Giorgio de Chirico- Metaforfosi del classico nell'arte contemporanea italiana
Mostre, Roma, 29 March 2012
L’ Ulisse Gallery Contemporary Art di Roma sta curando la pubblicazione di una nuova versione del libro di
Costanzo Costantini dedicato a Giorgio de Chirico, uscito in prima edizione nel 1978 con il titolo Il Pittore Glorioso
Il Libro, edito dalla Jacobelli Editore, sarà presto disponibile nelle librerie col titolo "De Chirico, Pictor Optimus"

In concomitanza con questo evento editoriale - previsto per il 29 marzo 2012 - la Galleria realizzerà la mostra:

" metamorfosi del classico nell’arte contemporanea italiana ”
a cura di Silvia Pegoraro

Una mostra che si configura al contempo come un omaggio al Maestro italiano e come un’analisi del complesso e articolato concetto di “classicismo” che si è andato sviluppando nella sua opera, ma soprattutto in quella di diversi artisti italiani appartenenti a generazioni successive, la cui ricerca appare talora influenzata da quella dechirichiana, talora ne risulta praticamente indipendente.
Del resto de Chirico “è un grande maestro che non ha seguaci” (Alain Jouffroy), non può avere allievi né epigoni, ma solo affascinare, incuriosire, stimolare altri artisti che si trovano o si sono trovati ad affrontare la contemporaneità.

Uno degli spunti da cui parte tale progetto è costituito dal panorama storico e teorico delineato dal libro di Salvatore Settis, Futuro del “classico” (Einaudi, Torino, 2004). Secondo il grande studioso, i concetti di “classico” e di “classicismo”, nella cultura contemporanea, si profilano secondo due opposte tendenze : da una parte, nella cultura “generale”, il discorso sul “classico” appare sempre più superficiale, stereotipato e banale, limitandosi all’estrapolazione di pochi frammenti visivi della classicità greco-romana, svuotati del loro significato originario e contestuale; dall’altra, sul piano della ricerca scientifico-storiografica, la fisionomia del “classico” va facendosi sempre più complessa, metamorfica, “contaminata”: sfuma l’idea di una “purezza” del “classico” nelle sue radici greche, mentre si sviluppa quella della classicità come incrocio di culture e culti diversi, orientali e occidentali, continue metamorfosi formali e contaminazioni iconografiche e concettuali .

Queste ricerche sono sfociate in libri importanti come Il Dio a venire, di Manfred Franck (sul rapporto tra culto dionisiaco e cristianesimo), o Atena nera – Le radici afroasiatiche della civiltà classica, di Martin Bernal (il quale sostiene che la cultura greca classica abbia subito notevoli influssi da quella fenicia e da quella egizia).
In alcuni artisti visivi contemporanei - che si vorrebbero presenti in questa mostra - risulta particolarmente evidente – a nostro avviso – proprio la tendenza a esprimere questa complessità, ambiguità e polimorfismo del “classico”, messi in evidenza dagli studiosi. Tendenza che dunque distanzia e differenzia profondamente questi artisti dall’uso “comune” e stereotipato dell’idea di “classico”.

Nella stessa opera di De Chirico si accavallano e interferiscono temi, tecniche ed elaborazioni fantastiche; motivi metafisici s’intrecciano con suggestioni classiche e richiami al mito: si manifesta qui un'idea del classico che ben si attaglia all’inquietudine degli artisti contemporanei, anzi, in qualche modo appare in grado di stimolarla e accrescerla. Un’idea che implica la libertà di tràdere (tramandare) ma anche di tradire le forme, in un corto circuito continuo tra soggettività e percezione oggettiva del reale.

Da ormai lunghissimo tempo, come si sa, siamo nell'età detta della “riproducibilità tecnica” (Benjamin), o “dell'immagine del mondo” (Heidegger). L'età in cui strumenti ottici sempre più perfezionati consentono di riprodurre il reale in minor tempo, a costi minori e con risultati maggiori. Chi ha più bisogno, allora, dello sguardo dell’arte, e in particolar modo, di un’arte a suo modo “classica”, sia pure lontana da qualsiasi luogo comune “classicista”? Hegel parlava già, nelle sue lezioni ad Heidelberg, di un'arte che assume il proprio passato come oggetto di applicazione, consentendo l'emergere delle nozioni moderne di estetica come filosofia dell’arte e di storia dell'arte. Fenomeni sette-ottocenteschi come il Neoclassicismo, il revival gotico, il Preraffaellismo, ci dicono come le tesi hegeliane fossero fondate. L'arte, già da allora, cominciava a volgersi a se stessa, a guardarsi dentro, a diventare meta-arte, usando le proprie radici classiche come specchio della propria struttura ontologica.

L’ambiguo e multiforme “universo De Chirico” esemplifica bene questo processo: è una sorta di meta-universo in cui l’arte contemporanea si è spesso rispecchiata per cercare se stessa. Tutto ciò ci fa pensare a un ritorno, forte e prepotente, della capacità di sguardo dell'arte, che raggiunge le infinite dimensioni del mondo e dell'uomo attraverso l’analisi delle proprie strutture espressive, del proprio linguaggio. In modi intriganti e obliqui - attraverso le proprie radici ambiguamente classiche - le arti visive tornano così ad applicarsi alla “natura” e al reale, a gettare il loro sguardo sul mondo. E' un mondo ormai sul punto di essere consegnato all'artificialità, alla simulazione, all'esistenza vicaria, all'inautenticità dell'esperienza mediatica, ma che mantiene ancora delle “pieghe”, o plaghe nascoste, territori del mistero individuale che nessuna cultura di massa è in grado di colonizzare, omologare o cancellare.

Ciò di cui questa mostra vorrebbe rendere conto è dunque un’arte che, attraverso un discorso sul classico contaminato e polimorfo, affonda le sue radici in un ritrovato rapporto con la coscienza profonda, con quell'inconscio di cui si credeva ormai spenta la forza propulsiva, dopo cento e più anni di psicoanalisi. Un’arte che non cancella i fantasmi del reale, l’eterna ossessione della referenzialità, ma li immerge nel magma vibrante e inarginabile dell’immaginario individuale, di una visione che è sguardo verso il reale, ma soprattutto verso il reale riflesso nello specchio dell’arte, dunque sogno, immaginazione, enigma.

Il rapporto tra antico e moderno - tra tradizione e innovazione - diventa così un valore eversivo, e il classico non è mai la forma immutabile, ma la forma che si presta a infinite interpretazioni, metamorfosi e contaminazioni.

L’elenco degli artisti presenti in mostra è il seguente:
- UGO ATTARDI
- BRUNO CECCOBELLI
- SANDRO CHIA
- FABRIZIO CLERICI
- GIORGIO DE CHIRICO
- STEFANO DI STASIO
- TANO FESTA
- ANDREA FOGLI
- VETTOR PISANI

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