Come recita l’introduzione al catalogo delle opere, questa mostra “vuole rappresentare il momento che ha sconvolto la vita di una moltitudine di persone comuni che, nonostante la guerra, stavano svolgendo le loro attività quotidiane e vivendo una normalità che non sarebbe stata più tale, non solo per i morti ma anche per chi sopravvisse all’olocausto nucleare. […] Lo scopo [è quello] di promuovere la pace fra gli uomini e realizzare quello che è, nella drammatica esperienza giapponese, il grido dei sopravvissuti: ‘Mai più un’altra Hiroshima!’. E questo è anche il senso più profondo della mostra che, senza lasciare spazio alla crudezza delle immagini ma solo evocando sensazioni e atmosfere, vuole proiettare idealmente lo spettatore non solo nel luogo e nel momento del ‘grande lampo’ ma anche nel doloroso destino dei superstiti”.
Come recita l’introduzione al catalogo delle opere, questa mostra “vuole rappresentare il momento che ha sconvolto la vita di una moltitudine di persone comuni che, nonostante la guerra, stavano svolgendo le loro attività quotidiane e vivendo una normalità che non sarebbe stata più tale, non solo per i morti ma anche per chi sopravvisse all’olocausto nucleare. […] Lo scopo [è quello] di promuovere la pace fra gli uomini e realizzare quello che è, nella drammatica esperienza giapponese, il grido dei sopravvissuti: ‘Mai più un’altra Hiroshima!’. E questo è anche il senso più profondo della mostra che, senza lasciare spazio alla crudezza delle immagini ma solo evocando sensazioni e atmosfere, vuole proiettare idealmente lo spettatore non solo nel luogo e nel momento del ‘grande lampo’ ma anche nel doloroso destino dei superstiti”.
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