Ontani e il carnevale, eterno, di via Margutta
Testi critici, Roma, 06 November 2009
Luigi Ontani, signore delle maschere è celebrato da Valentina Moncada, signora delle avanguardie romane, nel di colei spazio - location eterea eppur terrena - al centro della Caput mundi. Ciò vuol dire che Via Margutta celebra Ontani il quale, manco a dirlo, celebra Via Margutta. Su tutto, il carnevale – infinito - dell’arte di Roma.
I fatti:
“mar’ DEI guttAvi. Luigi Ontani - Tableau vivant” è l’estremo atto di ossequio di questo artista degli oggetti pleonastici verso la strada che ne accoglie lo studio, rievocando le tavole viventi dei Carnevali romani di fine Ottocento. Il grottesco ed eterogeneo danzare sfilando, da parte degli artisti di ogni dove, animava il cuore di una Roma che si (ri)apriva al profano, dopo mille anni di sublime dittatura del sacro.
Questo, però, avveniva il martedì grasso. Ontani va oltre. Le sue creazioni - quattordici grandi maschere di cartapesta, ispirate ad altrettanti celebri artisti che nel tempo vissero e lavorarono a via Margutta – sfilano in un corteo ritmato da rimandi carioca, durante un qualsiasi lunedì di novembre.
Come dire che «la vida es un carnaval», ma tutto l’anno. E se lo afferma il re della metamorfosi (Ontani), c’è di che esserne (stra)sicuri. Ecco dunque Poussin e Valadier (con tanto di obelisco a ornarne il capo) con Fellini, Fortuny, Depero e l’Aleramo. Severini e Picassò. E fu proprio il genio di Malaga, nel corso del suo breve soggiorno romano all’inizio del novecento, a disegnare i mirabili costumi di codesto defilè, ripescati dall’ottima Moncada nei meandri dell’Operà romana. Cose succulente, al tempo della politica en travesti.
Via Margutta sembra così tornata ai fasti vetusti. La vernice dell’evento ne è il clou: Ontani posiziona le maschere onde allestire un Tableau vivant che galleggia su petali di rosa colorati come le sfumature di una tavolozza fatta di sampietrini. Poetic’Ontani, verrebbe da ridire.
Contemporaneamente le vetrine delle gallerie della storica strada s’adornano di foto d’epoca con gli artisti dei Carnevali romani mascherati come manco in un favoloso Gay pride, prestito del Museo di Palazzo Braschi.
Il Tableau vive, vibra, allude, si ferma. Poi si decompone e s’appropria, quindi, della Galleria della Moncada. Allestimento sobrio ma potente. Il bambù, come in una favola orientale, a sorreggere il tutto. Maschere che ti scrutano. Che ti costringono ad abbassare lo sguardo. Maschere di un assurdo che è una sorta di ieri visto dall’oggi senza l’ansia del domani. Qui e ora. Ma, soprattutto, lì e allora. Lo spazio è pieno ma vuoto. Sentire la presenza fluttuante di ectoplasmi d’artista è una delle possibili sensazioni. Un’altra è quella di venir travolti dal un tripudio incessante di «Citazioni sgrammaticate», come le ha definite, in più d’una occasione, l’autore.
Splendido il catalogo di Allemandi: una chicca per bibliofili (e mascherofili).


Fonte: Il Sole24ORE

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