L’arte contemporanea si contraddistingue dall'arte delle epoche precedenti per la ricerca attraverso la quale il linguaggio estetico stabilisce l'autonomia espressiva dell’opera artistica; essa infatti, pur nella diversità dei fenomeni e dei contrasti storico-culturali, si configura come una costante ricerca di nuovi linguaggi, con strutture e forme espressive autonome, che si fondono nell’unità dell’opera d’arte, al di là delle tradizionali distinzioni tra generi ed epoche.
Le opere, quindi, rappresentano le sintesi di discorsi intrapresi, frasi di un percorso evolutivo che termina con la vita stessa dell’artista; aprono nuovi spazi al dibattito teorico culturale evolutivo dell’arte che, pur nel ciclo e riciclo delle poetiche pittoriche, dei cambiamenti tecnologici e delle grandi sfide della vita, impongono all’arte di morire e rigenerarsi per figurare l' orizzonte della temperie culturale in cui l'opera artistica si colloca.
Chi è oggi l’artista?
Di quali valori è portatore e in che modo esprime il suo essere soggetto attivo e passivo della cultura contemporanea? Quale incisività può avere il suo discorso, quali strumenti può utilizzare e se necessario creare, nella società della comunicazione di massa affinché la sua poetica, il suo messaggio possa emergere per essere ascoltato?
A Ca’ dei Carraresi di Treviso una grande mostra antologica dal titolo Costanti e Variabili di Paolo Barbatella, artista milanese, protagonista di spicco di quella temperie neofigurativa del secondo novecento chiamata immagine critica, potrà svelare ai visitatori uno dei lati oggi più che mai inconsueto, che un tempo rendeva grande un artista e lo immortalava, ossia l’impegno intellettuale.
Questo evento vuole essere la sintesi di una connotazione irrinunciabile per l’uomo, per la persona umana. L’essere e il divenire, Parmenide e Eraclito, mente e cuore, termini in feconda e salutare antitesi, brani di un lungo racconto che l’artista con intensa maestrìa ci comunica.
Tanti si chiederanno perché la mostra sia stata intitolata Costanti e variabili.
Costanti: dovrebbero essere i convincimenti e le adesioni ideologiche a visioni del mondo, per non dire a visioni che attengono alla sfera dell'estetica. Si presume che tali convinzioni possano essere coerenti nell'arco di una vita cosciente, e che l'impegno dell'artista sia quello di mostrarsi fermo nelle idee che nutrono la propria mente, la propria anima.
Variabili: il linguaggio pittorico si manifesta come una forza viva capace di crescere e trasformarsi in continuazione in stretta relazione con l'evolversi della vita dell'artista, in questo caso il pittore, e la sua capacità di percezione delle modifiche strutturali del proprio esistere.
Questo aspetto riguarda, dunque, la variabilità delle forme espressive lungo il tragitto vitale, che costituisce la ricerca dell'espressione che meglio aderisca al momento storico, culturale e del sentire sensibile. Tutto ciò è costitutivo di quella variabilità delle opere di uno stesso artista che scandisce le epoche in cui sono state create, un costante sguardo sull'uomo soggetto della propria contemporaneità e degli archetipi costitutivi del proprio essere.
Associando questi due termini ne risulta il titolo di questo importante evento artistico.
Paolo Baratella, ha un carnet di alto profilo e gode di quella fama, ormai recepita dai testi ufficiali che oggi consacrano all’olimpo dell’Arte la statura artistica di un autore (Zanichelli, GarzantineArte e Mondadori), oltre la quale ogni esposizione di sue opere diventa puro dono ‘spirituale’ al visitatore e alla critica, ben oltre la celebrazione e il confronto.
L’opera di Baratella non è mai neutrale. Essa si manifesta attraverso la pittura (e altro) la quale si dibatte tra l’estetica e l’etica, tra la forma e il contenuto.
L’estetica costituisce un fine che si potrebbe definire anch’esso etico, morale, irraggiungibile, da ricercare instancabilmente come valore non effimero, universale; lApollineo e il Dionisiaco saldandosi si danno allo sguardo e ciò che si rende manifesto e visibile è un “grumo”sostanziale che chiede meditazione tra stupore, estraniazione e sospensione del tempo.
La matericità dell’opera è frutto di continua ricerca: la tecnica che si vuole relegare a mera artigianalità è, invece, nel caso specifico espressione anch’essa di stati emozionali e pulsioni che nascono nel profondo.
L’apparire della materia pittorica nell’opera, dunque non è dato scontato, ma ogni volta rivelazione.
Il percorso di un ampio tratto della sua esperienza artistica, che coraggiosamente e in modo del tutto originale si è confrontata con le molte tendenze, scuole e movimenti che hanno reso feconda e innovativa la seconda metà del Novecento ora finalmente può dispiegarsi in questo stupendo storico palazzo, messo a disposizione dall’on le Dino De Poli, cui non si può non riconoscere un ruolo primario nella rinascita urbanistica di Treviso e l’incarnazione del suo genio multiforme nel novello principe dell’ Umanesimo odierno.
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