Dal 31 Marzo al 28 Aprile 2012
Vernissage 31 Marzo ore 18.00
San Marco 1997 Campo San Fantin Venezia
www.jarachgallery.com
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Atemporal
Nulla sembra che appartenga così tanto al suo tempo quanto lo sguardo di un’epoca verso il futuro. (A.C. Danto, The Philosophical Disenfranchisement of Art, New York, Columbia University Press 1986)
Il corso del tempo avrebbe una sola direzione: l’accumulo in avanti degli accadimenti sarebbe progressivo, eppure esiste un paradosso scientifico per il quale alcune delle equazioni fondamentali della fisica meccanica sarebbero ‘reversibili’. Se, al di là della nostra percezione ma in accordo con le leggi matematiche, il tempo scorresse a ritroso invece che in avanti, nulla cambierebbe. Nella storia dell’arte la linea cronologica degli accadimenti, almeno sino al postmoderno, risulta invece cumulativa: ciò accade perché mentre nella fisica quando due oggetti condividono le medesime proprietà, risultano identici e indiscernibili, nell’arte due opere completamente uguali, ma realizzate in epoche distanti, differiscono comunque fra loro. Borges col suo fantomatico Pierre Menard, personaggio che voleva riscrivere parola per parola il Don Chisciotte a qualche secolo di distanza, ha sapientemente spiegato come le opere d’arte traggano il loro valore anche dal posto che occupano nella sequenza della storia. Relazioni reciproche e funzionamento simultaneo delle immagini comportano sempre un’azione retroattiva: ciascuna posizione, se traslocata o alterata, introduce nuovi assestamenti e ulteriori significati. Quando Foucault rivendica per il passato un principio di discontinuità o Barthes immagina il futuro come un succedersi di metalinguaggi è l’intera fiducia storicista della continuità teleologica e nel progresso ad essere messa in dubbio e apre le premesse alla metanarrazione di Lyotard, ad una visione pertanto plurale del tempo che aveva insiti in sé i presupposti della crisi postmoderna.
Gli autori invitati offrono una loro interpretazione all’idea di presente, declinando metodologicamente l’archivio di immagini della loro esperienza ad una temporalità combinatoria, inverando dinamicamente la nostra memoria collettiva verso una plausibile ipotesi di futuro, scevra da ogni immobilismo legato alla paura del domani.
YAMADA HANAKO
“Cruise in Venice”; “Venices”; “Hic requiescet corpuus tuum”
Le immagini sono state scaricate da Internet (Flickr, Picasa etc) , e scattate dai passeggeri delle navi da crociera sui ponti delle stesse. I colori sono stati alterati in photoshop e documentano l’immaginario vacanziero per eccellenza: a didascalia di ogni immagine, i nomi delle città toccati dalla nave nella sua rotta. Nella seconda serie sempre da internet, sempre amatoriali, scatti che raffigurano le varie Venice nel mondo, che la imitano nel nome e/o nell'immagine (Las Vegas, California, Pechino, Tokyo, Rimini etc). Documentazione oggettiva e sogno collettivo, veridicità e verosimiglianza sempre a confronto. Progetto work in progress l’ultimo dove viene registrata ogni calle di Venezia senza persone, con i dati GPS, data e ora di ogni scatto, a metà giornata con la luce zenitale, stessa altezza di cavalletto e inquadratura a stessa ampiezza, messa a fuoco all'infinito.
KENSUKE KOIKE
“Sunny”, “Cloudy after fine”
Due gruppi di fotografie che raffigurano nuvole e cielo secondo una rappresentazione esteticamente semplice e oggettiva. In realtà sono scatti documentali delle bombe atomiche della Seconda Guerra Mondiale, immagini fortemente simboliche ma che, prive di didascalia, assumono la loro valenza naturalistica. Come quadri di Turner del XX secolo, sono immagini senza tempo che ad una seconda analisi possono apparire inquietanti e tragiche perché acquistano consapevolezza. Anche se per pochi attimi, la Bellezza può redimere la crudeltà del mondo?
MIRKO SMERDEL
Mille antenne ripetono “Addio...”
Un funerale rappresenta una presa di coscienza collettiva: il giorno di Enrico Berlinguer, la prima pagina de L’Unità presenta una foto del corteo funebre con scritto “TUTTI”, come per rendere pubblica e condivisa, la testimonianza della fine di un’epoca.
Su questa base si può considerare un funerale come una forma di monumento, in quanto “documento di un evento”? Si tratta quindi di leggere negli interstizi e nelle tracce della Storia, in quell’area impalpabile che sta tra narrazione e documentazione, fra memoria collettiva ed esperienza autobiografica.
Andrea Bruciati
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