pittura, ma creazioni vere, scaturite dalle riflessioni e dalle emozioni accumulate negli anni, che ad un certo momento hanno chiesto pirandellianamente al suo creatore di venir fuori, di emergere dal chiuso celato dell’inconscio e della stessa coscienza, per incarnarsi in immagini concrete, visibili, vive per se stesse.
Sergio Fiorentino, dopo una lunga pausa, che lo ha distolto verso altri versanti operativi, ha ripreso da poco a dipingere, ammaliato e coinvolto in una frenetica voglia di pennello. Non ne può più fare a meno ora, e con maggiore maturità di quando studiava all’Accademia di Catania con Franco Piruca, si esercita e crea contemporaneamente, obbedendo ad una personale visione degli uomini e delle cose. Un realismo il suo, anzi un iperrealismo che si applica soprattutto ai volti, in cui Sergio rivela la conoscenza e l’approfondimento di certa iper-ritrattistica contemporanea, che spazia su varie direzioni figurative e che attrae soprattutto molta giovane pittura di oggi. Il volto dettagliatamente zoomato diventa sua icona privilegiata: una sequenza di volti si squaderna nelle sue tele con un segno moderno, che evoca tuttavia stilemi classici per una predilezione plastica, per una volumetria carnosa, che echeggia la forma essenziale della scultura antica.
I suoi volti sembrano manipolati dalla mano anziché dal pennello, come fossero di terracotta, di marmo, vere sculture dipinte. E non sono volti disumanizzati: sia che siano alla lontana espressionisti sia che siano più realistici appaiono subito emblema di una riconquista dell’uomo, di sé. Hanno quasi tutti gli occhi chiusi questi personaggi, occhi chiusi alla realtà degenerata, che si rifiutano di vedere, a cui hanno voltato le spalle, ma non definitivamente, perché vogliono mutarla questa realtà, non ignorarla o azzerarla: una denuncia silente e carica di attesa. Preferiscono pensare e sognare (Sognatori è il titolo di un suo dipinto), vivere di emozioni, agognano alla vita dell’onirico, per non cadere nel vuoto che hanno davanti. Se hanno perduto la capacità dello sguardo sul reale, questa capacità l’hanno acquistata potenziandola in vista interiore, in emozioni. E sorridono anche in una sorta di estasi tutta propria (Mediterraneo).
Il sogno li conduce al mare, regno della libertà e dell’infinito, di cui hanno ascoltato la voce, che li attrae, nella conchiglia avvicinata all’orecchio, hanno le cuffie indossate e sono già pronti a tuffarsi (Ritratto con tuffatore) o si sono già tuffati (Tuffatore), mentre i pesci li sfiorano, pesci minuscoli o pesci grandi come i tonni, Sognatore con tonni, Donna con Pleiadi. Sognano questi pesci azzurri, disposti nella posizione della costellazione delle Pleiadi, che riconducono dall’infinito marino del profondo all’infinito celeste dell’alto. Tutti positivi, salvifici questi simboli, dall’acqua al pesce alla conchiglia.
«La vita è sogno» cantava Calderon de la Barca.
E non è un sogno notturno quello dei volti imbalsamati di Fiorentino, un sogno cupo, doloroso, ma un sogno solare, luminoso come il mondo che si vorrebbe. Vivono per ora in unatmosfera senz’aria, come dentro una campana di vetro, uomini e donne, in scenari quasi senza scena, immersi in una meditazione silenziosa, ma non assente, che evoca i fluidi sotterranei dell’invisibile, volti ipnotici, misteriosi, ma sereni.
I suoi lacerti di visione non sono la rappresentazione del mondo onirico, ma della condizione del sogno, nella scissione tra coscienza e inconscio, e il doppio, evocato dalla continua raffigurazione di gemelli, diventa il simbolo di questa seconda realtà, immagine, maschera dell’interiorità. «L’occhio è la camera oscura della coscienza» ha scritto qualcuno e l’occhio interiore, l’occhio della mente vaga in fuga verso l’infinito, ma l’occhio della mente è anche quello con cui l’arte penetra e indaga la realtà, al di là del visibile: occhio e sguardo sono elementi centrali di tutta la problematica pittorica.
E Sergio Fiorentino lo sa. Sicché è un visionarismo carico di simboli e di richiami colti il suo, dall’occhio di Odilon Redon (Le Cyclope) e dall’uomo cieco, il poeta veggente Apollinaire, che non vuole vedere il presente, ai pesci di De Chirico, dalle teste di Magritte, all’eleganza, la pastosità e la bellezza delicata e incantata del Novecento di Donghi o di Casorati (Donna con aguglia, Donna con Pleiadi ), tutto intriso di una vena di Realismo magico e di Simbolismo, più che di Metafisica, in un piacevole sincretismo di sollecitazioni figurative e metaforiche.
Significativa in questo senso la tela Mosaico, che raccoglie insieme le sue icone più cariche di simbolismo, di emozioni pittoriche, offrendo una chiara chiave di lettura all’occhio aperto dell’osservatore, in posizione trasversale rispetto a quello chiuso delle figure.
Anche dal punto di vista cromatico, la preferenza data a colori tenui, pastellati, che ricordano certe delicate sfumature della Scuola di Scicli, con Guccione in testa (i suoi mari e i suoi orizzonti infiniti) riconducono a questo bisogno - forse impossibile, forse irrealizzabile - di tenue bellezza da offrire al mondo.
Anna Maria Ruta
EYES CLOSED OR RATHER,THE DREAMERS OF SERGIO FIORENTINO
I was sleeping and dreaming that I was not in the world
(Alda Merini, aphorisms and magic, Rizzoli, Milan, 1999, p.122)
;Not practice pieces or “studies”, but true creations, pouring out from years of reflection and accumulated emotions, that at a certain point demanded, as Pirandello would have, for his creator to come out, to emerge from the hidden confinement of the unconscious and from consciousness itself, to incarnate into concrete, visible images, alive in themselves.
Sergio Fiorentino has recently started painting again, after a long pause, he is now spellbound and gripped in a frenetic desire take up his brush again.
He can deny it no longer, so back with a greater maturity than when he studied at the Catania Academy with Franco Piruca, he is both studying and creating, adhering to his own personal vision of humans and things.
In his realism or rather hyper-realism, that especially applies to his faces, Sergio reveals his knowledge and deep understanding of contemporary hyper-realistic portraiture, covering several figurative styles that particularly attract many young painters today. The zoomed in, detailed face becomes his preferred icon: a series of faces are scattered across his canvases with a marked modernity, yet they also evoke classical styles with a preference for a plasticity, a fleshy voluminosity, that echo the essential form of ancient sculptures.
R32;His faces seem to be shaped by his own hands rather than a paint-brush, as if they were clay or marble, real painted sculptures. They are not dehumanized faces: whether they are like the distant expressionists or more realistic, they immediately appear emblematic of man’s conquest of himself. Almost all the figures have their eyes closed, closed to the degenerate reality they have turned their backs on, which they refuse to see, but not forever, because they want to transform this reality, not to ignore it or annul it: a silent condemnation full of anticipation.
They prefer to think and dream (Dreamers is the title of one of his paintings), to live by their emotions and to crave a dreamlike state, so as not to fall into the void that faces them. If they have lost the ability to see what is real, they have regained it by developing it into an inner sight, into emotion. They also smile in a kind of ecstasy all of their own. (Mediterranean).
R32;The dream leads them to the sea, the realm of freedom and infinity, whose voice they are attracted to, the voice they heard in the shell they raised to their ear. They are wearing their swimming caps and are ready to dive (Portrait with diver) or they have already dived (Diver), while fishes lightly brush up against them, tiny fishes or huge fishes like tuna, (Dreamer with tuna, Woman with Pleiades). They dream these fishes arranged in the constellation of Pleiades, coming back from the depths of the infinite ocean to the celestial infinity on high. These symbols are redeemed, all positive, from the water, to the fish, to the shell.
R32;“ Life is a dream” sang Calderon de la Barca.
The dream of Fiorentino’s mummified faces is not a nocturnal dream, not a dark, painful dream, but a sunny, luminous dream like the world as we would like it. But for the moment they live in an environment with no air, like inside a glass case: men and women, in scenarios almost without a stage, immersed in a silent meditation, not absent, but evoking the invisible underground fluid, hypnotic, mysterious faces, but serene at the same time .
His fragmented visions are not representations of the dreamlike state, but the condition of the dream, the split between being the conscious and unconscious. The reflection, evoked by the constant portrayal of twins, becomes the symbol of the second reality, images and masks of the inner experience.
Someone once wrote “The eyes are the dark room of consciousness” and the inner eye, the eye of the wandering mind escapes to infinity. But it is also with the mind’s eye that art penetrates and inquires into reality, beyond the visible: the eyes and the gaze are central in painting's topic.
Sergio Fiorentino knows this. So his visionary approach is loaded with symbols and cultural references to the eye of Odilon Redon (Le Cyclope), to the blind man, the fortune-teller Apollinaire, who refuses to watch the present, to the fishes of De Chirico, to the heads of Magritte, to the elegant, delicate and delightful beauty of Donghi or Casorati's Novecento (Woman with garfish, Woman with Pleiades). Everything is soaked in a vein of magical Realism and Symbolism, rather than Metaphysics, in a pleasant merging of figurative and metaphoric stimuli.
In this sense, and with great significance, the Mosaic canvas gathers togetherR32;his icons that are most laden with symbolism and pictorial emotion, offering a clear interpretative key for the observer’s open gaze, from an angle, compared to the closed eyes of the figure.
Also, from a chromatic point of view, the preference given to pastels and subtle colors, reminding of certain delicate tones of the Scicli School, with Guccione in the lead (his seas and infinite horizons), brings us back to this need - perhaps impossible, perhaps unattainable – for ethereal beauty to be offered to the world.
Anna Maria Ruta
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