Ipotesi di Nuovo Rinascimento italiano
Mostre, Roma, 24 April 2010
Vincenzo Pennacchi, sotto la cura di Gianluca Marziani e di Floriana Tondinelli, costruisce un dialogo visuale col capolavoro di Borromini, situato a pochi metri dalla Galleria Tondinelli facente parte del Complesso Monumentale di San Carlino alle Quattro Fontane. Lungo un percorso che attraversa la pittura e culmina nella grande installazione con la crocefissione, l’artista tocca l’assetto rivoluzionario della chiesa, il dinamismo che rompe la nettezza statica dell’architettura rinascimentale. Pennacchi è partito da un’ipotesi in forma di dialogo, mappando il simbolismo alchemico della pianta architettonica, recuperando la convessità scenica che è comunicazione e incontro, il volume sinuoso che accompagna l’indagine sul singolo dettaglio.
Ipotesi di Nuovo Rinascimento Italiano non lancia sfide utopiche al futuro, l’artista evita proclami presuntuosi. Il titolo richiama energie nascoste, aspirazioni sentimentali, sguardi intensi dell’occhio interiore. E’ un passo etico dentro le urgenze del presente, un ritorno alle origini eccellenti della prima modernità. Pennacchi privilegia le materie vissute e consunte, la memoria genetica della consumazione, lo stratificarsi dell’esperienza attorno alle cose. Un’arte che si ciba di contrasti sanati: la violenza gestuale e il suo fermarsi per impronte dense, i materiali arcaici che si immergono nella furia acida dei colori industriali, lo sporco del vissuto e la sua ricomposizione iconografica. L’ipotesi di un Nuovo Rinascimento riguarda la ricerca del dialogo tra opera e pubblico, il senso laico della comunicazione aperta, la catarsi liberatoria dell’icona, la densità dei messaggi attraverso immagini persistenti e vigilanti.
La disposizione installativa sottolinea un altro punto nodale per l’artista, ovvero, la drammaturgia dell’impianto figurativo. La lezione è quella di Jannis Kounellis, Christian Boltanski, Anselm Kiefer, Edward Kienholz, Paul McCarthy, Mike Kelley: artisti di involontarie quinte teatrali e palcoscenici abitabili, autori di installazioni stratificate che agiscono come cuori acidi di un teatro classico mai defunto. Pennacchi ha questa spinta verso l’uso della materia, manipola i suoi amabili resti senza timidezze costruttive, manovrandoli attorno alla proiezione materica della pianta di San Carlino.

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