Gli enigmi strutturalisti di Paolini che accompagnano De Chirico
Testi critici, Roma, 08 April 2010
Roma, Palazzo delle Esposizioni: di qua il «pictor maximus» De Chirico, di là il mite Giulio Paolini, vate di una meditazione dell'arte sull'arte, rigorosa e mai ordinaria.

Così, la sala 9 della chiassosamente austera costruzione umbertina di Via Nazionale diviene degna dependance di questo inno alla centenaria Metafisica dipinta.

"Gli uni e gli altri (L'enigma dell'ora)" è una unica, grande installazione di Paolini. Generata come una specie di cosmogonia nella quale visibili orme di brandelli della materia e nebulose tangibili si palesano assieme. Raffigurazione poetica dell'universo, che si appropria di una superficie strutturata a mò di quadrante d'orologio (ermetico segno rappresentativo della circolarità del divenire) a cui si sovrappone una disarmante "X", contrassegno dell'eterno rebus dell'esistere e scia della primordiale squadratura geometrica che è l'autentica ossessione dell'autore.

Maestro che di nome fa Giulio Paolini e che, attivo sin dai primi anni sessanta, ha cominciato indagando in chiave concettuale il fare artistico, ri-leggendone metodi e strumenti – tele e telai, colori, retini – ed ha esplorato il rapporto dell'opera con lo spazio e con il tempo, giocando spesso con l'espediente della mise en abîme. Poi s'è dedicato alla citazione, facendone colto spunto per speculare sui codici. In seguito si è spinto nella teatralità più dirompente fino a (di)mostrare l'assoluta natura tautologica della creazione artistica.

Oggi Paolini è qui, ad accompagnare un De Chirico naturalista - e naturista (si pensi ai "Bagni") – nel più folle dei suoi viaggi, quello col meta-metafisico cocchiere ABO.

Ed è straordinario, il Paolini, nel mostrare sulla parete di fondo della sala una serie di oscure figure antropomorfe a grandezza naturale, susseguirsi in perpetua dissolvenza. Costoro si specchiano in una vera cornice e/o scrutano il visitatore come se tutti fossero nel mezzo di una "vernice". Il pubblico appare subito disorientato dal trovarsi "dentro" un'opera e si mostra indeciso sul da farsi (violare o no, il sacro terreno della creazione divinumana?).

Così il ruolo sociale dell'artista pare esplodere, in tutta la sua vivida chiarezza. Ma così non è, poiché Paolini s'affretta a dire: «Un'opera, per essere autentica, deve dimenticare il suo autore».

Fonte: IlSole24ORE

Commenti 0

Inserisci commento

E' necessario effettuare il login o iscriversi per inserire il commento Login