dj set a cura di Fabio Carbonara
L’essere umano da sempre ha utilizzato il mondo come metafora di sé. Il mare, prima dell’avvento delle macchine, è stato l’unico vettore possibile per viaggi di portata cosmica. Da Ulisse a Magellano. Per la sua estensione, pericolosità, profondità, l’oceano è una delle figure più utilizzate, e forse più azzeccate, per indicare la mente umana e il suo percorso conoscitivo.
La Naturalis Historia è uno dei più antichi compendi sulla natura. Sulla miriade delle sue forme, e sulla loro classificazione. Il IX libro di questa proto-enciclopedia scientifica è quello sulla zoologia marina. Plinio il Vecchio lo pubblicò nel 77 dc, due anni prima della sua morte.
Denicolò sembra riprendere questa tradizione, ma in realtà la scompagina alla base, lavorando sul rapporto fra vero e falso. Gli esemplari riprodotti nelle sue opere sembrano in tutto e per tutto dei pesci esistenti, ma in realtà sono manipolazioni, che ingigantiscono particolari, innestano caratteristiche di una specie sull’altra, si mimetizzano con la natura e sono, nonostante tutto, artificio. Per caricare la portata dell’operazione, Denicolò tira in ballo un pseudo-biblium, un libro inventato e citato come autentico. L’Historia Naturalis di Denicolò risale al 1548, lo stesso anno di nascita di Giordano Bruno. Anno emblematico, sancito dalla fondazione della corporazione degli stampatori e dei librai. Il massimo, per un libro che non esiste. Quest’Historia Naturalis è quindi un compendio di specie animali, che riunisce tutta la saggezza dei fuoriusciti greci dell’Impero d’Oriente. Il libro ha una rocambolesca storia, piena di un amore bibliofilo- feticista rivolto ai caratteri di stampa, ai piombi utilizzati per fonderli, alle risme di carta In una narrazione doppiamente falsa, lo pseudo-biblium viene consegnato all’autore da un bizzarro dandy bianco-vestito, settantenne, molto Tom Wolfe, con la laguna veneziana che fa da sfondo.
Denicolò mette insieme scienza, storia, narrazione ed incisioni su argilla, per riflettere sui confini che ci sono fra il vero e il falso, la natura e la cultura, il reale e l’immaginario. Una topografia fluttuante, affilata, nebbiosa, dove si colloca l’istanza generativa dell’arte.
Luiza Samanda Turrini
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