Il termine "grottesco", parrebbe superfluo dirlo, deriva da grotta. Il riferimento è alle stravagnati decorazioni fatte di arzigogolati arabeschi che ornavano le cripte delle Terme di Tito, a Roma. Da qui, il passaggio per definire la contraffazione bizzarra della natura, è breve. La degenerazione comica del tutto, poi, è quasi un atto dovuto. Si ride, ma in nome dell'oltraggio.
Come la sala degli specchi deformanti di un parco post-disneyano, la mostra mette in scena una realtà deturpata, eclettica, eterogenea. Semplicemnete, viscerale. Le cifre di Ofir Dor sembrano scene allegoriche in un senso teatrale-psicanalitico. L'ambiguità sessuale pervade il tutto come fosse metafora, perenne, dell'esclusione. Corpi di burocrati pieni di pathos, invece, sono protagonisti degli ingombranti dipinti di Eliav Oren. Sorrisi congelati, volti disfatti, orifizi dissolti. Anche qui si parla di solitutdine. E di una miriade d'altre suppellettili emotive.
Poiché, nel caso del corpo umano, il discorso sul grottesco si fa gustosamente delicato. Qui, la stravaganza diviene sintesi - tramite l'accettazione del suo carattere inverosimile - della pienezza della vita: non coinvolge solo l'alto e solo il basso, ma mischia tale insopportabile conflitto (estetico) d'interessi. Inseguendo il soprannaturale, il neo-grottesco collega l'essenza dei contrari, crea un quadro onnicomprensivo del fenomeno umano e forza lo spettatore al tentativo di risolvere l'annoso enigma sull'essenza del ciclo della vita.
Roey Heifetz: dandy dell'eccesso. Michal Helfman: industria della contorsione. Yuri Kats: texture dell'infelicità. E, poi, tutti gli altri. Artisti profondi. Dal profondo. Dire altro è superfluo. Perché il grottesco è comico, ma anche tragico. Sotto il velo del grottesco, per chi l'osserva, vi sono allusioni infinite. Domande senza risposta. Risposte senza domanda.
Fonte: IlSole24ORE
Commenti 0
Inserisci commento