Haifa: è di scena il grottesco dei corpi senza veli
Testi critici, Israele, Haifa, 21 August 2009
«A Gerusalemme si prega, a Tel Aviv ci si diverte, ad Haifa si lavora» dicono gli israeliani. In questo caso, però, nell'assolata Haifa, c'è di che sollazzarsi. E pure in maniera esageratamente selvaggia. Wild Exaggeration - The Grotesque Body in Contemporary Art è, difatti, la mostra con cui il locale Museum of Art celebra il grottesco al tempo della mutazione di massa. E lo fa per mezzo delle opere di 35 artisti contemporanei, prevalentemente israeliani, prevalentemente astri nascenti. Con le dovute eccezioni, però: la star delle star, manco a dirlo, è Erwin Olaf. Celebre per le sue provocatorie foto – sempre sospese tra il seducente e il repellente - qui l'olandese presenta una serie di video che egli stesso definisce «commedie dell'orrore». Fotogrammi – ciascuno dei quali finisce per essere opera d'arte a sé – che raccontano una sorta di parabola ironicamente/drammaticamente splatter, circa la condizione umana in questo principio di millennio. Un viaggio senza ritorno dentro la sterilità delle emozioni che emerge nell'assoluta banalità delle interazioni borghesi. Ovunque, trionfa la chirurgia plastica. I personaggi di Olaf vivono un'assurda quotidianità di artifici meccanici e anatomici che pare un perenne carnevale del nonsense decisamente moderno (nel suo essere fuori da ogni tempo).
Il termine "grottesco", parrebbe superfluo dirlo, deriva da grotta. Il riferimento è alle stravagnati decorazioni fatte di arzigogolati arabeschi che ornavano le cripte delle Terme di Tito, a Roma. Da qui, il passaggio per definire la contraffazione bizzarra della natura, è breve. La degenerazione comica del tutto, poi, è quasi un atto dovuto. Si ride, ma in nome dell'oltraggio.
Come la sala degli specchi deformanti di un parco post-disneyano, la mostra mette in scena una realtà deturpata, eclettica, eterogenea. Semplicemnete, viscerale. Le cifre di Ofir Dor sembrano scene allegoriche in un senso teatrale-psicanalitico. L'ambiguità sessuale pervade il tutto come fosse metafora, perenne, dell'esclusione. Corpi di burocrati pieni di pathos, invece, sono protagonisti degli ingombranti dipinti di Eliav Oren. Sorrisi congelati, volti disfatti, orifizi dissolti. Anche qui si parla di solitutdine. E di una miriade d'altre suppellettili emotive.
Poiché, nel caso del corpo umano, il discorso sul grottesco si fa gustosamente delicato. Qui, la stravaganza diviene sintesi - tramite l'accettazione del suo carattere inverosimile - della pienezza della vita: non coinvolge solo l'alto e solo il basso, ma mischia tale insopportabile conflitto (estetico) d'interessi. Inseguendo il soprannaturale, il neo-grottesco collega l'essenza dei contrari, crea un quadro onnicomprensivo del fenomeno umano e forza lo spettatore al tentativo di risolvere l'annoso enigma sull'essenza del ciclo della vita.
Roey Heifetz: dandy dell'eccesso. Michal Helfman: industria della contorsione. Yuri Kats: texture dell'infelicità. E, poi, tutti gli altri. Artisti profondi. Dal profondo. Dire altro è superfluo. Perché il grottesco è comico, ma anche tragico. Sotto il velo del grottesco, per chi l'osserva, vi sono allusioni infinite. Domande senza risposta. Risposte senza domanda.

Fonte: IlSole24ORE

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