Dak'Art. Africa «Contemporanea»
Testi critici, Senegal, Dakar, 09 April 2009
La Porta di Brandeburgo. Sovrapposto, il contorno della mappa d'Africa. Una sorta di logo. Due grandi scatole di fiammiferi su cui riprodurlo. Maxi cerini bruciati o non ancora accesi intorno. E' l'installazione-simbolo del Laboratorio di «De-Berlinisation», opera dell'artista senegalese Mansour Ciss vincitore della Biennale d'arte contemporanea africana di Dakar. Ossia, Dak'Art, ottava edizione. Trionfa il lavoro che allude alla Conferenza di Berlino del 1884. Quella in cui l'Europa lottizzò l'Africa, per sempre. La metafora dell'incendio diviene trama ambivalente tra distruzione e poetica di liberazione. «De-Berlinizzare» il continente nero è, per Ciss «realizzare il dovere storico di uscire, vittoriosi, dal quadro giuridico ed economico disumanizzante che è stato fissato a Berlino contro l'Africa e le cui conseguenze sono tuttora visibili». Intervento che prende i contorni della performance situazionista etnica. L'idea-concetto culturale attraverso cui esplicitare il messaggio è a partire dal gap monetario. Favoleggiando su una sorta di Moneta unica africana. Come evoluzione post-coloniale del mitico «CFA». L'«Afro». Che suona pure bene e viene qui illustrata a guisa d'opera d'arte. Coi colori delle icone subsahariane. Subito oggetto d'ossessione numismatica (all'europea). Tra i finti box per il «cambio». Nell'odore dell'Africa. «Cambio», cioè «cambiamento». E la metafora dello sportello bancario apre squarci di riflessione. Anche se vale più dell'allegoria. Pura o semplice. Tra turisti distratti. Pionieri e cercatori di pepite. All'occidentale. Qui, però, tutto è diverso. A partire dai parametri. E, assieme a Ciss, viene premiato anche Ndary Lo, senegalese ex-aequo. Con qualcuno che storce il naso. Non i soldati della Guardia. Che sembrano essi stessi installazioni. Più fotografati degli artisti. Perché le opere non si fotografano. «Green Wall» è la mini foresta di metallo di Lo. Vernice verde per gli alberi. Che germinano umanità. Dita come foglioline. Uomo e natura. Ecologia emotiva: il destino dell'Africa. Ndary Lo partecipava per la quarta volta. E' alla sua seconda vittoria. Anche Mansour Ciss aveva già partecipato. Non c'è ricambio in Dak'Art. La dovizia gestionale cresce, i finanziamenti no. Si guarda al mercato. Piccole ansie da prestazione crescono. C'è il miliardario angolano Sindika Dokolo. Esportò la sua collezione «Check List. Luanda Pop» a Venezia 2007. Mecenate di un movimento che può emergere solo a partire dai collezionisti. Dak'Art. In Africa è un must. E si premiano anche la fotografia e il video. Col «basso costo» del digitale che permette di raccontare. Della condizione femminile. Nel «pacchetto» di cinque scatti della camerunense Angèle Etoundi Essama. Varietà di sguardi. Corpi che ambiscono ad esprimere, una volta tanto, condizioni che siano esclusivamente estetiche. E che Guy Lotchouang trasforma in canto sulla gioventù. In video. Tra passato e futuro. Dove un nuovo mondo è possibile. Anche qui, nel continente dei patchwork bizzarri. Come quello di Issab Samb «aka» Joe Ouakam. Fuori dai percorsi ufficiali. Alberi di gomma, tavolini, ferraglie. Espressionismo astratto. Segni e ossessioni quotidiane. Compendio di tutte le arti. Di tutte le afriche.

Fonte: www.ilsole24ore.com

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