INTERVISTA A STEVEN MUSIC
Interviste, Stati Uniti, New York City, 28 January 2011

In occasione di ArteFiera di Bologna ho incontrato Steven Music, fondatore del Celeste Network, una presenza ormai affermata a livello internazionale che promuove la creatività di artisti e professionisti dell’arte contemporanea. Tra gli eventi a cui Celeste Network dedica ogni anno la sua attività, Premio Celeste rappresenta un’importante vetrina della scena delle arti contemporanee, un concorso annuale finalizzato alla promozione dell’arte, giunto nel 2010 alla sua settima edizione. Ho posto a Steven alcune domande.

A. C. Come nasce Premio Celeste.

S. M. Premio Celeste nasce nel 2004, quando ancora lavoravo in una galleria di mia proprietà a San Gimignano. Pensavo ad un modo di avere conoscenza diretta con gli artisti attraverso un meccanismo partecipato che coinvolgesse gli stessi e allo stesso tempo anche la giuria. Ero molto stimolato da questa idea, perché credevo nel valore partecipativo dell’arte.


A.C. Qualcuno sostiene che oggi l’arte italiana sia in crisi rispetto ad un mercato internazionale nel quale l’Italia è considerata più per i suoi fasti passati che per la propria contemporaneità. Una tradizione culturale che perde sempre più i contatti con la sua dimensione storica e antropologica. Questo il tema tra l’altro, dell’opera Madre tra i vincitori di questa edizione. Qual è la tua opinione in merito?


S.M. Credo che il concetto di storico e antropologico stia subendo una rivoluzione, si stia oggi diluendo, stia diventando un fenomeno globale soprattutto per quegli artisti più sensibili e più eclettici. Ma non penso che gli artisti oggi dimentichino la propria italianità ma semplicemente guardano oltre. Questo atteggiamento richiede un sistema dell’arte che sia in grado di accompagnarlo in maniera virtuosa. Penso che questo slacciamento contemporaneo sia piuttosto un valore ma anche il sintomo di un divario che deve essere colmato e che vuole andare oltre. Lo slacciamento è la conseguenza di tutto questo. Non si può immaginare la pittura come venti anni fa. Non sono negativo è solo cambiato lo strumento; il network diventa un mondo virtuale dove incontrarsi oltre i propri confini. Non penso che l’artista si chieda quanto sia necessario rappresentare la sua regionalità perché la sua sensibilità lo porta ad universalizzare le proprie radici, a sublimarle, a farne uno strumento globale di comunicazione.

A.C. Incomunicabilità, perdita della sacralità dei luoghi, riscoperta dello stupore della quotidianità sono alcune tematiche che affiorano nelle opere vincitrici di questa edizione, mi riferisco alla fotografia digitale di Mario Rossi, alla dissacrante ironia di Paola Sunday e alla installazione performativa dei Quiet Ensemble. Una scelta forte e provocatoria Tu credi che l’arte oggi, sia più che mai attenta alle problematiche culturali al di là del suo essere per natura specchio del proprio tempo?

S.M. Essere specchio del proprio tempo credo che sia il ruolo dello storico dell’arte. Oggi l’artista lavora a livello inconscio, c’è una volontà di osservare in modo sociologico la vita, una vera e propria indagine che si riflette nei suoi lavori. Crea opere che guardano alla politica e ai problemi sociali, progetta in progress un lavoro che rispecchia il sociale e che risulta interessante per sé e per il pubblico. C’è un pensiero sentito più che un rapporto finito, questo mi sembra oggi l’approccio.

Antonella Colaninno

Premio Celeste 2011 VIII Edizione: www.premioceleste.it/premio

Celeste Prize 2011 III Edizione: www.celesteprize.com/prize








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