Rebecca Tillett e le donne sopravvissute all'America profonda
Testi critici, Roma, 07 May 2010
Rebecca Tillett ha meno di trent'anni ed è già un'artista di culto. E'stata la più giovane fotografa selezionata dalla Taschen per il voluminoso «New Erotic Photography»; chiamata senza sosta da Vogue, Vanity Fair e da decine di stilisti in tutto il mondo, a ognuno ha risposto con istantanee che non scopiazzano alcuno stile: eccentriche, oniriche, esotiche. In due parole: erotiche.

I corpi inadeguati, le vite scadenti e tutta la rabbia, il disincanto, l'amore e la follia della provincia americana immortalati dalla Tillett, arrivano in Italia. A Roma, presso Mondo Bizzarro Gallery (fino al 2 giugno) va in scena una mostra dall'evocativo titolo «Facevo sempre tardi a lavoro perché stavo a letto sognando di quanto avrei fatto tardi a lavoro».

Già, perché questa ragazzaccia americana cresciuta ai bordi del deserto di Sonora, tra il Nuovo Messico e il Colorado, figlia unica di padre suicida e madre cameriera, di ironia poetica ne ha da vendere e le sue foto sanno di eternità. Decadenza bella e buona? No. Spirito di sopravvivenza, piuttosto.

Poiché la Tillett ha la capacità di alimentare racconti strazianti di carne dall'America profonda. Immortala donne sospese tra la consapevolezza di sé e il tributo alle convenzioni sociali. Tra pubblico e privato c'è lo scatto perfetto. Quello che parla della fusione tra terrore ed estasi sublime: donne senza più passato e ancora in attesa di un futuro. Su tutto, il colore della luce. Lei, Rebecca, pare possedere il dono dell'invisibilità. Anche negli autoscatti con tanto di macchina fotografica giocattolo. Spezzando le catene di qualsivoglia galateo sull'uso dei dispositivi ottici.

Le sue opere (che s'intitolano, tutte, «untitled») sono delle narrazioni accattivanti. Come storie letterarie per immagini statiche, lasciano spesso l'onere interpretativo allo spettatore. Costui, però, è costretto a navigare con cautela: le contraddizioni del lavoro di Rebecca sono strettamente correlate alla sua vita. Ciò che varrebbe la pena di comprendere, forse, è che questo giovane talento vuol mostrare i nervi scoperti del mondo, passando per intuizioni sincere e attraversando esperienze assolutamente autentiche.

In ognuna delle sue opere la luce è tutto. E impreziosisce i dettagli. I soggetti sembrano
ignorare di essersi messi in posa. Un apparente pudore emerge prestissimo, con tutta la tenerezza che il caso parrebbe non richiedere.

Fonte: IlSole24ORE

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