PoliArt contemporary
a cura di Leonardo Conti
con la scenografia musicale di Paola Samoggia
La PoliArt Contemporary di Milano è lieta di annunciare la personale di Carlo Colli, “Carte nomadi. L’indistruttibile caducità della pittura”. Sono circa venti le opere esposte, dal recente ciclo Post, nelle quali l’artista siciliano pone al centro della sua ricerca un’inedita relazione tra pittura e spazio reale, per accedere al divenire nel quale tutti siamo immersi.
Colli piega pesanti fogli di carta bianca dipinti di bianco, secondo il rigore della fantasia. La sua è quasi in un’improvvisazione jazzistica, libera da ogni partitura nel suo accedere all’istante. Ciò che resta di questo processo del piegare, indica il luogo in cui caso e libertà si fondono. Il numero di pieghe è deciso dall’artista e rappresenta la capacità variabile d’esser piegata dell’opera. Essa resta come tempo raccolto, che sarà tempo da dipanare, indefinitamente. Ed è proprio in questa capacità di spiegarsi, che quel tempo raccolto diviene forma. Perché la carta sgualcita, già conserva le tensioni che ogni piega aveva registrato nel tempo, mostrandoci il corpo mobile e plastico dell’opera: dalla parete si distacca e alla parete ritorna. Qui sorge la pittura di Colli. In un contrappunto di strisce nere e pieghe, l’artista costituisce una struttura quasi architettonica, in cui non si perdono le vibrazione del pennello e l’eco dei gesti: ecco lo sporgersi ritmico del corpo dell’opera. La pittura pare trattenere o accelerare quel farsi aggettante, attraverso il ritmo incrociato della piega-tempo, della pittura-struttura.
Viene in mente la formidabile sintesi michelangiolesca di scultura e architettura, nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo in Firenze: nei monumenti a Giuliano e Lorenzo de’ Medici, Michelangelo aveva realizzato il luogo silente oltre la morte. Le due sculture vi si affacciano, provenienti dalla vita e dall’esperienza del tempo la cui natura ambigua giace sui sarcofagi nelle personificazioni scultoree di Aurora e Crepuscolo, Giorno e Notte. Nel capolavoro di Michelangelo, il ritmo architettonico di marmo e pietra serena, funziona da telaio di contenimento, come per reggere alla pressione esterna: perché oltre la soglia del tempo solo ai due Medici là si concede di accedere.
È dall’altra parte, dalla parte della vita, che i Post di Carlo Colli si affacciano al di qua, perché si radicano nel tempo e del tempo conservano il divenire, mettendo in moto la forma, nel reciproco travasarsi di tempo e gesto, di pittura e spazio. Qui il tempo si fa spazio perché queste opere vivono e si muovono nello spazio e nel tempo. Anche le gallerie, i musei, le case, che esse abitano e abiteranno, sono luoghi provvisori, e già noi stessi, sin da ora, siamo in grado di ripiegare nuovamente la pittura, ripercorrendo i gesti che l’artista aveva compiuto per primo, per noi. In questo modo potremo farle tornare ancora, indefinite volte, tempo e spazio raccolti, da riporre nelle scatole-case preparate da Colli, per liberarle ancora al divenire che presto o tardi a noi sarà negato.
Commenti 3
Inserisci commento