La semplice parola unità, dietro alla sua apparente linearità, sottende un ambito semantico e filosofico complesso e multiforme che spesso è stato esplorato dagli artisti nelle sue molteplici sfaccettature e questa mostra non vuole essere, come altre in corso in questo periodo, un momento celebrativo e puramente retorico, ma un'interrogazione serrata sul valore concettuale di un termine che utilizziamo costantemente, in tutti gli ambiti della vita senza coglierne le reali implicazioni.
Quando si parla di unità, balza subito alla mente il concetto politico, di unità nazionale e sociale, ma il termine in realtà è utilizzato correntemente in tutta una serie di ambiti diversificati come nel caso di unità di misura, abitativa ecc., ambiti eterogenei ma accomunati da un fattore costante: essere espressione di un patto sociale e/o di una convenzione, l'unità implica e porta dentro di sé la divisione, a volte il caos, lo controlla e organizza e permette di regolare i rapporti tra l'uomo e il suo mondo. Anche nel mondo animale esistono in realtà esempi di unità sociali ma è certamente con lo sviluppo e la crescita della civiltà umana che il concetto si evolve e si affina, diventando imprescindibile per la sopravvivenza della specie, l'unità è una convenzione che ci salva, a volte, dal caos, non sempre naturalmente perché, come affermava già il filosofo ionico Eraclito, flusso e opposizioni sono necessarie alla vita, gli opposti e la divisione sono la base del divenire e, se l'uomo si aggrappa ai patti sociali per non affogare, le civiltà comunque prima o poi crollano.
Questa mostra si occupa quindi del concetto di unità in tutte le sue sfaccettature presentando una serie di oggetti che al termine si riferiscono, per riflessione concettuale degli artisti in primis, ma anche, nel caso dell'opera di Kolar, per la loro storia, non mancheranno naturalmente opere con riferimenti precisi all'unità d'Italia, ma il discorso sarà più articolato, intrigante e complesso, anche diversificato ma unito, mi si consenta il gioco linguistico, dal sottile filo rosso di un vecchio sussidiario, un libretto ingiallito risalente ai tempi in cui l'Italia intesa come stato nazione e soggetto politico era ancora giovane.
Un libro scolastico per certi versi sorprendente, capace di sottolineare la ricchezza delle differenze culturali e linguistiche del nostro paese come radice di una cultura unitaria ma non appiattita, personalmente io, abituata a una scuola elementare “nazionalista” dove dialetti e lingue minoritarie erano tassativamente ostacolati, sono rimasta particolarmente colpita da questo testo dove sono riportati addirittura dei raccontini in greco albanese con traduzione, e mi sembra molto significativo che le sue pagine aprano e chiudano questa esposizione, perché dalla diversità, dallo scambio e dal confronto nasce la vera cultura creativa, libera, non omologata.
Proprio al linguaggio, elemento unificatore e convenzione culturale basilare per la costruzione di società complesse, si ispira l'opera di Raffaella Formenti, giovane artista che gioca con la parola e coi flussi di informazioni provenienti anche dai media e dal web, spesso omologati, ripetitivi e banali, divertendosi, come afferma lei stessa a ”spiegazzare il mondo senza spiegarlo...anzi a moltiplicarne la superficie confusionale”: qui presenta un oggetto di parole che ricorda proprio certi giochi e “lavoretti” scolastici del passato, nostalgico e ironico insieme, mentre Carmine Calvanese rimanda al concetto di unità di misura, convenzione antichissima e indispensabile per lo sviluppo delle civiltà commerciali, con i suoi “Metri” cangianti, coloratissimi e neo pop, rutilanti di figurine complesse, metri per misurare il mondo che contengono un mondo.
L'architettura è presente con il progetto di unità abitativa di Ugo Bruno, modulo residenziale per una famiglia tipo, realmente realizzato come riadattamento degli spazi di un vecchio edificio dove prevale il rigore modernista e funzionale, unità intesa come organizzazione di spazi di vita contrapposta ancora una volta al disordine e alla casualità e un certo riferimento architettonico, riconcettualizzato dall'arte è presente nel lavoro di Gianni Caruso, “Giardino italiano”, dove comunque è protagonista anche la parola con i caratteri di bronzo disposti su ogni formella a comporre tautologicamente il titolo, giardino concettuale e labirinto di marmo dove il riferimento naturale è affidato alle strisce di licheni, richiamo a una natura ordinata e filtrata dalla costruzione mentale, come fu il giardino italiano storico, organizzato e unitario appunto e spesso, curiosamente, scenografia di rappresentazioni teatrali dominate dall'unità di luogo, di tempo e di azione caratteristiche del teatro classico.
Costanza Costamagna invece guarda al corpo, anch'esso ricettacolo ed emblema di unità , fisica innanzitutto, perché un corpo è un'unione di cellule singole ma anche e soprattutto unità di corpo e mente, di fisicità e di spirito come presupposto indispensabile per essere persone consapevoli: non a caso la malattia mentale e il disagio psichico sono caratterizzati da dissociazione e disunità mentale, in questa foto le braccia che si stringono intorno a un corpo con un viso sofferto sembrano sottolineare la volontà disperata e la difficoltà esistenziale di mantenere questa unitarietà indispensabile e faticosissima, mentre con il lavoro di Jiri Kolar, intrecciamo il percorso beffardo di un oggetto che, nato per essere unito, l'uomo ha diviso arbitrariamente per ragioni economiche e futili: realizzata nel 1973 con il profetico titolo “lo spirito della discordia”, l'opera fu smembrata per volontà dei mercanti d'arte ed oggi è impossibile riunificarla totalmente per l'opposizione del proprietario di uno dei pezzi, una metafora sottile sulle difficoltà intrinseche a ogni riunificazione.
Il concetto di unità visto come una convenzione che risponda all'esigenza di tenersi fuori da un caos che, comunque, per l'artista e non solo, la fa da padrone lo stesso è ben presente nella serie di lavori di Margherita Levo Rosenberg del ciclo “se Magritte e io”, opere giocate dividendo e riunificando ironicamente la storica pipa e che, per l'autrice, segnano una svolta fondamentale nella sua produzione e nella sua concezione dell'arte, da cui nasce la sua convinzione “di una sostanziale assenza di verità (unitarietà di significato) e dell'imprendibilità della complessità del reale e del fatto che il reale dipende da un incontro istantaneo tra rappresentazione e percezione attiva di chi guarda per perdersi immediatamente nel flusso della vita e delle idee”
Al nostro paese e alla sua storia rimanda invece direttamente Aldo Mondino con la sua “Cartolina postale” dove il tricolore incornicia sbiaditi ricordi di fallimenti coloniali con un'ironia abbastanza palese, non è certo un'opera patriottica con quella “bella abissina” in atteggiamenti e posture fortemente equivoci però effettivamente presenti in tante foto dell'epoca, sublimazione di aspettative di basso livello non genera certo nostalgie ma alza il velo su periodi bui, che però fanno parte indissolubilmente di un nostro trascorso da non dimenticare, perché anche le pagine più nere fanno parte della storia di uno stato.
Anche Giulio Paolini si ispira alla posta, elemento unificatore importantissimo un tempo anche se ora sottovalutato, ma l'approccio è completamente diverso, concettuale e spazialista sembra preludere a tempi nuovi e a una comunicazione completamente diversa, le diagonali rosse simbolo di dinamismo sembrano puntare verso quel flusso di dati che ora ci avvolge, relegando le buste ai retrobottega di vecchie e polverose cartolerie.
Paolo Turco infine, con la sua gioventù, porta avanti l'attualità della questione ambientale e della gestione dei rifiuti quale elemento unificatore, in negativo, del nord e del sud: l'Italia delle discariche abusive non conosce divisioni e così l'artista ripercorre il viaggio dei mille da Genova a Marsala creando un dittico realizzato visitando discariche. Con la sua originalissima tecnica ricrea le foto degli squallidi luoghi visitati con i materiali stessi reperiti sul posto e triturati, le fialette colme delle polveri colorate si dispongono in composizioni che rimandano al divisionismo e ai pixel degli schermi, ma il significato è assai più complesso, perché l'immagine del luogo contiene l'essenza fisica del luogo stesso, un simulacro che è contemporaneamente materia e che condiziona anche i cromatismi, i colori sono i veri colori del posto e riservano sorprese, e così le discariche, contenendo plastiche e resti di vernici, hanno consentito a Turco di utilizzare una tavolozza molto più squillante dei suoi soliti toni naturali.
Con altre pagine del vecchio sussidiario si chiude una mostra complessa, forse non facilissima ma, proprio per questo adatta a stimolare una riflessione seria sul concetto di Unità e sulle sue molteplici sfaccettature, una mostra che proprio per la diversità espressiva e teorica delle opere esposte vuole sottolineare che la vera unione deve nutrirsi delle differenze e rispettarle, armonizzandole in un progetto sociale e culturale superiore: tesi, antitesi, superamento...l'unità per Hegel.
Elisabetta Rota
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