Testi critici, Bologna, 01 December 2010
Apparentemente l'opera “Tempi morti” di Pablo si presenta di facile comprensione e potrebbe sembrare banale volerla spiegare perché il titolo dice già tutto legando le immagini tra di loro e dando, in questo modo, pieno significato alla fotografia.

La bravura dell'artista sta proprio nella costruzione del processo di relazione tra le sei fotografie che, con coerenza, creano un oggetto di senso: infatti, se osservate singolarmente, le immagini perdono la specificità significante per essere semplicemente un enunciato; ciò non significa che lo scatto di per sé non abbia valore, o che, in qualità di parte, sia esteticamente inferiore alla totalità che rappresenta, ma significa prendere coscienza di un sistema poietico che genera il significato attraverso la ricerca e lo stimolo di un processo cognitivo.

Per capire la potenza e l'intenzione comunicativa dell'autore è utile abbracciare la prospettiva semiotica che permette un'analisi delle forme significanti, in particolare si rivelano utili le note sul dettaglio di Mukarovsky perché ogni fotografia rappresenta il corrispettivo di un dettaglio, ogni scatto contiene un segno che, concepito come unità, permette la costruzione del discorso; dice il semiologo della Scuola di Praga: “L'opera d'arte dipende da un processo dato da continue trasformazioni che avvengono per raggruppamento di dettagli in qualità di unità semantiche; nel raggruppare i dettagli si formano delle fessure di senso (o salti semantici) che il fruitore ha il compito di colmare” 1quindi la sedia, la scala, l'orologio, il bidone e le piante di per sé sono solo elementi, unità discorsive che entrando in dialogo tra loro costruiscono un intreccio di significati ed è grazie al processo di addizione e al convergere dei dettagli che Pablo riesce a disegnare lo sfondo semantico su cui l'osservatore legge l'evento sotto la chiave del titolo.

Le sei fotografie di per sé non narrano, trattengono solo apparizioni istantanee, ma la loro iterazione permette di catalogare l'opera “Tempi morti” sotto l'etichetta di Narrative Art ovvero di una espressione diegetica imperniata sull'asse joyciano in cui avviene l'epifanizzazione del reale e la rivelazione sta nel momento in cui “la cosa insignificante prende rilievo2” . Ecco, dunque, che si comprende come una scala che proietta una lunga ombra sotto il sole di mezzogiorno, una sedia vuota, un orologio che ha smesso di funzionare, un bidone dell'immondizia da svuotare trovano concordanza con le fronde di un albero a riposo e con le foglie rinsecchite di felci piegate dal vento: la cosa insignificante di cui parla Eco prende sostanza e facendo ciò crea il contesto pur conservando la propria autonomia.

Alla luce di quanto detto è molto interessante vedere il sottile gioco tautologico che si crea con il fruitore, come se il processo strutturale si ripetesse nella lettura di chi guarda la fotografia: i sei scatti di primo acchito non hanno una relazione tra loro (essa si costituisce solo successivamente con il legante del titolo), i sei oggetti a parte una cifra stilistica comune - per esempio il colore e il taglio obliquo -, sono completamente sdoganati l'uno dall'altro: tra loro vi è incongruenza spazio-temporale che essendo parte dei tempi morti, anzi costituendone l'essenza, obbliga lo spettatore a vivere di persona attraverso l'illusione della tangibilità il valore materiale dei tempi morti.

http://polaroiders.ning.com/page/la-foto-del-mese

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