Mostre, Milano, 28 March 2015
Nel quarto volume di Alla ricerca del tempo perduto, Proust si riferisce alla memoria e alla sua funzione:

Non è inutile un po' d'insonnia per apprezzare il sonno, per proiettare un po' di luce in quella notte. Una memoria senza cedimenti non è un eccitatore molto potente per studiare i fenomeni della memoria.

Le opere di Bonicelli sembrano aver subito il logorio del tempo: i volti perdono la propria fisionomia, gli spigoli si ammorbidiscono, le luci si sfumano, la stazione centrale di Milano diventa una stazione qualunque. Esattamente come accade ai nostri ricordi che, evocazione dopo evocazione, diventano meno precisi, quasi trasparenti.
L'umanità ritratta da Bonicelli, non sente e non parla. Sguardi anonimi si rincorrono su un palcoscenico opaco e dall'atmosfera eterea, automi in perpetua attesa del momento di relax sponsorizzato dalla réclame.

Quello di Bonicelli è un percorso lungo, che prende le mosse agli inizi degli anni Novanta. Se volessimo trovare un unico termine che sintetizzi la sua ricerca artistica sceglieremmo «serendipidità», ovvero scoperta fortuita. Pur avendo studiato approfonditamente le tecniche artistiche tradizionali, infatti, non è stato facile per l'artista trovare quella più adatta a dar forma alle proprie idee. Bonicelli ha avuto bisogno di sperimentare, di sporcarsi le mani e di sbagliare: doveva commettere un errore, quello giusto, quello risolutivo. «Gli errori sono i momenti astratti del divenire delle idee», afferma.

La tecnica utilizzata si compone di diverse fasi. Grazie alla post-produzione del supporto fotografico, Bonicelli ottiene la cosiddetta “matrice” che, durante la seconda fase, viene nuovamente manipolata attraverso ingrandimenti, scatti fotografici in differenti condizioni luminose, scansioni e alterazioni cromatiche. Il risultato finale è un'opera autonoma, che ha ben poco in comune con quella originaria, perché se è vero che nelle matrici la mera bidimensionalità del supporto viene negata, è vero anche che nelle opere finite è negato il compimento equilibrato delle forme, in favore di una loro distorsione.

L'esposizione di Bonicelli si presenta quale occasione per osservare una nuova declinazione del suo lavoro. Una serie di immagini fotografiche derivate dalle matrici, infatti, costituisce un'unica grande opera inedita, della quale ogni pezzo, numerato e firmato dall'artista durante la vernice, è acquistabile singolarmente o a gruppi.

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