Nell’opera scultorea di Molteni si ritrovano due momenti formativi fondamentali per comprendere la genesi creativa e progress dell’originalità: la tradizione dell’intaglio ligneo di radice lombarda, e ancor più precisamente canturina, insieme alla lezione accademica e ai - cronologicamente - più vicini insegnamenti dei maestri della scultura italiana di fi ne Ottocento e primo Novecento, tra i quali su tutti emergono gli echi liberty desunti dalla scultura verista di Ettore Ximenes (1855-1926), la reinterpretazione della lezione scapigliata di Giuseppe Grandi, Leonardo Bistolfi, ma soprattutto, la luminosità della materia di Medardo Rosso.
Durante la prima metà del Novecento, Cantù ferve culturalmente grazie alla presenza di diverse fi gura artistiche come: l’eclettico pittore Ugo Bernasconi (1874-1960), firmatario del “Manifesto degli Intellettuali Anti-Fascisti”, il poeta e critico letterario Ettore Brambilla (1866-1924), tra i fondatori dei Fasci di Combattimento a Piazza San Sepolcro a Milano nel 1919, Carlo Arnaboldi (1868-1952) direttore della Scuola d’Arte fino al 1931, i gemelli Carlo e Luigi Rigola, considerati da Ludovico Pogliaghi “i suoi migliori allievi”, lo scultore Carlo Porro (1908-1989), Osvlado Maffeis (1917-1954), Eugenio Rossi (1905-1970), Norberto Marchi (1914-2002), Mario Ronchetti (1922-).
Ed è grazie al ruolo propulsore di Bernasconi, legato alla Scuola d’Arte, che a Cantù vennero formate numerose maestranze all’arte e all’artigianato del legno, in una impennata di iscrizioni a cavallo degli anni Trenta, grazie anche alle lezioni di Norberto Marchi, insegnante e cultore della tecnologia del legno. Ed è tra il 1955 e il 1975, negli anni in cui Molteni fu lontano fisicamente, ma non culturalmente, che a Cantù si è vissuto il più ricco momento di valorizzazione della cultura artigiana, come è confermato dalla vetrina della Mostra Selettiva e Internazionale del Mobile, contribuendo a lanciare designer e stilisti dell’arredo-legno nel panorama internazionale.
L’ultimo decennio del XIX secolo conserva ancora in sé diversi aspetti artistici maturati durante tutto il secolo: i residui neoclassici e romantici, i motivi dell’accademismo celebrativo misti alla pesante retorica monumentale, l’energia del Verismo e le ricche suggestioni dell’Impressionismo tardo romantico. Tali convivenze si riversano sul nuovo secolo dando vita a un capitolo ricchissimo per la ricerca tecnico-espressiva con esiti tutt’altro che schematici e singolari, i quali non permettono di dare una definizione precisa a questa nuova stagione artistica, defi nibile come liberty divisionista o divisionismo realista, di realismo simbolista e futurismo realista con accenti floreali e insieme divisionisti.
I fermenti sono molteplici, pulsanti, contrastanti e al contempo coincidenti, ricchi di tensioni come i movimenti sociali e politici di quegli anni. Ad esempio, è interessante come, nel 1908, Ardengo Soffi ci , accanito sostenitore della scultura di Medardo Rosso, definisce Leonardo Bistolfi (1859-1933), personaggio imprescindibile della scultura dell’ultimo quarto del XIX secolo: “Bistolfi non è né un artista sincero né un buono scultore: dell’uno gli manca la maschia candidezza e la penetrazione, dell’altro la vigoria nell’eseguire l’opera, e persino il senso della materia che impiega e del mestiere”. Emerge chiaramente, da questa querelle esemplificativa e di molte altre, come l’iter evolutivo della scultura italiana non abbia avuto una chiave sperimentale, al contrario è stato luogo di tensione fra tradizione e modernità.
Ciò impone di considerare e riconoscere, nell’analisi che ripercorre la storia degli inizi della scultura del XX secolo, la complessità, la diversità e le contraddizioni di tutti quegli scultori che sono protagonisti di quest’epoca i quali, nella manifestazione dei propri fenomeni espressivi, incideranno enormemente sugli anni e le nascite delle correnti successive, seguendo uno sguardo prospettico dell’evoluzione raggiunta.
In Franco Molteni, che conclude i suoi studi accademici milanesi nel 1935 ma che già realizza i primi lavori verso il 1930, appare particolarmente presente la lezione scapigliata lombarda, di cui il milanese Giuseppe Grandi (1843-1894) è esponente primo nel panorama artistico meneghino e anticonformistico italiano.
La crisi intellettuale degli artisti scapigliati che, nelle loro forme artistiche, pittoriche o scultoree, si manifesta in una umorale protesta frutto della delusione verso il nuovo stato unitario, in una inclinazione alla realtà minore, quotidiana e tutt’altro che ufficiale, e in una insofferenza verso la mortificante condizione dell’esistenza. E’ utile dato da conservare per la compressione di parte delle opere di Molteni, il cui stile, sebbene legato alla tradizione ottocentesca, è libero nella modernità delle impostazioni, non passive e immediate.
Il dettato scapigliato, che modella in maniera insolita le forme stemperandole con la luce, si riscontra decisamente nella formazione accademica di Molteni, che, in una tensione ulteriore e ricercata verso nuove soluzioni, ritrova nella rivoluzione di Medardo Rosso una più gratificante risposta, soprattutto in considerazione dell’utilizzo dei materiali. Il superamento del problema della costruzione dei piani e il tocco sensuale che il pollice imprime con nuova morbida leggerezza alla materia (si pensi alla cera), in modo impressionista, dando un senso di immediatezza e vibrazione di luce, insieme all‘esecuzione rapida, sono motivi stilisticamente ritrovabili in diverse opere dell’artista canturino.
La poetica positivista di Medardo Rosso quindi ritorna dominante in molti busti-ritratto di Molteni, pregni di una vibrante smaterializzazione della materia, in una ricerca continua di soluzioni che, evolvendosi e arricchendosi, porterà alla realizzazione di ritratti sempre più realistici e vivaci. Si assiste - nell’iter produttivo di Molteni - ad un climax che, partendo dalla materia generata dalla luce modellata a piccoli tocchi, giunge, passando dall’equilibrio formale e compositivo, ad una palpitante potenza della massa e ad una materializzazione dell’energia.
Insieme al fascino dell’elemento materico vibrato ritroviamo inoltre elementi accademici ispirati dal lucchese Libero Andreotti (1875-1933) che Molteni apprezza e fa propri, portandoli con sé per tutta la sua esperienza, e si pensi alle qualità plastiche, espresse con sinuosa modulazione e mancanza di incertezze, con esiti, talvolta, analoghi, come dimostrano i nudi verticali e tutte le figure allungate che si deformano, caricate di una seducente plasticità ricca di turgori naturali.
Penetra, infine, nell’iter stilistico di Molteni, tra le influenze della materia luminosa di Medardo Rosso e la plasticità sinuosa di Libero Andreotti, l’originale e innovativo collante creativo che darà spunti originalissimi, ma costanti, nell’impostazione arcaica, preclassica, barbara e primitiva delle teste scolpite di Amedeo Modigliani (1884-1920). L’artista livornese che, con il proprio stile teso a ricercare un intimo linguaggio attraverso linee penetranti vuole raggiungere l’enunciazione essenziale, risulta per il percorso di Molteni elemento risolutivo del concepimento della forma, generando quella originale armonia tra i diversi spunti creativi maturati nel tempo.
Lo scultore canturino infatti riesce a fondere e a far progredire insieme luminosità della materia desunta da Medardo Rosso, la vertigine muscolare del modellato dedotta da Andreotti e la riformulazione figurativa arcaica ricercata da Modigliani. L’esito è unico: il rapporto spazio-oggetto nuovamente riproposto in quanto mai originalissima chiave espressiva che si incunea nel solco della propria tradizione culturale, quella decorativa delle lesene, dei montanti di mostra di camino, dei pannelli o delle semicolonne, tutti elementi di innovativo design.
Temi ispiratori del modellato sono: la donna, il mare con le sue sirene e i suoi cavalli marini, i modelli dei classici greci, le interpretazioni del credo cristiano, dai quali emergono tensioni diverse, inquietudini, malinconie, espressioni primordiali, generate attraverso morbidezza, vigore e luce che, penetrando la materia, danno ai corpi effetti di nervature scattanti, ritmiche, ancestrali, con vertici di asprezza e risentimento, in mix diversi di dolcezza e di scontrosità.
I suoi bronzi, i gessi, le plastiline, le cere, le terracotta, conservano tutti l’impronta tattile del suo modellare irrequieto e vibrante, notevolissimo per luce e sintesi plastica, che arriva a movimenti scomposti e innaturali, a torsioni che spingono, talvolta i corpi alla deformità, ma che al contempo liberano grande energia, anche espressiva, come dimostrano le sue cariatidi esemplari.
Diversamente, nelle opere di carattere sacro, Molteni, obbedendo ai canoni formali della proporzione, si autoimpone un maggior rigore che gli fa recuperare i dettami dell’accademismo, tendendo a forme riequilibrate in maniera naturalistica, senza mai dimenticare l’importanza della luce che privilegia e valorizza anche lo splendore e la santità interiore delle figure modellate.
Marginali, ma interessanti, sono anche quegli spunti creativi che, molto probabilmente, colpirono la sensibilità di Molteni quando fu a Roma dove vide, quasi certamente, le opere dei due importanti scultori tedeschi, George Kolbe e Wilhelm Lehmbruck, nei quali si ritrova la leggerezza arieggiante di alcune figure femminili simboliste, composte equilibratamente senza sforzo, né rapimento, né slanci incontenibili, anzi cariche di un pathos calmo, in un invito alla vita al suo primo sbocciare di energia.
Franco Molteni raggiunge punte di eccellenza nella sua carriera artistica, durante il periodo svizzero, dove le numerose commissioni private (si ricordi fra tutte quella del barone Adolphe Goedling di Burier) gli permisero di realizzare grandi opere di design decorativo, degne di ulteriore ricerca e approfondimenti. Le cronache locali ne hanno decretato la fama, grazie all’originalità e alla sapienza tecnica, su tutti l’allestimento del bar Voile au Vent di Vevey ricordato come una vera e propria opera d’arte da ammirare in città.
Anche se sono ancora da ricostruire compiutamente le diverse committenze private delle quali, per ora, ci rimangono solo disegni e bozzetti, tutti da indagare e da scoprire, è indubitabile che Franco Molteni sia stato fondamentale propositore (con umiltà ed esperienza) della cultura lombarda dell’intaglio e del modellato.
Carimate (Como)Salone Civico del Torchio, Piazza Castello
25 aprile - 8 maggio 2009
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