TRIBU’
la Collettiva d’Arte Contemporanea presentata dalla Galleria Area24 Space di NAPOLI partner adrART 10 maggio – 6 giugno 2014
Inaugurazione sabato 10 maggio ore 18,30
Testo di Assunta Pagliuca.
Gli Artisti: Raffaele ATTANASIO, Antonio BARBAGALLO, Pina DELLA ROSSA,
Domenico FATIGATI, Teresa MANGIACAPRA, Jacopo RICCIARDI, Giovanni RUGGIERO, Amedeo SANZONE
Senso fondante delle tribu’ dell’arte
La tribù si caratterizza per quel sistema di segni e di simboli condivisi che si manifestano nella ritualità’ e che producono memoria collettiva. Su quali presupposti nasce una tribù artistica? Per quali motivi il contemporaneo ri-tribalizza modelli culturali che veicolano il loro portato creativo in una prospettiva collettiva? Tribù di artisti nascono per contrastare l’anonimia e l’oblio culturale, per abbattere ogni frontiera,ogni divisione. La tribù dell’arte muove i suoi passi, dagli anni Sessanta, con esperienze e sperimentazioni diverse operate dalle Neoavanguardie, Fluxus, Gutai , Mono-ha, per citarne alcune, comunità costituitesi come insieme di soggettività creative aggregate da una visione organica ove il globale e l’identitario si fondono in una dimensione comune, che tiene dentro valori, esperienze, vissuti provenienti da varie parti del mondo. L’uscita dal solco, dal tracciato individuale,si alimenta di confronto,di contaminazione di linguaggi, d’ibridazione di vari generi espressivi. Il collettivo si dispiega con una forte tensione ideologica attraverso sistemi e stili di vita comuni, mentalità riconoscibili. Una produzione diventa identitaria se si lascia attraversare da una varietà di modelli e di comportamenti che ricompongono esigenze diverse in un sistema simbolico comune, dove le differenze individuali non scompaiono, ma si ri-affermano. Diversità che non generano conflittualità, ne’ perdita di autonomia e coscienza individuale, ma singolarità prospettiche,in un sistema valoriale riconosciuto, condiviso. E’ qui che l’homo specus cede il passo all’homo tribus. Il sapere tecnico coniugato alla multiculturalità dà vita ad una comunità solidale in cui lo spazio si fa istantaneo, globale e la visione sinottica. Un’aggregazione che agisce in modo fluido con la pretesa di annullare ogni tensione competitiva. Le performance si comprendono in quel “Tutto” percepito mediante un’autentica densità’ emozionale. L’Io singolo si fa plurale e l’opera dell’artista attraversa identità mutevoli, costruisce nuovi sè, interagisce e comunica oltre il tempo e lo spazio, destrutturati dalla sovrapposizione di stimoli e dalla privazione del limite. La stabilità frammentata in uno spazio artistico libero e fluido azionato da un processo alogico in cui ogni separazione e’ annullata. Scomposto il sistema formale, scissa la produzione sequenziale, l’opera d’arte si smaterializza e diventa evento, azione. Perde la sua aura sacrale, riduce la distanza dallo spettatore, chiamato “dentro”. L’arte si scopre, si realizza, si fa interattiva. In questo divenire dialettico, la compartecipazione, le sensazioni d’impatto agiscono sullo spirito gregario provocando desiderio fusionale. L’opera solitaria, individualistica regredisce attraverso una serie di tecniche, procedure e materiali, diversamente sperimentati, che intrecciano relazioni fisiche a forme mentali ed ancorano l’arte alla vita, al quotidiano per un pubblico diversificato. L’arte non piu’ come semplice rappresentazione della realtà, ma creatrice di ambiente, di stili, di rapporti sociali. Arte dinamica e interattiva, processuale ,non statica, arte che si libera di rigide strutture. Tribù’ di artisti per produrre insieme, per entrare in contatto con la comunità, per rimuovere ogni negazione culturale, per recuperare quel senso fondante che la cultura si impegna a ricostruire. In questa direzione e con questa volontà l’arte conquista spazi liberi ed aperti e restituisce una realtà più riconoscibile, più vicina ai suoi fruitori. L’arte perde del tutto la sua fisicità con le tribù di ultima generazione, quelle del web. Arte nomade non più stanziale. Nuove tecnologie digitali, emozioni collettive, nuove pratiche comunicative. L’arte porta dentro di sè il tempo della vita, a velocità non vincolanti, in uno spazio inglobante che genera intelligenza collettiva, pensiero connettivo. Lo spettatore entra nell’opera stessa, si trasforma in un protagonista all’interno di quella tribù telematica; e’ parte di un processo non prevedibile, che si radica nell’architettura di un quotidiano immateriale, e duplicabile. Con operazioni di moltiplicazione, di decentramento e di coinvolgimento lo spettatore e’ all’interno di un immaginario collettivo,riconoscibile, nella sua visione di gruppo, in un sostrato di memoria tribale. Assunta Pagliuca
Pina DELLA ROSSA
E’ docente di Storia dell’Arte, vive e lavora a Napoli . Il suo linguaggio specifico è quello di lavorare con le immagini proponendo la fotografia come strumento di riflessione e di analisi. La sua ricerca, iniziata negli anni ottanta, vuole essere un ideale ritorno alla pittura. Fondamentale, dunque, è il dialogo intenso tra pittura e fotografia, due elementi inscindibili, che si manifesta attraverso una relazione di linguaggi diversi all’interno della stessa immagine. In tal senso si concentra sull’aspetto compositivo, sullo studio del colore e della luce, sui contrasti tonali, sui giochi di piani, e sull’intensità dei particolari. Al fine di superare la superficie fisica del quadro, di andare oltre la foto, per includervi la dimensione spazio-temporale. Ha esposto in numerose mostre nazionali e internazionali, le sue opere sono presenti presso Enti pubblici e privati, in musei ed in archivi di arte contemporanea, di diverse città italiane e all’estero. La sua attività inizia nel 1985 quando Mimmo Jodice la presenta alla mostra fotografica al SICOF di Milano. Ci piace ricordare la sua recente personale “Dopo la battaglia” al PAN di Napoli. Suoi lavori sono in permanenza al Museo CAM. Tra i critici che hanno scritto della sua opera ricordiamo Mario Franco, Marco di Mauro, Alessandra Pacelli, Ugo Piscopo e Assunta Pagliuca.
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