L’indagine identitaria, lungi dal far conoscere, ri-consegna un’individualità che risulta risucchiata in un magma impenetrabile.
Alle 18.30 "IO CHE NON SONO IO SONO IO -
estrazioni, libere letture dell'IO da Gadda, Beckett e Pessoa"
di Sara Giglio.
La mostra resterà aperta fino a domenica 13 gennaio 2013 tutti i giorni dalle 17.30 alle 20.00-
L’ingresso è libero.
I n f o
3407201761
www.askosarte.it
askosarte@yahoo.it
Michele Mereu
me myself and I
Me myself and I è il diario per immagini di una giornata stra-ordinaria che ha per protagonista Michele Mereu o, meglio – in una caleidoscopica esplosione di identità plurali –, il suo se, il suo se stesso, il suo io, osservati, inseguiti e irrisi da Mereu-Artista che, giocoforza, non è assimilabile e sovrapponibile a nessuna delle sue singole identità perché, secondo un assioma caro alla Gestaltpsychologie, le funzione delle parti sono determinate dall’organizzazione dell’intero e, pertanto, quest’ultimo, è irriducibile alla semplice somma dei suoi elementi costitutivi, siano essi il me, il me stesso o l’io dell’individuo Mereu che, del Mereu-Artista, non avranno mai la complessità.
Del resto, quello dell’Identità, nell’epoca della frammentazione e/o della frantumazione dell’Io, dell’essere e del non essere o dell’essere uno, nessuno e centomila, dell’Identità e delle Identità plurime, intercambiali e indefinibili, ambigue e sfuggenti in rapporto alle distinzioni e alle gerarchie della società o, viceversa, rapportate alle esperienze del singolo, delle Identità schizoidi e non ricomponibili, delle Identità in prestito o del Prestito delle Identità, è divenuto, e non poteva essere altrimenti, viste le implicazioni di natura sociale e individuale, uno dei temi più scottanti, più controversi e, necessariamente, più dibattuti in seno all’arte contemporanea.
In quest’ottica e in rapporto a una temporalità definita eppure accidentale e contingente, Michele Mereu, l’Artista, in un delirio narcisistico, egocentrico e autoreferenziale affatto contemporaneo, si offre allo spettatore come creatura Una e multipla, costituita da entità plurali e interscambiabili, che possono proporsi, senza copyright, nelle più svariate e autonome operazioni artistiche, assemblate e raccordate, appunto, in una giornata stravagante, resa “probabile” dai consueti e rassicuranti riti della quotidianità e “improbabile” da una dimensione onirica, surreale e inquietante, una giornata che impone una sospensione di giudizio, una giornata particolare, scandita da rispecchiamenti, sdoppiamenti e iperbolici nonsense, una giornata nella quale è più facile perdersi che ritrovarsi.
Ivo Serafino Fenu
Michele Mereu
me myself and I
«Mi piace molto che in un’opera d’arte si ritrovi trasposto, a livello di personaggio, il soggetto stesso dell’opera, a confronto con quel procedimento del “ritratto” che consiste, nel primo, a mettere il secondo ‘en abyme’». (André Gide)
Partendo dalla celebre formulazione del concetto di mise en abyme proposta da André Gide, Michele Mereu racconta sé stesso, con un progetto curioso e provocatorio dal titolo Me Myself and I, che attraverso un inabissamento identitario, riannoda le trame di momenti attuali e passati, reali o solo immaginati, in cui l’artista diventa contenitore e contenuto di uno spazio artistico totale, in cui tangibile è l’esigenza di aprirsi a inesplorati campi semantici.
Il medium prescelto per il progetto è la fotografia, strumento che all’interno dell’arte contemporanea si connota sempre più come portatrice di significati che vanno al di là del dato reale, scatti che l’artista può, manipolando, caricare di volta in volta di valori ambigui e concettuali, capaci di svelare il mondo sommerso che lo/ci circonda.
La classica domanda, cioè quale debba essere il ruolo dell'artista, (se è vero, che non esiste una "cosa" chiamata arte, ma esistono gli artisti e le loro opere), viene indagata da Mereu attraverso questo insolito progetto, persuaso più che mai, che sia preliminare capire in prima battuta il ruolo dell’artista, e poi ciò che esso produce, cioè ciò che convenzionalmente viene chiamata arte.
Colta, dunque, come un’opportunità, quella di raccontarsi provando ad esprimere la propria poetica usando i linguaggi che gli vengono offerti dal suo tempo, Michele si fa protagonista della propria ricerca artistica e intellettuale, quand'anche fosse una ricerca inutile, dimenticata, oscura, uscendo dai sistemi "autoreferenziali" dell’arte, per affrontare in primis il proprio ruolo personale all’interno della stessa.
Me, Myself and I si esaurisce all’interno di una giornata circolare in cui l’autore è, da un lato l’esecutore e il manipolatore degli scatti, e dall’altro il personaggio ri-flesso che vive, lavora, cucina, con un’appendice festiva in cui il protagonista si dedica allo spirito in un’ indagine identitaria, che lungi dal far conoscere, ri-consegna un’individualità che risulta risucchiata in un magma impenetrabile.
L’attività immaginaria e le sue mediazioni simboliche si consegnano alla libertà della ricerca di stile, svincolandosi dalle tautologie da sistema e mettendosi in una postazione di un’ intrinseca e disincantata eticità senza modelli.
Alice Rivagli
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