ANCESTRALI
di Anna Facchinetti
Ancora una volta l'arte di Paolo Facchinetti non delude le aspettative di crescita.
Si, perché se qualcuno conosce il lavoro di questo artista si renderà subito conto del grande passo in avanti compiuto con queste opere.
Segnicamente e graficamente, forse, il gesto innovatore sembrerà impercettibile e delicato. Ma sicuramente, dopo un più attento sguardo, quelle ombre che compaiono sulla superficie dell'opera illumineranno tutto il suo percorso.
Il segno distintivo sta tutto in queste lievi cromie sfumate, che si proiettano quasi casualmente sulla superficie dell'opera.
Ma facciamo un passo indietro.
Alla base c'è il tempo e le tracce di colore - non colore che esso lascia. Imbrigliati sulla superficie bidimensionale i gesti di Paolo Facchinetti tracciano campiture più o meno omogenee alla quali si sovrappongono frangenti. Attimi, pulviscoli, presenze di tempo messo a fuoco e cristallizzato in un contorno ben definito che risalta sul fondo gestuale e il più delle volte monocromatico.
Fotografie istantanee, in cui il calcolo e l’equilibrio permettono l’esistenza di queste opere che, se a prima vista possono sembrare disordinate e casuali, hanno una distribuzione degli spazi e delle pesantezze cromatiche davvero da manuale.
E già qui l'attività del Facchinetti poteva ritenersi arrivata dato che a livello puramente stilistico ed estetico aveva raggiunto la resa visiva di Gerhard Richter, uno dei suoi punti di riferimento della storia dell’arte astratto – gestuale. Ma il suo percorso ha voluto fare un passo in più per liberarsi di tutte le possibili analogie e ispirazioni riconducibili al passato.
Ora nell'opera si vede, si deve vedere, anche quello che non c'è. Anche quello che non è direttamente rappresentato perché sta letteralmente ad un livello superiore.
Ecco allora le ombre.
Come presenza – assenza il loro esserci segna l’esistenza di un qualcosa che però non è direttamente visibile a chi guarda. È qualcosa di reale? Sono presenze spiritiche? Sono solo segni senza vita? Questo non ci è dato saperlo, possiamo però immaginare che l'opera sia deposta su un piano e parallelamente ad esso scorrano trame, quasi dei tessuti, delle pellicole… come una carovana di presenze.
Non si sa cosa siano e non si sa se siano poi veramente qualcosa.
Fatto sta che queste ombre ci sono e come presenze ancestrali completano ciò che l'occhio vede rappresentato nell'opera. Questi lievi, ma precisi, interventi forniscono una lettura più profonda e curiosa a ciò che ci ritroviamo davanti.
Come tutto ciò che vediamo, e che Paolo Facchinetti realizza, c'entra ben poco la casualità . Le ombre non sono presenti senza uno schema preciso e senza una logica quasi geometrica che solo apparentemente risulta paradossale alla loro inconsistenza.
Parlano un codice e capire questo linguaggio geometrico - estetico è l'unico modo per entrare in armonia con l'opera e poterla comprendere ulteriormente.
Se la gestualità dell'artista è visibile nello sfondo delle opere e trova la sua libertà in queste campiture, nella realizzazione delle ombre questa stessa gestualità è trattenuta.
Tutta l'energia della nuova scoperta stilistica è incanalata per rendere al meglio queste forme apparentemente così naturali ed evanescenti, ma che sono invece frutto di una grande tecnica e sapiente manualità .
Per concludere, Paolo Facchinetti ha dimostrato ancora una volta di non sapersi fermare di fronte ad un risultato raggiunto. Di voler comunque approfondire la sua ricerca verso altre mete.
Non so se questa sarà la fine degli astratti in bianco e nero. Non lo sa nemmeno l'artista stesso.
Certo è che se il suo cammino proseguirà , questo è uno splendido traguardo
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