Femmes et couleurs - Personale di Silvia Verni (Recensione)
25 January 2015
Sin dalla notte dei tempi abbiamo letto e visto come poeti, scultori e pittori abbiano tratto ispirazione, quasi toccando l’apice del piacere, dalla donna in quel momento amata e desiderata. Quindi non c’è da stupirsi quando ci troviamo di fronte poemi, canzoni e tele dedicate alla figura femminile. Ma, come tutte le cose, andando avanti con le epoche il filo rosso che teneva uniti certi legami importanti della storia di una nazione arriva ad un punto di rottura, o quantomeno al deterioramento di quei valori che erano capisaldi non solo della civilizzazione ma anche della cultura (che faceva riferimento a dei modelli sacri della letteratura artistica mondiale).

Da questa rottura l’artista Silvia Verni vuole ripartire, interrogando l’uomo su come la donna giochi un ruolo importante nella vita quotidiana. Rappresentandole al meglio, con la massima espressione artistica del disegno, la grande capacità colorista dell’artista delinea con un impeccabile contrasto cromatico tutte le sfumature possibili che l’occhio umano può percepire. Le donne ritratte hanno una sensibilità nascosta: sono ballerine, femmes fatales maliziose, disinvolte e passionali. A caratterizzarle è l’apoteosi di colori e sfumature che circondano tutto lo spazio della tela, metaforico turbinio di sentimenti, ben nota caratteristica delle donne.

Ma nello stesso tempo l’artista usa un impianto ottico variabile e molto interessante: ella si pone insieme a noi in posizione esotopica, ovvero le sue donne non guardano nè noi nè l’artista in camera prospettica. Le opere in questo senso non sono mai “finite”, giacché il loro completamento si manifesta solo nell’atto della ricezione. Per volere dell’artista, infatti, siamo noi fruitori ad avere un ruolo importante immaginando il volto delle sue donne, facendole entrare nella nostra intimità quotidiana e dando loro un volto familiare: una madre, una figlia, una fidanzata. Diventiamo inconsapevolmente dei veri e propri “voyeur”. Osserviamo senza essere osservati, spiamo con occhio curioso l’azione di ogni figura, inermi e pensierosi.

La Verni dipinge senza turbare minimamente lo spazio del quadro; l’invenzione geniale di farci affezionare ai volti dei suoi quadri crea un momento di riflessione su come sia sfaccettato l’animo di una donna agli occhi di un uomo. Non stupisce quindi scoprire un legame psicologico che lega l’artista ai suoi quadri: anche lei conosce molto bene cosa significhi essere donna, anche lei sfida le sue paure e le sue gioie (che vengono sublimate nella tela), ogni colore che usa non è banale ma è il frutto delle sue emozioni. Non c’è niente che possa farla sentire bene e al sicuro come l’arte. Lo studio che la Verni applica sui titoli delle sue opere è la prova di come sia importante per lei rendere chiari i suoi pensieri.

Soddisfatto e propositivo il gallerista Eugenio Santoro quando afferma che, dopo la personale che l’artista ha tenuto nella sua Home gallery nel Dicembre 2012, questo sia il giusto proseguimento della sua carriera. Non solo per l’ampia platea di collezionisti che possono fruire e comprare i suoi quadri, ma anche per la maturità artistica della stessa Verni, che in meno di un anno è riuscita a legare con la giusta armonia figure e sensi.

Silvia Verni è il prototipo dell’artista che grazie alla sua arte riesce ad unire le coscienze umane: ogni tela respira di una storia propria unica nel suo genere. Le tele respirano dell’energia sprigionata dai colori. La Verni trova come una brava investigatrice la chiave mancante , la prova schiacciante che l’arte è donna.

Andiamone orgogliosi!

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