Non credo in un’unica verità.
“Se non possiamo vedere nell’oscurità, la luce ci ha accecato e se non riusciamo a vedere nella luce, l’oscurità ci ha accecato. L’oscurità è informazione ed emozione come lo è la luce. L’equilibrio tra i due elementi cambia con lo scorrere dei nostri giorni mentre le luci si fanno ombre.”
(Saku Soukka, relativamente alla propria opera Senses of a blind, 2008-2013)
Luci e ombre, opposti dentro ai quali muoversi con la consapevolezza della loro convivenza, attraverso dimensioni in cui non c’è giudizio, ma solo esistenza. La mostra si pone come una sorta di portale che permette di aprire occhi e mente su un’altra dimensione, muovendosi sul filo che congiunge la nostra realtà terrena alle dimensioni altre, ma è anche una dichiarazione d’amore per la pittura e per la vita stessa.
L’opera pittorica di Maurizio L’Altrella arriva proprio attraverso questo passaggio continuo tra chiaro e scuro, un andirivieni da cui fuoriescono i soggetti dipinti, animali che vivono il contrasto tra luce e ombra, spostandosi fluidamente tra gli opposti nell’equilibrio universale. “Anima-li” fatti di sostanza e consapevolezza, liberi dalle costrizioni della razionalità, istinto puro e primordiale, queste creature terrene sono medium in dialogo con il nostro Io profondo e dimenticato.
Una scelta lucida, quella di Maurizio, di tornare alla pittura dopo mesi di fermo necessari per convincersi a dare ascolto a quell’emozione che guida e, quasi, realizza da sè l’immagine in un gioco dell’errore in cui le figure sono pittoricamente costruite e distrutte per poi essere nuovamente costruite. Tocchi di luce finale possono far emergere dal fondo buio i soggetti allo stesso modo in cui le pennellate scure restituiscono fisicità al chiarore preesistente. Ogni elemento è necessario, ogni atto è inevitabile.
L’artista dipinge animali perché essi semplicemente sono.
Eppure ciò che vediamo è solo una delle realtà esistenti poiché tutto ciò che è contenuto nell’opera, gli animali, i paesaggi quasi irriconoscibili, le luci e le ombre, si situano nel passaggio tra due condizioni, una fisica e una rappresentazione del ricordo di questa dimensione mentre già si è in movimento verso quella successiva.
E’ proprio durante la fase di passaggio che avviene lo sfaldamento dei corpi: gli esseri lasciano la propria corazza fisica per diventare pura energia e pensiero. Ecco che i soggetti dipinti diventano via via quasi irriconoscibili, sagome che si confondono nel colore dello sfondo.
La fiducia nell’esistenza di dimensioni diverse attraverso cui il pensiero si muove, si lega soprattutto a filosofie religiose arcaiche che segnano l’attuale ricerca artistica e personale di Maurizio. Gli animali sono scelti per il loro significato simbolico, in particolare è molto forte il legame con le credenze egizie e atzeche, che spesso si mescolano o trovano similitudini nelle altre religioni, collegate fra loro da un principio invisibile.
Il cane è tra i soggetti a cui l’artista è più affezionato, simbolo del dio Anubi egizio e di Xolotl, la divinità atzeca che aiutava i morti nel loro passaggio verso Mictlan, il livello inferiore del mondo sotterraneo.
Il gatto è il più rappresentativo: animale posto a guardia degli antichi templi buddisti, secondo alcune filosofie esoteriche sarebbe l’unico in grado di spostarsi a piacimento tra le diverse dimensioni, in modo cosciente e attraverso il proprio corpo etreo.
Interpretazioni poetiche trasfigurano le sagome di regali ibis rossi: animale sacro per gli antichi egizi, la sua immagine era associata alla figura del dio Thot, simbolo della sapienza e signore della luna (o del sole morto), si credeva permettese la comunicazione tra cielo e terra. Thot, infatti, aveva l’incarico di ricollegare la vita che era stata nel passato con quella che è nel presente e che sarà nel futuro, mantenendo il perfetto equilibrio dell’universo.
Grandi ibis sembrano uscire dalle tele, avvolti dalle fiamme, sprigionando tutta la potenza di una pittura matura e cercata a lungo.
Questi uccelli erano considerati emblema della conoscenza per via del lungo collo che permette loro di scrutare ogni parte del proprio corpo e venivano paragonati all’uomo sapiente che, attraverso l’uso della riflessione e dell’osservazione di se stesso, può arrivare alla consapevolezza dei propri limiti e capacità. Inoltre, l’ibis veniva allevato dai sacerdoti egizi perché si nutre prevalentemente di serpenti e carogne, ma quando ha necessità di bere sceglie solo l’acqua più limpida. La sua alimentazione particolare ha portato, quindi, a considerare questo animale il simbolo dell’uomo che si sbarazza della sua parte più bassa ed infima, sottolineando il passaggio dalla natura materiale a quella spirituale: la figura dell’ibis era collegata con l’Akh, l’aspetto luminoso e trascendente del dio, ma anche il simbolo della forza interiore che porta l’uomo a percorrere il suo cammino iniziatico, inducendolo a lavorare su sé stesso e sul mondo che lo circonda fino ad arrivare all’illuminazione, quindi a tornare ad essere parte della divinità.
Le opere di Maurizio L’Altrella sprigionano dall’interno la forza per condurci sulla soglia di un passaggio, un collegamento tra luoghi reali e mentali, oscillando continuamente tra l’uno e l’altro. Ogni dipinto può far uscire l’animale o invitarci a seguirlo al suo interno. Questi animali guida ci accompagnano attraverso un passaggio di condizione, uno spostamento del punto di vista aperto verso l’universale, che non può che coincidere con un’evoluzione personale. Come fossero specchi, ci pongono davanti a un “noi stessi” spogliato di tutte le nostre verità per arrivare all’essenza ultima: prima del corpo e insieme al pensiero, noi siamo.
Annalisa Bergo
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