grazie per questa nuova possibilità che mi dai di parlare delle tue opere, perché queste riescono mirabilmente ad aprire uno spazio al mio pensiero, a quella dimensione, cioè, in cui la mia anima respira in piena libertà.
È questo il nostro secondo esperimento di “pensiero figurativo” , un ambito che abbiamo scoperto insieme, uno spazio in cui la mia riflessione si lascia creativamente condurre dai tuoi colori e dalle tue forme.
Il colore:
Alla ricerca della natura e del significato di questa meravigliosa sinergia, io che preferisco esprimermi in italiano, ho scoperto una fonte d’ispirazione nella traduzione tedesca della parola “anima” = “Seele”.
E riflettendo sulla nostra “Seelenfreundschaft” , su quel legame misterioso che ci lega, scopro nascosta nella parola Seele, l’altra che ci unisce altrettanto intimamente: il “mare” = die See, quel profondo mare azzurro di Toscana che ci ha visto bambine e donne, quell’orizzonte ampio e aperto che sembra danzare costantemente davanti ai nostri occhi.
Miracolo delle parole: il mare, in tedesco, si rivela essere il primo impulso generatore dell’anima come anche del suo fonema.
Che sia un caso? Che sia una necessità? Non saprei dirtelo. So soltanto che per capire questa meravigliosa identità, la vita ci ha indotto a lasciare il nostro mare. Allontanandoci l’abbiamo ritrovarlo interiorizzato nella nostra anima. È diventato la nostra stessa anima. Un’anima liquida.
Così come i tuoi “blu” con le loro infinite varianti azzurrine. Essi hanno dovuto “staccarsi dal mare” per poter penetrare nella carne delle tue figure, diventarne l’essenza, l’anima, appunto.
Dobbiamo essere grate a questa lingua a noi straniera che, in modo così semplice e delicato, ci ha rivelato un mistero sempre intuito, un mistero sempre inseguito …
Dal profondo del mare è nata la nostra anima di “Sirena” (un altro dei tuoi quadri più significativi), dal profondo del mare è nata la nostra capacità di guardare … un’altra affinità: guardare = sehen.
Solo una piccola “acca” separa la visione dal mare e dall’anima. Tutto, tutto sembra generarsi dal quel sussurro, da quel soffio fra le nostre labbra: see … seele … sehen …
Ma dove guardano i nostri occhi di mare?
La forma
Guardando le tue figure, quelle che più mi ispirano, non posso non pensare alla “maschera” e con essa “s’invola il mio pensiero” … Inquietanti e potenti figure femminili che portano maschere totalmente chiuse in se stesse, altre da cui emergono occhi lungimiranti.
Dove mi porta questo simbolo tormentoso? Lontano, oltre l’estetica del Carnevale di Venezia, oltre la poetica pirandelliana … lontano in un passato etrusco che di nuovo ci unisce.
In quel lontano passato la maschera portata dall’attore in teatro veniva chiamata “persus”, i latini la trasformarono in “persona”e in seguito prese il significato di “individuo” .
Spesso mi sono domandata quale rapporto esista fra la“maschera” e la “persona”, nel senso in cui usiamo oggi questa parola.
In che misura la “maschera” è stata ed è in grado di “partorire” l’essere umano nella sua complessità e interiorità? In che misura la “maschera” è necessaria a questo processo?
Oscar Wilde scrive: “L’uomo è meno vero quando parla della sua stessa persona. Dagli una maschera, ed egli vi dirà la verità”.
Perché l’uomo ha bisogno di una maschera per dire la verità, per essere autenticamente se stesso?
Sembra essere una contraddizione: nascondersi per rivelarsi, coprirsi per spogliarsi, chiudersi per aprirsi …
La maschera sembra avere una doppia funzione. Da un lato nasconde e simula, dall’altro vela, adombra e protegge. Soltanto in quello spazio custodito l’uomo può sviluppare la propria interiorità, la propria irripetibile unicità spirituale.
Questo è quello che io vedo nelle tue figure femminili. Chiuse dentro le loro maschere esse sono intente a partorire la loro nuova identità.
Sono figure che sprigionano la forza di un’indomita resistenza contro un mondo ormai passato, che ha voluto negare loro l’anima e la dignità d’individuo.
E vedo te, Cristina, decisa a dare alle tue figure quella protezione necessaria alla loro nascita spirituale.
E ti sento dire: “Larvata prodeo sulla scena della vita su cui voglio lasciare l’impronta indelebile della mia esistenza …”
Miranda Alberti
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