La rassegna ricostruisce l'esperienza artistica di Licata e il suo desiderio di trovare, con l'entusiasmo del novizio, un nuovo linguaggio, in grado di oltrepassare gli inquietanti estremismi dell'Informale. Rinunciando alla materia pittorica, l'artista cerca un suo varco nell'indeterminazione e decide di costituirlo sulla superficie, rifuggendo quasi totalmente anche dalla dimensione prospettica. Il suo linguaggio è quello inconfondibile della grafia automatica, della meta-scrittura che diventa segno, in una ricerca che, nel corso dei decenni, ha portato Licata ad elaborare un proprio alfabeto. Questi stessi segni rappresentano la materia dei suoi mosaici, nei quali il colore riesce attraverso il linguaggio a dare vita ad un logos artistico che attrae e induce alla riflessione.
In una recente intervista di Giovanni Granzotto a Licata, l'artista precisa di non fare distinzioni tra "arte maggiore o minore": «dipinti e mosaici hanno la medesima importanza, così come gli acquarelli o le incisioni [...]. I mosaici per me sono eccezionalmente interessanti». La tendenza degli ultimi anni nella produzione musiva licatiana segue una variazione cromatica indirizzata verso tinte accese e sgargianti, portando l'attenzione su una produzione di nicchia, e poco conosciuta dal grande pubblico, del maestro.
Per evidenziare il valore contemporaneo dell'arte musiva, l'opera di Licata dialoga con quella di altri grandi artisti contemporanei - i già citati Afro, Dorazio, Pizzinato, Santomaso, Severini e Vedova - affascinati dall'arte musiva, senza necessariamente averla praticata. In mostra anche alcuni cartoni preparatori presi a modello dai membri delle scuole di Ravenna e Spilimbergo per la creazione di diversi mosaici. Accanto alle opere dei maestri, quelle di mosaicisti più giovani, alcuni dei quali allievi diretti dello stesso Licata, o indiretti, formatisi attraverso la conoscenza delle sue opere.
Commenti 9
Inserisci commento