Il Viaggio
Mostre, Roma, 10 October 2017
IL VIAGGIO

progetto di Alberta Piazza e Giuliana Silvestrini



“Il viaggio” è il tema che dà il titolo alla mostra di Alberta Piazza e Giuliana Silvestrini, vicine e complementari nell’esprimersi su questo tema. Il viaggio, in particolare quello lontano dalle mete turistiche, accomuna infatti queste due artiste che, ognuna per proprio conto, vi hanno trovato un ideale di vita rispondente alla loro esigenza di conoscere e sperimentare.

Alberta Piazza costruisce il suo discorso soprattutto attraverso immagini oniriche e così nelle carte esposte rappresenta con tecnica mista delle “visioni”, una sorta di flashback del viaggio, a prescindere dal mezzo sul quale avviene perché esso è inteso come cammino non solo fisico ma anche psicologico attraverso le diverse situazioni che costituiscono l’esperienza. Le sue opere descrivono così il percorso delle immagini : esse si imprimono nella memoria e diventano paesaggi frammentati o forme distrutte e queste vengono successivamente rielaborate nell’inconscio. Proprio da qui le mani dell’artista le recuperano perché siano rappresentate con materiali vari la cui lavorazione dia il senso della trasformazione avvenuta nel tempo e nello spazio. In pratica l’artista rappresenta nelle sue opere il percorso mentale della conoscenza utilizzando la materia come mediatrice. Ne risultano astrazioni che sono la proiezione verso l’esterno del suo mondo intimo, vere e proprie forme aperte per le quali lo spettatore si trova a tentare delle interpretazioni soggettive. Quello che rappresenta Alberta Piazza, quindi, è proprio il viaggio nel suo compiersi, che si manifesta in una trasformazione sempre in atto come quella che lei, viaggiatrice esperta, ha sentito di avere sempre su di sé e ha scelto come tema delle sue opere. Questa idea del transito della materia e della mente da uno stato all’altro è il leit motiv di Alberta Piazza, e lo ritroviamo in ognuna delle sue creazioni qui esposte come in ogni tecnica da lei utilizzata. In “TRAVERSAR”, il titolo fa parte integrante dell’installazione composta da una rete metallica arrugginita e un prato verde “vero” , annaffiato ogni tanto dalla mano dell’artista stessa, per tenere in vita l’erba, simbolo di speranza. Il ferro arrugginito, da parte sua, rappresenta ciò che si lascia faticosamente nel tentativo di cambiare una situazione inadeguata mentre il prato diventa immagine della trasformazione avvenuta , sintesi finale del ragionamento iniziato dal titolo. Lo stesso concetto si ritrova negli ossidi su tessuto, che Piazza ha letteralmente “esposto” alle intemperie per ottenerne delle modifiche (impronte ed escrementi di animali, ruggine di ferro, acidità della pioggia). Qui gli elementi metereologici hanno scritto sul materiale di base una storia e questa storia è, anche stavolta, quella di un passaggio di stato, una trasformazione: un viaggio, appunto.

Più istintiva, invece, è la visione del viaggio espressa da Giuliana Silvestrini che dà del tema una interpretazione più “impegnata” : il suo viaggio è, infatti, quello rischioso del migrante verso la terra che rappresenta per lui il traguardo, il riscatto sociale ed economico. Nulla di retorico nella sua idea di fondo ma molto è legato alle emozioni: il migrante è simboleggiato nella “metallina” (il tessuto d’oro e argento con il quale vengono ricoperti i nuovi arrivati appena scesi dal barcone), che diventa la protagonista di un video in mostra, in quanto simbolo del viaggio e della voglia di conoscere e crescere, esigenze connaturate all’uomo. Non è un caso: l’artista ha un passato da viaggiatrice avventurosa, sempre a caccia di luoghi difficili da raggiungere e per questo non ambiti dal turismo di massa. La sua stessa vita è identificabile con i continui spostamenti dettati dalla voglia di ricerca e da una inguaribile curiosità. Il desiderio di “sperimentare” della Silvestrini si sintetizza, quindi, nella figura del migrante, non nella diffusa interpretazione inflazionata e pietistica del misero bisognoso di aiuto e cure ma in una visione (più che umanitaria), “umanistica” che lo vuole simbolo di conoscenza. La metallina diventa allora, nell’immaginario dell’artista, un corpo che ha intrapreso un viaggio verso la propria realizzazione come individuo, con tutti i diritti che gli spettano e la possibilità di realizzare i propri sogni. Anche l’opera in acrilico e bitume

rappresenta figure di immigrati, stavolta ottenute rielaborando una foto di repertorio. Ma qui la scelta ci dice qualcosa di più dell’artista. Il materiale infatti proviene dalla terra, dalle sue viscere più esattamente, che sono tanto profonde quanto lo è il modo di Giuliana Silvestrini di esprimere le emozioni della vita. Sulla stessa linea sono le altre carte in mostra, “Impronte” di abiti in disuso su carte e pezzi di lenzuolo, tracce dell’ umanità che le ha indossate e usate toccandole con il proprio corpo e rendendoli, per questo, unici, individuabili. E’ un modo di “sentire” a pelle, quello della Silvestrini, che fa di lei un’artista passionale,sincera e impulsiva, capace di conservare ancora l’infantile stupore nello scoprire il mondo.

Testo critico di Gloria Zarletti










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