Com’è ormai d’abitudine, fin dal suo primo anno di vita, la Galleria Zamenhof di Milano ha un appuntamento fisso con quella che potremmo definire “la mostra delle mostre”. Tutti gli anni infatti, a fine stagione o al principio della stagione successiva, c’è questa specie di rito che consiste nell’allestire una sorta di riassunto delle puntate precedenti: una mostra che riassuma e sintetizzi la programmazione della stagione appena conclusa e che presenti opere di tutti gli artisti proposti. Al tempo stesso è un’occasione per fare il punto di un anno di lavoro e per meglio comprendere, forse, il senso di quello che si è fatto.
Per i visitatori è un’occasione per vedere opere e artisti che magari erano sfuggiti.
Per noi, fin dal principio è stato chiaro che significava anche mettere a fuoco la nostra idea di arte contemporanea: quello che ci sembrava rilevante, e accostando un autore all’altro, spesso apparentemente diversissimi, provare a capire se qualcosa ci fosse in comune e cosa e se questo “qualcosa”, questo terreno comune fosse la possibile base, il possibile punto di partenza per definire i termini e la sintassi di una lingua comune dell’arte contemporanea. In greco antico infatti col termine “koinè” si indicava la lingua comune dei greci, al di là delle differenze dei dialetti e delle lingue locali (l’attico, il dorico, ecc.).
Ora più che mai è evidente la necessità di definire se ci sia un minimo comun denominatore nell’infinità di variabili dell’arte contemporanea, al di là delle mode o dei fenomeni di superficie, al di là di inutili distinzioni tra generi, figurazione e astrazione, tra moderno e contemporaneo.
Quest’anno c’è un’importante novità: così come nel 2012 la mostra “Koinè 2012” oltre che a Milano era stata proposta nel prestigioso Palazzo Zenobio a Venezia (una delle sedi della Biennale), quest’anno la mostra da Milano arriva a Ferrara, nello storico e centralissimo Palazzo della Racchetta, in un programma di collaborazione tra Zamenhof Art e Palazzo della Racchetta che in due anni ha dato numerosi frutti artistici e culturali.
Valentina Carrera e Virgilio Patarini
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