La furia iconoclasta di Bisanzio alla Royal Academy di Londra
Testi critici, Regno Unito, London, 09 April 2009
Londra, Royal Academy of Arts: rivive Bisanzio. E ne rivive l'Impero. Cioè la versione cristiana dell'Impero romano. O, meglio, una certa versione. Fatta di icone e dipinti murali, manufatti d'oro e d'argento a raccontare della millenaria epoca bizantina che segnò l'evo di mezzo, da Costantino alla conquista turca del 1453. Opere che non sono mai state mostrate in pubblico prima d'ora. Di quando ancora i soggetti pagani erano usati con ingenua nonchalance e non già nella chiave allegorico-rinascimentale con cui oggi li percepiamo. Allora, l'arte italica tutta si conformava alle leggi della "Nuova Roma". Come dire, nonsoloravenna. Una mostra preziosa, questa di Londra. Nella quale c'è spazio anche per il Santo Graal. O, almeno, per uno dei tanti Graal che l'uomo s'è vantato d'aver scovato. Per la precisione si tratta di un calice che del sacro calice cristiano ne fu, secondo alcuni, contenitore postumo: il calice di Antiochia. D'argento cesellato con la scena degli apostoli a cena. Al tempo del suo rinvenimento, agli inizi del novecento, si credette al miracolo. Ma la letteratura accademica, in seguito, avrebbe ri-datato l'oggetto al VI secolo, per cui niente. Il dibattito pareva finito lì, invece no. Di recente la scoperta più deprimente: non si tratterebbe di un calice, ma di una lampada! Che dire? Che Cristo, comunque, voleva illuminare l'umanità. Questo è sicuro. Così come Bisanzio illuminava il mondo. Sfidando le leggi iconoclaste che esse stessa avrebbe generato come produttrice compulsiva di immagini. In un tempo, quello paleo-cristiano, che affrontava l'estetica della rappresentazione pagana cercando di superarla. Assimilandone tecnica e strumenti ma non il contenuto e né tantomeno, la forma. Ecco che il micromosaico prende vita e diviene funzionale, soprattutto come messa in scena del monoteismo in contrapposizione all'atomistico disegno che però funge da griglia per la composizione dll'immagine. Tecnica, punto. Tecnica che diviene arte e arte totale. E che illumina, come un calice-lampadario reduce, indenne, da quindici secoli di "crociate", le pupille gustative degli esperti (o dei semplici curiosi) qui convenuti da ogni dove. A mirar quest'esoterica Bisanzio di miniature d'avorio e pixels aurei, sfavillare ai bordi del Tamigi. E si tratta di un viaggio unico e spettacolare. Perché molti dei 350 oggetti esposti, provenienti da ben 85 diverse collezioni, sono così fragili che raramente chi li possiede decide di prestarli. C'è anche la celebre icona del Santo Monastero di Santa Caterina del Sinai, quello costruito sul luogo che Dio scelse per dare a Mosè le Tavole della legge. Immagine che si svela come una delle prime rappresentazioni di Cristo come noi ufficialmente lo conosciamo. Cioè, coi capelli lunghi e la barba. Perché l'arte bizantina pare essere la matrice di tutta l'arte sacra (e di quella in generale) dell'occidente. E la sua fortuna fu che si contaminò di antico e moderno, di Mediterrano e d'Oriente, di Cristo e d' Apollo. E finì per contaminare tutto il resto. Sono da contemplare, queste icone, in mistico silenzio. La maggior parte di esse si rivela dipinta a tempera su oro, applicato poi, su un pannello di legno. Tutte paiono aderire alla formula rigorosa dello spazio appiattito. Senza il gioco dell'illusione. Primi Santi e prime Madonne come mezzibusti televisivi. Annunciano la novità del messaggio cristiano e non serve usare tutto il corpo, che spinge verso i rimandi carnali della lascivia pagana. In rilievo, piuttosto, emergono mani e volti. Che si ergono a potenti metafore di emozioni, anziché mere riproduzioni di esse. "Bizantino" come sinonimo di "complesso" pare alludere all'impossibilità di accettare, da parte del cristiano non ortodosso, quelle complicate assenze di profondità e naturalismo nella composizione sacra. Quella trascendenza surreale che, alla luce dell'oggi, assume i caratteri della straordinarietà. Per cui risulta arduo rappresentare Bisanzio senza spiegarla. Ovvero, senza un piccolo sforzo di superamento del pregiudizio. Piccolo sforzo ma grande furia. Furia iconoclasta.

Fonte: www.ilsole24ore.com

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