"Double Face" e "La Scrittura del Tempo"
Mostre, Bologna, 10 November 2013
COMUNICATO STAMPA :

MOSTRE :
“DOUBLE FACE” E "LA SCRITTURA DEL TEMPO"

AUTORI :
LEONARDO SANTOLI & GIULIANO COTELLESSA

RASSEGNA :
"ARTI VISIVE, RESE VISIBILI" - 11^ EDIZIONE 2013

PROGETTO :
"ARTE PER LA RICERCA"

a sostegno della Campagna
"Libera la ricerca sulla CCSVI e sulla SM !"

COORGANIZZAZIONE :
ARS.CREATIV@ ,
TEATRO ARTE E SPETTACOLO S.C.A.R.L. ,
CCSVI NELLA S.M. EMILIA ROMAGNA ONLUS

CURATORI :
LUIGI DATI – GIANCARLO COSTANZO

TESTI CRITICI :
Erminia Turilli (Leonardo Santoli);
Bruno Bandini (Giuliano Cotellessa)

SEDE :
SALA CELESTE - VIA CASTIGLIONE 41 – BOLOGNA

PERIODO :
10 NOVEMBRE - 22 NOVEMBRE 2013

INAUGURAZIONE :
DOMENICA 1O NOVEMBRE 2013 ORE 18,00 / 21,00

ORARIO :
18,00 / 19,00 (SUONARE) DA LUNEDI' A VENERDI'

BIGLIETTO :
INGRESSO GRATUITO

CATALOGO :
EDITO DA PALLADINO & C. CAMPOBASSO

PATROCINIO :
COMUNI DI BOLOGNA, GRANAROLO EMILIA

INFO :
CELL. 392.6661199

WEB-INFO : www.teatroartespettacolo.com - www.arteperlaricerca.eu - www.ccsvi-sm.info -
www.ccsvi-sm.org - www.ars-creativa.it


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"DOUBLE FACE” E "LA SCRITTURA DEL TEMPO"

mostre di pittura di
Leonardo Santoli e Giuliano Cotellessa


Leonardo Santoli,
classe 1959, pittore, scultore, scenografo fiorentino, vive a Bologna. Dal 1980 è presente in numerose e rilevanti esposizioni d’arte nazionali e internazionali, invitato da molteplici critici fra i quali Cortenova, Barilli, Bonito Oliva, Crispolti, Eccher, Mayr, W. Waentig, Bandini, Buscaroli. Collabora nel 1987 con Lucio Dalla, che compone appositamente per lui un brano musicale; realizza nel 1996, pitture e scenografie per dischi e tour dei concerti di Luca Carboni. Collabora con i poeti Rondoni e Serragnoli. Nel 2013 realizza gli allestimenti scenici del concerto DallaClassica, direttore d’orchestra Beppe D’ Onghia, in ricordo del cantautore. Sue opere sono presenti in diverse collezioni pubbliche e private fra le quali: la Fondazione Cà La Ghironda (Bologna), la Fondazione Marino Golinelli (Bologna), la Biblioteca di San Giovanni in Monte (Vicenza), il Museo d’Arte di San Gimignano (Siena), il Museo di Cento (Ferrara), il Museo di Santa Sofia di Romagna (Cesena), la Collezione Alfa Wassermann Farmaceutica (Bologna), il Museo Sacram di Santa Croce del Magliano (Campobasso), il Museum di Bagheria (Palermo).



Giuliano Cotellessa
è nato a Pescara il 1 novembre 1962 dove vive a lavora. Ha conseguito il diploma di maturità quinquennale presso il liceo artistico statale di Pescara e successivamente ha frequentato la facoltà di Architettura della città adriatica. Opera da oltre un trentennio nell’ambito dell’Arte Contemporanea, sviluppando una ricerca nell’ambito delle neoavanguardie, in collegamento con artisti nazionali. Ha nel suo curriculum oltre trenta mostre personali in musei, gallerie e spazi pubblici: l’ultima delle quali presso l’Aurum di Pescara, mostra corredata da un volume delle Edizioni Byblos di Pescara con un testo di Ennio Morricone, premio Oscar alla carriera. E’ stato invitato ad oltre duecento mostre collettive in Italia e all’estero. Hanno scritto sulla sua arte oltre cento personaggi della cultura nazionale e internazionale fra cui: Ennio Morricone, Enrico Manera, Edoardo Di Mauro, Armando Ginesi, Marcello Venturoli, Leo Strozzieri, Carlo Melloni, Antonio Gasbarrini, Giuseppe Rosato, Isabella Monti, Francesco Nuvolari, Erminia Turilli, Bruno Bandini, Carlo Fabrizio Carli, Achille Pace, Maria Cristina Ricciardi, Vicenzo Centorame.



Artisti per l'Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla Onlus :
www.arteperlaricerca.eu


Le mostre, che hanno ottenuto il patrocinio del Comune di Bologna e della Città di Granarolo dell’Emilia, sono organizzate nell’ambito della Rassegna “Arti Visive, Rese Visibili” 11^ Edizione, per il Progetto “L’Arte per la Ricerca” a sostegno della Campagna “Libera la Ricerca sulla CCSVI e sulla Sclerosi Multipla!” che intende sensibilizzare l'opinione pubblica italiana in merito alle difficoltà per i Cittadini di avere una ricerca scientifica totalmente libera, indipendente e non soggetta a condizionamenti economici, politici, ambientali provenienti da gruppi di potere politico, da baronie accademiche, o da lobbisti delle industrie chimico-farmaceutiche .


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LEONARDO SANTOLI : De le future cose divinando.

Introduce l'arte di Leonardo Santoli la poesia di un altro fiorentino, padre delle avanguardie del Novecento, dal Crepuscolarismo al Futurismo, Aldo Palazzeschi. La poesia è "Chi sono?". E la risposta che l'autore dà è la seguente: sono un pittore, che mette sempre una lente davanti al suo cuore per farlo vedere alla gente. E proprio guardando attraverso la sua lente, illuminiamo e dilatiamo quel pulviscolo che, seguendo un rewind inarrestabile, s'addensa continuamente in modi diversi, andando a formare segni (tratti alfabetici, interpunzioni, crittogrammi), simboli mitici (labirinti, atlanti, costellazioni) e forme, che spaziano dai segni arcaici agli emoticon telematici, dai colori soffiati sulle mani-foglie dell'arte rupestre ai colori al neon dei cartoon, dalle reti geometriche ordinanti il caos metropolitano alle lunari mappe celesti, dalle clave preistoriche alle automobili dal sapore Pop. Per cogliere l'originalità e la complessità della sua vasta produzione artistica, lungo un percorso che procede dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, è doveroso un approccio volitivo, in cui far vibrare e sintetizzare parte delle Avanguardie del Novecento e dell'Arte contemporanea. Della sua variegata produzione saranno esposte soprattutto opere dedicate alle mappe geografiche, alla simbologia e alle costellazioni. Con il soggetto Italia (1991-2013) Sàntoli si inserisce in quella riflessione critica, che i più interessanti artisti italiani hanno svolto negli ultimi quarant'anni: Italia Cosa Nostra (1968-1971), Italia d'oro (1968-1975) e Italia all’asta (1990) di Luciano Fabro, Il Bel Paese (1994) di Maurizio Cattelan, Carta geografica (1997) di Mario Schifano, TV Selen (2010) di Marco Gerbi, Cristalli (2010) di Stefano Arienti; Il volto dell'Italia (2011) di Marco Lodola, L’Italia in croce (2011) di Gaetano Pesce, L’Italia Riciclata (2011) di Michelangelo Pistoletto. In queste opere Santoli rappresenta l’atmosfera incerta e sospesa del nostro paese: una penisola coperta di simboli, in cui fa scomparire i mari e fa emergere lettere alfabetiche distribuite caoticamente. In un display che coinvolge anche il tempo, oltre che lo spazio, con una successione di immagini e segni, l' Italia viene evocata attraverso figure di concetti astratti; caleidoscopio di una nazione negata, incerta, di cui restano solo nostalgici reperti. In "Simboli" del 1996 e in Arcaico del 2012 , l'artista rintraccia connessioni con il Casellario (1974) del neosurrealista e neodadaista Lucio Del Pezzo e riprende anche l'ispirazione dei segni e dei numeri di Ugo Nespolo in Semel in anno (2004). In tutte queste opere prevale una struttura a mensole, Wunderkammer, ovvero Camera delle meraviglie, dove il collezionista conserva raccolte di oggetti rari, straordinari per le loro caratteristiche intrinseche ed esteriori, mentre la delimitazione degli spazi a rete esprime la vocazione di dirimere il caos. Sopra scaffali sono sistemati triangoli, boomerang, cuori schiacciati, ruote, lettere, bastoni, rombi. É questo l'archivio, illimitato e periodico della Biblioteca di Jorge Luis Borges, archivio chiuso in stanze, dove piccole comunità legiferano secondo riferimenti apparentemente sconosciuti. I segni rimandano anche alla scrittura italica, greca o egizia:sono simboli tronchi, criptici, ermetici, spesso di difficile comprensione, assimilabili alla grafia onciale dell'alfabeto greco. I disegni sembrano invece di derivazione tribale (occhio, vortice, tattoo) dei gruppi etnici del west Africa. La sistemazione ordinata in visual box rinvia anche ai piccoli recinti dei cartigli egizi, dove si riportava il nome del defunto. Box/cartigli, quindi, in cui racchiudere per memorizzare energie di popoli antichi o addirittura primordiali. E, mentre l'occhio attraversa i due metri della tela Simboli e la percorre in una qualsiasi direzione, si riappropria di flussi di energia potente di civiltà lontane. Nello stesso periodo l'artista, nei dipinti della serie Costellazione, fa rivivere l'universo immaginativo dello Zodiaco di Dendera e del Disco di Festo. In particolare, in Costellazione - Coppia (1991-2013), il disco con i suoi fili di fibre naturali fa da fondale al rovesciamento del mito di Atlante, che non è più raffigurato, come nell'epica classica, schiacciato dal peso del mondo. Qui il semidio è sostituito da un uomo e una donna, entrambi eretti e di spalle, che insieme dominano il mondo. L'ambiguità della loro posizione fa dedurre un opposto destino, che, forse solo dopo un cammino circolare intorno al mondo, effettuato in solitudine, li porterà al temine a confrontarsi face to face. In altri dipinti l'artista riproduce con scale diverse germinazioni di forme arcaiche o telematiche su fondi rossi, blu, grigio-giallo, terra-senape. L'alfabeto, costituito da semi, bastoni, aste, lettere, emoticon, riassorbe energie dal mondo tribale e onirico, mentre i flussi seminali riducono all'elementarità arcaica anche la geometria delle stelle? questa un' interpretazione soggettiva, propria ed esclusiva dell'artista nel suo incontro con codici complessi, scoperti nella sua ricerca ed esaltati in seguito nelle forme, secondo l'ordine dell'astrazione e del simbolismo. Alcune figure, come gli scudi, provengono dal primitivismo, altre, come il reticolato di una pulsanteria, dalla galassia tecnologica. L'artista galleggia di continuo alternando, nella rappresentazione figurativa, una terrosità indicante il passato, (la forza della terra madre o il reticolato delle stelle), e il futuro, ipersegnico, riluttante, oscurato ed inquietante. Nei quadri realizzati nei primi anni Novanta sul filone della tecnica dell'arte rupestre incontriamo quel gioco di luci ed ombre sulle foglie e sui petali di fiore, che fanno rivivere la magia e la suggestione delle pitture rupestri delle Grotte di El Castillo di Altamira. In questi dipinti i soggetti sono diversi: un' Italia (10) ritagliata in nero, guerrieri-sfinge confusi in atmosfere floreali, luminose ma irrisolte, rose dei venti marginali e quasi ornamentali: tutto appare svuotato del significato originario. L'alchimista-sciamano dopo aver attraversato le porte del Simbolismo, della Pop Art, dopo essere stato ospitato nei luoghi del New Dada e del New Surrealismo, ha scoperto di avere nuove lenti e nuovi occhi. Dopo aver disciplinato l’immaginazione per mezzo di svariati linguaggi e mobili punti di osservazione, ha trovato finalmente la pietra filosofale capace di costruire un'impronta e, attraverso le sue opere, le ha dato forma. Si deduce, quindi, che l'artista, per la sua ricerca, ha preso come punti di riferimento i codici che l'uomo, nel corso dei millenni, ha depositato per comunicare la sua presenza sulla Terra. L'alfabeto, l'ideogramma, il disegno: con questi segni, prima rituali e ora cibernetici, l'uomo ha marcato l'ignoto, ha sovrapposto l'essere al divenire, al fine di controllare le sue angosce e perdurare nei secoli. Si può concludere, quindi, che i codici, dai primordiali ai telematici, sono stati attentamente scomposti e studiati da Santoli, ridotti a puri elementi basilari, e, in seguito, reinterpretati per tessere nuove trame e le future cose divinare.

Erminia Turilli


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GIULIANO COTELLESSA : La scrittura del tempo.

Nel libro della Genesi si afferma che “Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino Eden perché lo lavorasse e lo conservasse”. La sua creatura deve avere cura della bellezza della vita (non credersene padrone) e può nominarla. Così l’uomo dà nome alle cose della natura, proseguendo l’opera di Dio. È il linguaggio che fa la differenza e accomuna dei e uomini. L’uomo, animale dal pensiero complesso e unico protagonista della storia, possiede più linguaggi per capire se stesso e la realtà. Uno di questi è il linguaggio delle arti visive. Giuliano Cotellessa ha trovato un linguaggio per rappresentare la realtà e se stesso nella realtà: sono i suoi segni-simboli-note musicali-colori-spazi divisi eppure comuni. Ogni esperienza reale si fa astratta e ogni astrazione diviene più che mai concreta, paesaggio per segni, analisi, rielaborazione e riduzione del reale a poche ma sicure tracce e variazioni di un alfabeto che è codice immaginario e tangibile. Ogni partitura di questa relazione compositiva di segni e colori si presenta come costante “cominciamento”, come una sorta di scoperta, un disvelarsi, un riconoscersi. Non c’è una conclusione – se non la compiutezza della singola immagine – così come non c’è conclusione all’interno delle potenzialità del linguaggio. Ogni brano è un nuovo inizio, come se la pittura dovesse rialzarsi ogni volta che “pensa” ad una nuova immagine, esattamente coma accade nella realtà: nessuno schema preordinato, nessuna soluzione definitiva. Cotellessa delinea delle relazioni formali che vogliono liberarsi dalla casualità e dall’inderterminatezza che caratterizza l’esperienza quotidiana; eppure dell’esperienza detiene, con delicato riserbo, l’indecidibilità semantica. Ogni lavoro, ogni immagine non appare circoscrivibile ad un significato, ad un senso compiutamente definito, ma tende a travalicarli costantemente. Ed il colore viene ad assolvere alla funzione decisiva di connettere, di coordinare i suoni che nella complessità del reale si dispiegano.

La sua “scrittura” si mostra dunque come esperienza in atto, autocompresione che modifica il soggetto che la realizza. Non rappresenta né esprime qualcosa d’altro rispetto a ciò che è: è la storicizzazione dell’esserci, del nostro essere nel mondo. Detto altrimenti, Cotellessa “racconta” le dimensioni del tempo, le sue forme, le sue scansioni. Come ha sottolineato George Kubler in La forma del tempo, “mentre la nostra considerazione si rivolgeva tutta allo studio dei significati, si trascurava un'altra definizione di arte intesa come sistema di relazioni formali”. In quell'introdurre una riflessione quanto mai seducente sullo stato in cui versa la riflessione sulle arti nella contemporaneità, lo studioso americano ci avverte del fatto che in definite articolazioni temporali le forme dell'arte risultano più importanti dello stesso significato, così come accade per la parola, che è più significativa della stessa scrittura. Eppure, “ogni significato ha bisogno di un sostegno, di un veicolo, di un vaso. Questi sono i vettori del significato e senza di essi niente potrebbe essere comunicato”. Ecco il problema, espresso in tutta la sua evidenza: le forme esulano dal significato, ma sono in qualche misura “responsabili” della possibilità della loro trasmissione. Ma allora, nella storia delle “cose”, che cosa muta: il significato, oppure le forme? E' un po' come se il nostro autore giocasse su sottile filo di questo rasoio. E l'attualità delle forme? In che cosa si renderebbe visibile?

Bruno Bandini



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Per maggiori informazioni:

392.6661199
www.teatroartespettacolo.com - tas.piccolascarl@tiscali.it



Commenti 2

Fabio Finocchiaro
11 anni fa
Anche i miei complimenti.
Gianpaolo Marchesi
11 anni fa
Complimenti!

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