Mostre, Bergamo, 12 January 2019
CARLO COLLI
Skin e Recompose
PoliArt Contemporary – Milano
a BAF Bergamo Arte Fiera
Le opere in mostra appartengono ai recenti cicli “Skin” e “Recompose”, in cui emerge l'originalissima ricerca “su” carta di Carlo Colli.

In queste opere si può senz'altro dire che, anzi, la carta non sia più un supporto, ma, in un'inedita fusione con la pittura, si mostra nella sua valenza oggettuale. Ogni carta è completamente ricoperta, fronte e retro, dalle percepibili pennellate di pittura monocroma, preparando così il paradosso di una superficie spessa, pronta a misurarsi con ogni azione dell'artista. Forse è proprio in questo il primo dato poetico di questa ricerca: L'unione di pittura e carta per trascendere l'intramontabile dualismo di tecnica e supporto, creando una forma coesa che sia completamente immersa nell'ambiente in cui si mostra.

Ecco nel ciclo “Skin” gli strappi, che per Colli sono ancora pittura, misurano lo scarto tra l'intenzione dell'artista e la resistenza del suo nuovo “corpo” pittorico. L'artista tenta una retta, due parallele, un cerchio, ma nello strapparsi ecco che la retta s'incurva, le parallele convergono, il cerchio si deforma: è l'imperfezione creativa, il cui l'immagine si mostra nella propria purezza fenomenica, infinita approssimazione tra ideale e realtà.

Nel ciclo “Recompose”, poi, Colli approfondisce la diretta corrispondenza, non solo tra opera e spazio, ma anche tra opera e interprete. L'artista stappa ancora la carta-pittura, d'istinto questa volta (pars destruens), senza preoccuparsi dell'estetica dello strappo come avveniva in Skin; poi ricompone, come in un restauro, i vari pezzi utilizzando un largo nastro adesivo, di nuovo inteso come pittura: una pittura che compone e salva. Ne risulta un'architettura di strisce nere in rilievo che ricopre interamente gli strappi.
“Recompose” sorge così, in una sovrapposizione di negazione e affermazione, distruzione e costruzione, istinto e razionalità. L'opera è ora pronta per espandersi, è una potenza rattenuta che l'artista vuole indipendentemente da lui stesso: per questo “Recompose” è sempre affidata all'altro che verrà, a colui che l'allestirà sulla prima parete e in quelle che il tempo prepara. Le larghe strisce di nastro si possono prolungare indefinitamente al di fuori dei confini dell'opera, sia essa singola o multipla, interagendo con lo spazio e con un'interpretazione sempre imprevista.
“Recompose” in questo modo, non sarà mai satura di senso (forse metafora per l'arte tout court) ma “opera libera” sempre in divenire, come l'idea che accompagna la ricerca di Carlo Colli.

Commenti 0

Inserisci commento

E' necessario effettuare il login o iscriversi per inserire il commento Login