L'artista palermitano, classe 1974, propone le sue opere scultoree che sono per lo più soggetti figurativi realizzati con le graffette.
Infatti, nell'opera di D'Angelo ritroviamo come protagonista indiscusso l'oggetto quotidiano (puntine, graffette,viti) ripreso nella sua funzione ma decontestualizzato e trasposto in un ambito estetico.
L'oggetto viene assemblato, accumulato, strumentalizzato per dar vita ad un'opera d'arte. La sua ricerca è iniziata utilizzando dei comuni bottoni attaccati trasversalmente, poi l'innovazione nell'uso dei materiali si è spinta oltre fino ad approdare all'uso delle graffette.
D'Angelo, infatti, individua la graffetta come oggetto che ha la proprietà di farsi attraversare dalla luce e di rendere visibile ciò che nella realtà è invisibile. La scultura tende così a varcare il suo limite dando spazio a giochi ottici ottenuti dalla luce riflessa dalle graffette nel rapporto tra pieno e vuoto.
Lo stesso artista afferma che "il vuoto diventa parte dell'opera, la materia è ridotta a linee olografiche che si snodano nello spazio e grazie al loro colore metallico riflettono la luce e si lasciano attraversare nei vuoti".
Le sue sculture rendono possibile un nuovo linguaggio artistico capace di rappresentare la frantumazione di ogni senso unitario delle cose. Queste accumulazione e stratificazioni di oggetti si presentano come un rivestimento, una sorta di abito, una seconda pelle per le sculture dell'artista. Questa seconda pelle è comunque frammentaria perché realizzata da piccole parti assemblate ma si risolve armonicamente nello spettacolo artistico, reale e insieme onirico e simbolico che ci offre l'opera di Pietro D'Angelo.
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