La proliferazione dell'erotismo attraverso foto, video, sculture e installazioni che riflettono il desiderio sessuale collettivo al tempo dell'immagine, sfatando il tabù del voyeurismo per mostrare, semplicemente, l'arte. Un'escursione dentro l'archivio dell'immaginario, per svelare cosa è permesso e cosa è proibito, attraverso codici, negoziazioni, pudori svenduti. Domande: dove si trova la vergogna? Qual è la frontiera e in quale misura essa può essere varcata? Come fanno le perversioni a non divenire legali, nell'occidente liberale? Risposta: Nel desiderio di distruzione dell'intimità attraverso una dialettica dell'inibizione. La porno-estetica pare essere qui racchiusa. Quando il privato diventa mercato e gli stereotipi dell'eccesso assurgono ad opere da museo. Come nei bambini dai genitali mostruosi dei fratelli terribili Jake e Dinos Chapman o nel lavoro del pornofilo Koons, ex marito irrequieto della Staller. Fino ai filmati della sottocultura pop. Bizzarre storie sperimentali che vanno in scena acquisendo valore artistico. E i visitatori sono portati a confrontarsi coi loro pregiudizi. Tra skinheads omosessuali, femministe orgiastiche e crimini sado-maso.
Strizzando l'occhio alla rappresentazione classica, prima che il germe monoteista coprisse il corpo di vergogna spingendo la mente all'esuberanza segreta - poi svelata sempre più - e generando una spirale di morbosità che finisce per condurre all'aberrazione della violenza. Contro le donne e i minori. Che è il vero tema della mostra e che suscita sandali chiassosi. Lussuria pesante e beni culturali che si mutano in "peni" culturali. Arte sfacciata. Ritratti di signore vagine, vibratori come totem, colate bianco-latte. Antichi rituali e spettacolarizzazione moderna. Opere: "In front Of The Green Door" di John Wohnseifer ha le forme di una porta verde. Come fosse una fessura aperta con vista su un monitor dove passa, liberamente, un film hard. Siamo solo all'ingresso e il gioco del vedo/nonvedo è già superato dagli eventi. Il porno libero, però, è una goduria, ma solo a livello di idea. La scultrice Liz Moore replica le donne-oggetto del futuro kubrickiano e scopriamo che la città dei Drughi è adesso. Nel feticismo di una gabbia, su uno schermo affetto da una sorta di sindrome autistica da ripetizione ossessiva di finti e multipli orgasmi, nei cartelloni pubblicitari inneggianti relazioni basate sulla tradizione orale. Metafore delle identità. Violate. Perché questo "Grande Fratello Alcova Edition" è un'industria globale che fattura molteplici zeri. A trecentosessanta gradi.
Basta mettersi a novanta gradi. Ma non soltanto. Perché è l'onanismo il vero trionfatore. Degno simulacro fallico della civiltà dei solitari. Dei solipsismi deprimenti. Davanti a un flipper. Sopra la moto. Palpeggiando seni mostruosi. Perché l'immaginario è sempre maschile, anche quello delle femministe. Quello gay, poi, è femminile ma in un senso parodistico. Dell'immaginario femminile resta ben poco. A parte qualche prolisso romanzo d'appendice. Ma, tant'è, l'obiettivo di tutti sarebbe la trascendenza. Anche quello dei pornointerpreti. Che vivono un periodo di crisi causa dilatazione spropositata del loro mercato. Perché in era multitasking ci tocca di esserlo tutti quanti, un poco pornostar. Via, dunque, al controtransfert eiaculatorio di massa. Veloce. Rallentato. Riprodotto su pelle riciclata, ossidata, inalata.
Come dire: è pornografico tutto ciò che procura un'erezione. Oppure, un'emozione.
(Si perdoni il gentil sesso per la chiusa di gusto fallicheggiante).
Fonte: www.ilsole24ore.com
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