La mostra, organizzata da Chiara Campagnoli, Rubens Fogacci e Deborah Petroni della Pallavicini srl in collaborazione con Mucha Foundation e con la curatela di Tomoko Sato, pone uno sguardo inedito sull’opera del grande artista.
Alphonse Mucha (1860-1939) fu uno dei più celebrati ed influenti artisti della Parigi fin-de-siècle, conosciuto ai più per le sue grafiche, come i cartelloni teatrali realizzati per l’attrice ‘superstar’ Sarah Bernhardt e le sue immagini pubblicitarie con donne eleganti ed attraenti. Mucha creò un suo stile ben definito – le style Mucha – caratterizzato da composizioni armoniose, forme sinuose, riferimenti alla natura e colori pacati, che divenne sinonimo dell’emergente stile decorativo del periodo, l’Art Nouveau.
Nonostante il potente impatto del suo stile, però, poco si è mai saputo delle idee sull’arte e l’estetica all’origine del suo lavoro. Il percorso espositivo, dal titolo Alphonse Mucha, esamina gli aspetti teorici delle sue opere, soprattutto il concetto di bellezza, principio centrale della sua arte.
Con circa 80 opere, selezionate tra quelle della Fondazione Mucha, la mostra include alcuni tra i più iconici lavori dell’artista, poster e cartelloni del suo periodo parigino, e getta inoltre uno sguardo al linguaggio artistico con cui Alphonse Mucha espresse il suo nazionalismo una volta ritornato nella sua patria negli ultimi anni della sua vita.
La mostra si compone di tre sezioni tematiche: Donne - Icone e Muse, Le Style Mucha – Un Linguaggio Visivo, Bellezza-Il Potere dell’Ispirazione.
Donne - Icone e Muse, si apre con Gismonda, il primo vero manifesto disegnato da Mucha per Sarah Bernhardt. Nella sua rappresentazione della più grande attrice francese del periodo, l’artista ceco trasforma la “divina Sarah” in una dea bizantina. Il poster ricevette apprezzamenti immediati non appena apparve sui cartelloni di Parigi il 1° gennaio 1895. Il suo impatto visivo -con la sua elegante forma allungata ed i delicati toni pastello che rendevano sublime l’immagine dell’attrice ed il suo equilibrio tra semplicità e dettaglio–era impressionante nella sua originalità.
Deliziata dal successo di questo manifesto, la Bernhardt offrì a Mucha un contratto per produrre le scenografie ed i costumi di scena, così come tutti i manifesti delle sue rappresentazioni teatrali. Durante questo contratto, che andò dal 1895 al 1900, Mucha produsse altri sei manifesti per gli spettacoli della Bernhardt, tra cui La dama delle camelie (1896), Lorenzaccio (1896) e La Samaritana (1897).
Il successo della Gismonda portò a Mucha anche numerose commissioni per disegnare manifesti pubblicitari, tra cui quelli per marche famose come JOB (carta per sigarette), Lefèvre-Utile (biscotti) and Waverley (biciclette americane). La sezione include principalmente due gruppi di opere: manifesti teatrali su Sarah Bernhardt e manifesti pubblicitari per prodotti commerciali. Studiando attentamente questi lavori si esplorano le strategie artistiche di Mucha, specialmente il suo impiego di bellissime donne come icone e veicoli di messaggi commerciali. La mostra include inoltre alcune confezioni e copertine di riviste.
La seconda sezione ha come titolo Le Style Mucha – Un Linguaggio Visivo.
Al tempo di Mucha, il concetto di “arte” subì un cambiamento rivoluzionario con l’avvento del modernismo ed anche la nozione classica di “bellezza”, uno dei fondamenti dell’arte, fu messa alla prova e mutò fino ad abbracciare nuove idee e forme. In un tale momento di fermento, Mucha cominciò la sua ricerca sul valore universale ed immutabile dell’arte e giunse alla conclusione che l’obiettivo ultimo della stessa fosse l’espressione della bellezza, che poteva a suo parere essere raggiunta solo attraverso l’armonia tra contenuti interni (idee, messaggi) e forme esterne. Come scrisse nei suoi appunti di professore, che sono stati pubblicati postumi come Lezioni sull’Arte (1975), il ruolo dell’artista è quello di ispirare la gente tramite la bellezza armoniosa delle sue opere e di elevare la loro qualità di vita attraverso la sua arte. Per raggiungere questo obiettivo, Mucha sviluppò una particolare e caratteristica formula artistica, un nuovo linguaggio comunicativo, che utilizzava l’immagine di una donna – simbolo del suo messaggio di bellezza – insieme a fiori ed altri elementi decorativi, tratti dalla tradizione folcloristica ceca e di altre culture esotiche. Per Mucha, i manifesti ornamentali (panneaux décoratifs) erano il mezzo ideale per realizzare la sua aspirazione. Introdotti per la prima volta da Mucha e dal suo editore, F. Champenois, questi manifesti erano per la maggior parte privi di testo e realizzati per puro scopo decorativo; prodotti in grandi quantità furono subito disponibili per un’ampia fetta di pubblico, diventando così una forma d’arte alternativa che poteva essere sfoggiata anche dalle famiglie più ordinarie. Di questi manifesti, Mucha scrisse poi: “Sono stato felice di essere coinvolto in una forma d’arte destinata alla gente e non ai soli salotti eleganti. Arte poco costosa, accessibile al grande pubblico e che ha trovato dimora nelle abitazioni più povere così come nei circoli più influenti.” La sezione presenta alcuni manifesti decorativi di Mucha ed esplora le idee dietro questi lavori, studiando le caratteristiche della sua cifra stilistica. Include inoltre i fondamentali manuali di decorazione di Mucha, Documents Décoratifs (1902) e Figures Décoratives (1905).
La sezione 3-Bellezza-Il potere dell'ispirazione- chiude il percorso espositivo.
Mucha ritornò in patria nel 1910 per realizzare il suo sogno di impegnarsi attivamente per la libertà politica del suo Paese, impegno che culminò nella realizzazione della sua opera d’arte, Epopea Slava (1912-1926) ed altri lavori che dovevano ispirare l’unità spirituale dei popoli slavi.
La sezione finale mostra esempi degli ultimi lavori di Mucha, esplorando come le style Mucha si fosse evoluto nell’arte della creazione del messaggio. Le opere in mostra in quest’ultima sezione includono studi per la decorazione dell’allora nuovo Municipio di Praga, così come il manifesto per la mostra Epopea Slava, tenuta a Praga e Brno nel decimo anniversario della nascita della Cecoslovacchia.
Palazzo Pallavicini è un’elegante dimora settecentesca, originaria però del XV secolo, nel cuore della Bologna antica. Abitata in passato da grandi famiglie nobili, nel 1770 accolse l’esibizione dell’allora quattordicenne fanciullo prodigio Wolfgang Amadeus Mozart. Oggi il Palazzo è sede di esposizioni museali e di eventi.
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