Sulla greenbergiana superficie piatta (Flatness) è in grado di racchiudere la profondità di una dimensione non misurabile. Sulla base di alluminio che sostituisce la tela ingloba la profondità, il movimento, la velocità ed il tempo. Una fotografia senza otturatore e tempi di posa?! No! La gestualità è ribadita, affermata e volontariamente dichiarata. Il calcolo e l’equilibrio permettono l’esistenza di queste opere che, se a prima vista possono sembrare disordinate e casuali, hanno una distribuzione degli spazi e delle pesantezza cromatiche davvero da manuale.
Cristallizzati in un attimo eterno e impalpabile la luce, i frammenti, le scie veloci, le texture, le increspature spumose sono rese visibili dal colore trattato in ogni suo stato fisico: dal molto denso, ma omogeneo, al diluitissimo. Non stiamo parlando di quadri decorativi, ma di una ricerca. Ogni segno è pensato e bilanciato per andare nel posto migliore: il suo posto. È la crescita pittorica che Paolo Facchinetti compie quella che lo porta ad inglobare come suo e a fare di un tipo di pittura che molti potrebbero de- finire “già visto” uno stile del tutto personale e riconoscibile. Che sale e trapela, a momenti alterni, dalle sue opere nel corso di questi trent’anni. Facchinetti concepisce le opere in questione come una lettura da fare a 360°, sono delle costruzioni empiriche ed allo stesso tempo inesistenti quelle che sono realizzate su quel piano di alluminio. Sono dei ragionamenti costruttivi che si possono affrontare da tutti e quattro i lati, che “funzionano” in ogni posizione li mettiamo. Queste opere ti lasciano leggere un’armonia nelle forme evanescenti e nei colori pesantemente opachi.
Anna Facchinetti - 2010
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