fare arte: Tobias Rehberger
Festivals, Ravenna, Faenza, 23 May 2010
Quella di Tobias Rehberger, Leone d’Oro alla 53. Biennale delle Arti Visive di Venezia e realizzatore di un’installazione di luci per la vicina inaugurazione del MAXXI di Roma, è un’arte che ragiona sullo spazio e il processo di creazione. Un’indagine che si concentra sull’oggetto quotidiano e i rapporti tra gli esseri umani, e che fa della memoria e della storia la base per la rielaborazione delle sue opere.

Ragionando insieme ad Angela Vettese, l’artista ha raccontato, nell’incontro al Teatro Masini nell'ambito del festival dell'arte Contemporanea di Faenza, alcune delle sue più importanti opere, tra cui il progetto realizzato per la Biennale di Venezia dello scorso anno Bar Biennale, commissionata dal direttore Daniel Birnbaum e realizzato in collaborazione con Massimo Bartolini e Rirkrit Tiravanija. È emerso uno spazio multiforme in cui design, luce e colori si fondono in un’unità incerta: se “l’arte è qualcosa che ci circonda, qualcosa con cui dover convivere tutti i giorni”, significa che l’opera prima di tutto è qualcosa da vivere. Stravolgere le consuetudini implica portare lo spettatore al dubbio, quindi attraverso un impatto visivo disturbante, lo spettatore è chiamato a riflettere su ciò che viene percepito come realtà. Ecco perché le modalità di approccio con questo spazio devono, inoltre, passare attraverso diverse prospettive, da quelle meramente funzionali a quelle invece più legate all’aspetto estetico: non esiste un'unica chiave esperienziale, ognuno può trovare la propria dimensione.

Interessante anche il progetto On Otto esposto nel 2007 alla Fondazione Prada di Milano, in cui Rehberger decide di decostruire la realizzazione di un film rovesciando i processi creativi e partendo dall’ultima fase, ovvero quella dell’ideazione della locandina per poi risalire fino alla sceneggiatura. Un lavoro, quindi, che non è incentrato sul prodotto artistico finale, ma sul processo di creazione e sul contributo che ciascun membro dello staff è chiamato a realizzare. Anche in questo caso l’artista è partito da un metodologia lineare e consolidata e la ha stravolta per portare un nuovo punto di vista.

Rehberger, inoltre, è sempre stato affascinato dalla memoria e dalle storie di vita delle persone: in Gu Mo Ni Ma Da del 2006 realizza una barca-scultura di enormi dimensioni basandosi sui ricordi dell’amico e artista Dahn Vo sulla vita di suo padre. Dopo essere stato deportato alla fine della seconda guerra mondiale sull’isola di Phu Qouc assieme ad altri 20000 vietnamiti, il padre di Vo è riuscito a costruire un’imbarcazione per scappare in America con altri rifugiati. Purtroppo durante il viaggio la barca è stata intercettata da una nave che li ha costretti ad attraccare in Danimarca. Da quel momento la famiglia Vo ha vissuto a Copenhagen. Quest’opera, quindi, è frutto di una collaborazione, un lavoro di confronto e scambio che porta all’emersione di differenze culturali e sociali.

a cura di chiara fumagalli - Cyou

http://www.festivalartecontemporanea.it

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