del
Dott.
ALDO ANGELINI
“Direttore Generale della R.A.I. di Firenze”
AD
un giovane Pittore,ed amico.
Al Giovane Barsciglié
( Stia - Firenze - 1982 )
"GIUSEPPE BARSCIGLIE' E LA SUA CIFRA MISTERICA"
Presentare Giuseppe Barscigliè, artista di notevolissime e universalmente riconosciute qualità,e farlo dopo che ne han parlato da par loro critici ben più qualificati di noi,sarebbe un pò oltre che peccato di presunzione,come scoprire l'ombrello.
Nè per conto nostro ci saremmo persuasi a farlo,se,cortesemente invitati ad esaminare la sua più recente,produzione pittorica,non ci fossimo poi trovati di fronte a qualcosa di nuovo(almeno per noi),che ci ha sorpresi e colpiti.
Qualcosa di nuovo nell'antico.
Che potrebbe anche sembrare, là, per là, inpercettibile, quasi un leggero trascurabile mutar di accento in un discorso già tutto compiuto espiegato, mentre si tratta di una vera e propria rivelazione della personalità più profonda di questo nostro singolare e naturale talento, che da lustri e lustri (un' intera vita, dal '63 ) va inseguendo nell' assidua e tormentosa sua ricerca l'autentica cifra del proprio genio segreto.
Una cifra misterica; com'è sempre,in fondo,quella dell'arte.
Il fatto è questo.
Partito dal naturalismo napoletano della migliore scuola, quella del padre Raffaele Barscigliè - pittore e scultore, poi da Emilio Greco - scultore e grafico, a Renato Guttuso - pittore, &c. &c.
Giuseppe Barscigliè ha via via scavato e affinato,nell'ambito d'una più vasta cultura italiana ed europea,nella figura nella natura morta,nel paesaggio,le sue native qualità di pittore,con un senso corposo e denso della plasticità e una levigata pastosità del colore,che dalle zone cupe e spesse del fondo (un fondo di pure atmosfere cromatiche) senz'altri punti
di riferimento:si pensa alle figure del Gaughin) passa alle traslucide e ambrate luminescenze della figura umana,che tutta accoglie e condensa
in sè,rifrangendolo su di noi,la potenza della fantasia creatrice dell'autore.
La figura umana, abbiamo detto.Precisiamo: si tratta della figura femminile.
Più precisamente ancora: del nudo femminile. Giuseppe Barscigliè ci ritorna intensamente con insistenza puntigliosa,quasi ossessiva. Ma badate: non non è la faciltà di una formula espressiva finalmente trovata: è necessità di un fatto creativo,che non può prescinderne ( pensate ai cifrari emblematici di un Morandi o di un Capogrossi: il fenomeno è lo stesso). Si tratta, cioè del suo linguaggio allegorico ( e si sà che l'arte è sempre allegorica ).
Per sincerarvene, osservate alcune caratteristiche di quei suoi nudi, I volti delle donne sono quasi sempre come allontanati da noi in folte zone d'ombra,sbozzati sommariamente,anche se con icastico impressionismo; ed è lo stesso per le parti del corpo,in ombra anch'essi.
E' sulla superfice del petto, sull'addome, sulla parte alta delle gambe
che si concentra l'attenzione dell'artista; e tutto là converge, una sorta
di messa a fuoco,ove la luce riscatta e unifica i molteplici elementi della composizione: linea, forma, colore in una calma e possente armonia.
Quà le figure sono tornite e levigate come bronzee arcaiche sculture,
che se poi,osservandole da presso, vi trovate di fronte all'intrico nervoso di un' operazione scattante e graffiante, che si rivela l'ansia segreta di un'irrefrenabile libertà.
Ma il risultato è classico.
Corpi di donne isolati, aggrappati, seduti, distesi, opulenti o smagriti, immersi in azzurre atmosfere di sonno, in veli di verdi silenzi. E sempre con quelle parti: petto, grembo, gambe, che vengono in primo piano e dominano la scena.
Non è lo spirito, si direbbe, non è l'intelligenza che conta: conta il corpo
quelle parti del corpo,che maggiormente captano, condensano e
riflettono il mistero della creazione,in un susseguirsi di modulazioni sempre nuove. Conta la materia. Ma osservando poi meglio,voi vi rendete conto che il nudo femminile così scevro in Barscigliè d'ogni pur minimo
accento di sensualità, non è affatto, come potrebbe sembrare a prima vista, il corpo nudo di una donna: è il corpo stesso della terra.
Ed è il simbolo della vita.
E' l'eterna Eva, che celebra in se, inconsapevole, tutti i drammi, le passioni, le bellezze, le paure, le dolcezze e le malinconie del mondo: silenziosa e paziente, effimera ed immortale. E inquanto tale
diventa di volta in volta monte e pianura, mare e lago diventa aurora, sera; disteso paesaggio, placido fiume; o cosmica sacra notte.
Guardate i rosa, i verdi, gli azzurri che si alternano alle ampie superfici di questa moderna e antichissima Dea Matuta.
E' la cifra misterica di Giuseppe Barscigliè; il corpo muliebre come summa dell'universo.
Ed è la cifra della sua arte.
Dott.Aldo Angelini
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