“CONFINI”
Mostre, Urbino, Cagli, 01 September 2014
Dance Immersion Festival
“CONFINI”
Palazzo Berardi Mochi- Zamperoli
1/7 settembre 2014- Cagli
Curatore Matteo De Simone
Artisti :
Giovanni Tariello- : “La potenza del colore ...... confine tra soste e attraversamenti"
Giovanni Izzo ph: "Cagli: ai confini fra realtà e interpretazione"
Domenico Buzzetti: “ My Bad”
Mario Ferrara ph: “ll confine come transizione"_
Cristian Natoli / Thunderground Production: “Allamhatar/passaggi di confine”(31m 21s)
Antonello Novellino: “Lussuria” ( 2m e11 s) Corpo comune ( 6 m 17 s)
Chiara Scarfò: “Otto” (4m 36s)



Le opere d’arte sono sempre il frutto
dell’essere stati in pericolo, dell’essersi spinti, in un’esperienza,
fino al limite estremo oltre il quale nessuno può andare
(Rainer Maria Rilke)

Il confine è tutt’altro che un simbolo di staticità o di rigidità è invece profondamente dinamico, infatti, sviluppa rapporti, scambi anche conflitti, produce innovazioni ed elabora spazi mentali e fisici, per mutuare l’espressione rinascimentale il confine è una fabrica mundi.
Il confine si moltiplica in una serie di figure collegate come limite, soglia, faglia, dall’altra parte include lo spazio che teoricamente dovrebbe dividere. Il confine è luogo di passaggio, dove si possono vivere crescite ed evoluzioni, ma anche terribili sospensioni o incontenibile distruttività pensiamo a Gaza. Il confine è bifronte, quindi, separa e congiunge, facilita lo scambio e l’incontro ma anche l’inconciliabilità se le posizioni sono rigide e timorose di perdere la propria identità attraverso l’incontro con l’altro.
L’idea di stato/nazione è oramai superata e sembrano essere le aree periferiche, dove è ancora forte un senso di comunità, il luogo adatto per affrontare le contraddizioni della società attuale. In questi spazi, apparentemente laterali, sospesi tra identità locale e globalizzazione, può esserci un’integrazione tra l’identità di base e i cambiamenti che provengono da fuori, senza che la prima sia cancellata e i secondi rifiutati in maniera oscurantista. Questi luoghi, come ad esempio Cagli, possono diventare dei veri e propri laboratori in cui armonizzare la tradizione stessa con il fluire del cambiamento e degli aspetti innovativi, evitando così di essere degli agglomerati deprivati dalle radici, solo immagini televisive intercambiabili con ogni altro spazio anomico. Gli spazi museali e pubblici, come teatri o altre strutture, hanno un’importanza fondamentale nel promuovere nuove possibilità, infatti, possono mettere in moto spinte evolutive e ricreare valori, stimolare passioni. Questi luoghi conservano storie e memorie dell’identità del gruppo sociale, del luogo, degli eventi della città e devono rivivere in una sorta di “ sempre aperto teatro”, ove le proposte artistiche incontrino, in uno spazio intermedio, le esigenze della comunità in uno scambio che nel rispetto dei ruoli, possa essere fertile e vitale.
L’arte, la creatività ridanno respiro e vita a questi siti sottraendoli alla sospensione cui sono stati lasciati e attraverso strade e interstizi spesso silenziosi e non sempre rintracciabili, infondono, così, nuova linfa vitale a tutto il territorio. La creatività artistica illumina e percorre gli spazi della vita in maniera infinita, dai primi graffiti alle moderne installazioni o performance gli artisti hanno dato corpo a una continua esigenza dell’animo umano: tollerare l’angoscia della perdita, del tempo che inevitabilmente si consuma, della certezza della morte attraverso la creatività e la genesi continua.
L’arte ha sempre attraversato i confini, a volte travolgendoli, con la profonda capacità visionaria che risiede in ogni atto creativo, nulla come l’arte può essere meraviglioso ponte “tra” “dentro e fuori”, nulla come l’arte è “symbolon” una connessione tra due oggetti, nulla come l’arte arricchisce l’uomo accompagnandone la vita come metafora di quel viaggio che è l’esistenza.
La mostra” Confini” a Palazzo Berardi Mochi- Zamperoli (con un’appendice all’ex- seminario) promuove un’ibridazione feconda tra linguaggi diversi: pittura, fotografia, videoarte. L’idea è anche di permettere ai visitatori di “ giocare”, con le opere, di attraversare e vivere lo spazio intermedio tra le opere e il loro sguardo, i loro corpi. Il gioco è, per lo psicoanalista Winnicott, un’esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità, “grazie alla sospensione del giudizio di verità sul mondo, a una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, e la realtà, le sue frustrazioni”. In questo modo, attraverso un atteggiamento ludico verso il mondo, e solo qui, in questa terza area neutra e intermedia tra il soggettivo e l’oggettivo, può comparire l’atto creativo, che permette al soggetto di trovare se stesso, di essere a contatto con il nucleo del proprio Sé.
L’intera vita culturale dell’essere umano origina anch’essa nello spazio potenziale che congiungeva originariamente madre e bambino e si pone in una posizione di diretta continuità con il giocare in modo creativo; afferma Winnicott: “l’esperienza culturale comincia con il vivere in modo creativo, ciò che in primo luogo si manifesta nel gioco” .
Matteo De Simone
Curatore mostra
Psicoanalista ordinario e resp. culturale Associazione Italiana di Psicoanalisi (Aipsi)
Presidente Sezione romana dell’International Association for Art and Psychology ( Iapp)

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