GIUSEPPE BIGUZZI
Un chiodo fisso, un’ossessione quella di Giuseppe Biguzzi per le donne. Tema amatissimo dalla storia dell’arte, il pittore lo interpreta in chiave fortemente contemporanea, attraverso una tecnica che si collega alla grande tradizione artistica. Un paradosso? Un ossimoro spiazzante? Sicuramente lo stile di Biguzzi, questa formula ripetuta e approfondita in ogni minima possibile variazione, si dimostra vincente.
Le sue ragazze sono vicine e quotidiane. Le giovani liceali o universitarie che troviamo nel metrò o sui banchi di scuola, quelle che girano in gruppo a fare shopping, sentendo l’i-pod o inviando decine di sms col cellulare. Capelli lunghi o corti, tagli decisi o raffinati, sono sempre longilinee e snelle, incarnando lo stereotipo della ragazza di oggi. L’abbigliamento? T-shirt e calzoncini, qualche volta, più raramente, la gonna. Spesso scarpe da tennis o sandali. Braccialetti, cavigliere, collanine. Ragazze semplici, che affrontano la vita con grinta e spirito di avventura.
L’artista sceglie solitamente di ritrarle sole, sullo sfondo bianco e intatto. Quel che conta è lei, la giovane donna, l’unica protagonista, che neanche ti guarda negli occhi, immersa nei suoi pensieri o nella musica, ma col corpo malizioso ed ammiccante ti fa sognare di esserle vicino.
Secondo l’artista i corpi rappresentati non esaltano soltanto il desiderio, ma anche “il depresso abbandono del lasciarsi andare secondo l’odierno modello esistenziale.” Le pose sono provocanti e contrastano con lo stato emozionale del soggetto, come la pittura leggera e delicata che si oppone al contorno nervoso e marcato delle figure.
Le ragazze sono bellissime, quasi irraggiungibili, nella loro perfezione estetica. Ogni particolare è curato, partendo dallo studio di scatti fotografici, riprodotti su tela tramite il disegno a carboncino, sul quale interviene la brillantezza dell’olio.
Vera Agosti
"Le Trottoir" Piazza 24 Maggio 1, Milano, h. 21,00
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