Gli artisti di "Eterogeneo":
Alex Benaglia - Audelio Carrara - Anna Caruso - Guglielmo Clivati - Alfredo Colombo - Paolo Facchinetti - Tiziano Finazzi - Barnaba Ghisleni - Claudio Granaroli - Luigi Resmini - Angelo Vismara
catalogo in mostra
ETEROGENEO
di Anna Facchinetti
Una cosa è certa: il gruppo di artisti qui racchiusi è assolutamente variegato, eterogeneo e poco uniforme in fatto di poetica artistica. O meglio, i risultati del loro lavorare con l’arte sono molto distanti gli uni dagli altri.
Poi li guardi bene e inizi a notare che non ci sono molte figure umane e anatomie nelle loro opere. Che tutta la tensione è concentrata sul gesto, la materia, le forme, la luce, le cromie, la geometria e soprattutto l’equilibrata armonia. Qualcuno potrà obiettare che nei quadri di Anna Caruso ci sono delle figure. Ma siamo sicuri che quel dolce viso angelico che trapela dall’urbanità sia il perno dell’opera?! Io non credo, credo che l’evanescenza di quel viso e la città, i grattacieli, l’accelerazione cittadina…credo che questi siano i veri focus dell’opera. Questi universi urbani sovrapposti e accelerati, questa realtà e frangenti di paesaggi quotidiani si sovrappongono in un unicum nuovo e credo che sia questo il vero soggetto.
Quindi se ci pensiamo bene forse un filo conduttore che attraversa tutta l’arte in questa sala c’è, esiste.
Ogni artista che compone questo “gruppo” ha come obiettivo e struttura portante del suo fare artistico la RICERCA. Ricercare forme, colori, gesti, materia, tecnica…
Quella di Alex Benaglia è un’indagine tra geometrie ottico-luminose e perfette; è ricerca visiva e cromatica che si sviluppa in effetti ottici e tattili sorprendenti. Alfredo Colombo ed Audelio Carrara ci inglobano nella loro realtà di materia plasmata da mani esperte. In Colombo permane un quid di naturale possenza fisica anche nelle opere di dimensioni minori. La vita della fisicità non viene sterilizzata o addomesticata, c’è rispetto e voglia di capire come funzioni tutto quello che si ha davanti. Audelio Carrara, invece, interviene creando dimensioni che interagiscono matericamente fra loro. Il bianco le porta in una dimensione asettica ed astrale, ma è proprio questo bianco che mette in risalto le forme, le ombre e gli spazi che si creano e che contribuiscono a creare l’opera. Le forme segniche e inquiete di Claudio Granaroli sfidano la biologia muovendosi al confine tra bianco e nero. I suoi colori sono lucenti e le sue forme sono piene di vita attiva. C’è chi sviluppa la sua ricerca su un doppio binario come Barnaba Ghisleni che ci propone moduli cromatici geometrici e ripetuti fino a creare l’opera; mentre ripetizioni scientifiche ed esperimenti passionali con i colori sono ciò che caratterizza l’altra strada percorsa, quella che lo fa avvicinare al Divisionismo delle origini. Paolo Facchinetti ci presenta i suoi lavori astratti e sulla greenberghiana superficie piatta (Flatness) è in grado di racchiudere la profondità di una dimensione non misurabile; la gestualità è ribadita, affermata e volontariamente dichiarata, e non stiamo parlando di quadri decorativi, ma di una ricerca. Ogni segno è pensato e bilanciato per andare nel posto migliore: il suo posto. Angelo Vismara si cimenta indagando la suddivisione dello spazio operativo, le sue ragnatele creano micro-universi da riempire con campiture cromatiche omogenee. La sua gestualità crea complesse costruzioni in verticale con contrasti cromatici comunque bilanciati.
Tutti uniscono le loro forze per capire dove li porterà questo percorso, dopo tempo si sono ritrovati e hanno contribuito a mettere insieme i risultati raggiunti.
Tiziano Finazzi con le sue leggere trasparenze che letteralmente sembrano paesaggi celestiali e ingrandimenti di visioni cellulari al microscopio, crea un universo dolce e delicato scandito da linee dai confini morbidi. Luigi Resmini interviene con azioni plastiche e geometriche che si concretizzano in materiali asettici ed industriali. È un designer di prototipi fantascientifici da laboratorio che esprimono eleganza. E per finire Guglielmo Clivati che stendendo il colore in strati sottili dà origine ad una forma apparentemente senza sforzi e leggera, ma che mostra tutta la sua drammaticità in quella gestualità libera.
Dopo tutte queste righe arrivo alla conclusione che, se ci ripenso bene, la loro poetica comune è molto ben visibile. Che le loro opere non sono fini a se stesse, che la loro arte non è arrivata. Che tutte queste persone non pensano di aver raggiunto un obiettivo. Anzi. Questi undici artisti sono pronti e ben consapevoli del fatto che non si arriverà mai. Che questo è solo l’inizio. Ma nonostante tutto la loro ricerca continua e non si accontenta.
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