Il cristianesimo e le religioni. Verso un inclusivismo cristologico-trinitario
28 July 2016
Cristianesimo e religioni. Verso un inclusivismo cristologico-trinitario.
Kopiec Maksym A. Autore del dipinto in copertina
Architetto Prof. Oronzo Curvo in arte Renzo.
Aracne Editrice
Roma, 2016; br., pp. 428.
ISBN: 88-548-9316-1 - EAN: 9788854893160
Testo in: testo in italiano
Peso: 2.05 kg

Oggetto dell'opera è il rapporto tra il cristianesimo e le altre religioni. Il tema, studiato già dalla metà del XX secolo, ha trovato ampia ricezione nel concilio Vaticano II, che su di esso ha suscitato un vasto dibattito teologico. È importante che ogni religione mantenga ben distinti il proprio valore e la propria identità, ma è anche indispensabile riaffermare la dimensione cristologica, soteriologica ed ecclesiologica di ogni tentativo di proporre una teologia delle religioni. Essa, a sua volta, richiede ancora precisazioni circa un proprio status metodologico. La questione principale riguarda la possibilità della salvezza escatologica e ultraterrena non come privilegio dei soli cristiani, ma come salvezza che abbraccia tutti gli uomini del mondo; una salvezza offerta a tutti attraverso l'unico mediatore e salvatore, Gesù Cristo: un evento storico-escatologico da intendersi in un orizzonte trinitario.
Pagine scelte per voi.
Introduzione generale.

La rivelazione ha per la fede cristiana e per ogni sapere teologico
valore fondante. La questione della rivelazione diventa più acuta
nell’ambito della cristologia e della soteriologia. Il paradosso del
cristianesimo, infatti, consiste nel fatto che la rivelazione di Dio e la
salvezza del mondo sono legate alla particolarità storica e contingente
della persona di Gesù di Nazaret. Egli è la pienezza e il compimento
di tutta la rivelazione1. Il compito di giustificare la pretesa della rivelazione
definitiva realizzata in Cristo, legata intrinsecamente alla sua
unica e universale mediazione salvifica, ha impegnato da sempre la
riflessione teologica.
Rispetto ad un passato ormai lontano, quando il cristianesimo
e la società profana più o meno coincidevano, questo scandalo originario
della fede cristiana ha assunto maggiore rilievo nel tempo
presente. Oggi si assiste a uno sviluppo dell’autonomia e radicalizzazione
della secolarità del mondo e delle società civili, il processo di
mondializzazione e la conseguente interferenza e contaminazione
delle culture, la presenza di tante religioni, costituiscono un contesto
del tutto particolare in cui si colloca la fede cristiana e la riflessione
teologica circa la rivelazione e il suo carattere unico universale2. L’attuale
contesto socioculturale situa l’odierna problematica teologica
riguardo al tema della rivelazione cristiana, strettamente connessa
alla figura di Gesù Cristo, all’interno di una situazione che vede l’umanità
soggetta al dominante fenomeno del pluralismo in atto che
impone il massimo rispetto per le singole culture ed individualità, e
nel quale tutto è destinato a tutti, in un contesto sovranazionale dove
tutti sono chiamati a relazionarsi reciprocamente. Risulta sempre
più legittima e diffusa la convinzione che ogni popolo deve ricevere
il massimo rispetto da tutti gli altri per la propria identità e per
la propria realizzazione. In effetti, l’umanità di oggi registra al suo
interno molteplici forme di vita, tanti pensieri filosofici e sistemi di
1. Cfr. DV 3.
2. C. GRECO, «Particolarità e universalità della rivelazione cristiana», 107.
Introduzione generale
orientamento, tante espressioni religiose, ognuna delle quali richiede
rispetto e pari dignità, pur in presenza di nette diversità.
Contemporaneamente, affiora anche il fenomeno della difesa del
pluralismo e del relativismo culturale, etico, sociale, politico, ecc.,
in assenza di oggettivi valori di riferimento per tutti e di comuni
convinzioni. Pertanto, nella cultura occidentale, appare dominante
l’opinione che non esistono verità, principi etici, religiosi e ideologici
assoluti, evidenziando per questo una opzione in favore del rispetto
del pluralismo e, quindi, una reciprocità di relazioni tutte caratterizzate
dalla tolleranza, senza la pretesa di poter imporre alcunché a
nessuno.
In tale maniera, nell’impossibilità di creare unità sul piano religioso
a causa della molteplicità delle religioni, culture, tradizioni, sistemi
di pensiero, inconciliabili e spesso in conflitto tra loro, ricorre oggi,
con l’idea del pluralismo e del relativismo, la stessa situazione che già
per l’Illuminismo costituiva l’unica possibilità in grado di unificare
tutti gli uomini e tutti i popoli. Esistono, quindi, molte verità, molte
etiche, molte forme di intendere la giustizia, a seconda delle varie
culture, tutte legittime e tutte valide in sé, che, tuttavia, necessitano
di un confronto e di una interazione. Infatti, la relativizzazione illuministica
veniva tematizzata teoreticamente già nel 1700 da Lessing3,
e dal 1800 in poi da vasti settori della teologia liberale, soprattutto da
E. Troeltsch4 agli inizi del Novecento. Questa concezione sosteneva
l’impossibilità che alcuna religione si attribuisse la pretesa di essere
unica ed assoluta, essendo in se stesse tutte legittime.
Oggi, nel contesto del pluralismo relativistico in atto, l’idea di
una fede destinata a tutti gli uomini accomunati da un’unica rivelazione
e un’unica salvezza è rifiutata non solo al di fuori ma anche
dentro la Chiesa, in vari settori culturali e teologici, legittimando
teoreticamente il fenomeno del pluralismo delle religioni. Appare
quindi forte la tentazione di attenuare lo scandalo dell’evento–Cristo
o riducendolo a un «caso», tra i molteplici avvenimenti che attuano
la pluralità dell’esperienza religiosa umana: la rivelazione cristiana
sarebbe una delle molte manifestazioni di Dio; oppure riducendo la
sua portata di novità a quella di una cifra rivelatrice di un significato
religioso universale, con l’evidente rischio di ridurre la fede ad
3. Cfr. G.E. LESSING, GesammelteWerke I–IX; su Lessing: A. SCHILSON, Lessings Christentum.
4. Cfr. E. TROELTSCH, L’assolutezza del Cristianesimo e la storia delle religioni
Introduzione generale 17
una ideologia religiosa5. In modo particolare una significativa relativizzazione
dell’universalità della rivelazione cristiana viene oggi dal
dibattito sul pluralismo religioso e sulla teologia delle religioni6.
Tuttavia la fede della Chiesa afferma instancabilmente, fin dalle
sue origini, il carattere universale e definitivo della rivelazione adempiuta
in Gesù di Nazaret, in quanto realizzata una volta per tutte e
valida per tutti, affinché credano nel Vangelo e siano salvati in Cristo7.
La Chiesa, anche se non ha mancato di ribadire i fondamenti del suo
Credo8 si è trovata, però, di fronte alla sfida di approfondire il tema
della rivelazione e di produrre una ragione teologica e sistematica
del carattere assoluto della rivelazione in Cristo, nel contesto del
dibattito sulla teologia delle religioni. D’altra parte, tale sfida non
dovrebbe avere nulla a che fare con una chiusura davanti al mondo
delle religioni, ma, al contrario, dovrebbe permettere di inquadrare
adeguatamente il problema delle religioni entro il discorso teologico
e nel rapporto con la rivelazione cristiana.
Titolo e delimitazione del campo
Il titolo dello studio “Cristianesimo e religioni: verso un inclusivismo
cristologico–trinitario. Alcuni saggi” mette in evidenza il problema
della rivelazione intesa sotto un profilo del tutto particolare. L’argomento,
infatti, — peraltro già elaborato da molteplici contributi
dei vari autori — non pretende di fornire una completa ed esaustiva
esposizione della questione della rivelazione cristiana: lo specifico
di questo lavoro sta nel fatto di riprendere il tema della rivelazione
cristiana nel quadro del dibattito teologico intorno alle religioni.
Tale dibattito, non omogeneo, ma addirittura molto diversificato,
con parecchie proposte lontane quando non ostili all’impostazione
ecclesiale del tema, provoca la necessità di approfondire il tema della
rivelazione, anzitutto per quanto riguarda il suo carattere assoluto. Si
tratta, in altre parole, di avanzare su un terreno ancora incerto e per
5. Cfr. M. BORDONI, Gesù di Nazareth, Signore e Cristo, 167.
6. Cfr. J. DUPUIS, «Unicità e universalità», in DTF, 1386.
7. A questo proposito appaiono di capitale importanza richiami a passi neotestamentari:
Mt 28,19; Mc 16,15; Lc 24,27; At 1,8; 1Tm 2,4.
8. L’ultimo intervento a questo proposito, in ordine di tempo, è il documento della
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione “Dominus Iesus”, 06.08.2000, in
AAS 92 (2000), 742–765.
18 Introduzione generale
certi versi sconosciuto, mettendo a confronto e tentando di correlare
due termini che la tradizione teologica precedente al Concilio non
solo manteneva distanti, ma opponeva in forma alternativa. Si tratta,
ancora, di elaborare nuove argomentazioni e nuove impostazioni
della questione, che rendano possibile inquadrare la rivelazione cristiana
nell’attuale dibattito sul pluralismo religioso, salvaguardando a
un tempo il carattere unico e assoluto della rivelazione in Cristo e
il valore salvifico delle altre religioni. Dall’incontro della rivelazione
cristiana con la teologia delle religioni si apre un ventaglio di possibili
soluzioni: dal rifiuto più radicale di riconoscere un qualsiasi valore
alle religioni, intese come elaborazioni umane contrarie al cristianesimo—
tesi ancora sostenuta, soprattutto in alcuni ambienti più
conservatori della teologia e dell’esperienza ecclesiale—al suo opposto,
di negare il carattere unico e assoluto della rivelazione cristiana
per affermare il valore salvifico di tutte le religioni.
Il confronto della concezione propriamente cristiana della rivelazione
con la discussione teologica sulle religioni fa emergere soprattutto
il bisogno di cercare il cuore della questione, da ravvisare nella
dimensione cristologica e soteriologica della rivelazione, da cui non
si può mai prescindere se si vuole essere fedeli ai contenuti irrinunciabili
della fede: non è pensabile, infatti, una concezione cristiana
della rivelazione che prescinda dalla centralità dell’evento salvifico
di Gesù Cristo, quale definitiva, universale e personale autocomunicazione
del Dio–Trinità agli uomini. È dentro queste coordinate,
infatti, che si vuole inquadrare ed esaminare la questione della rivelazione.
Tale base cristologico–soteriologica fa emergere in modo
insuperabile il nucleo della rivelazione cristiana e la sua insuperabilità
poggiata sulla centralità di Cristo come manifestazione e intervento
storico–escatologico della Trinità nei confronti delle tesi pluralistiche
delle religioni.
Un altro limite dell’argomento consiste nel proporre una generale
valutazione teologicadelle religioni a partire dall’orizzonte della
rivelazione cristiana, senza entrare in un discorso dettagliato su ogni
religione particolare e senza fare un esame analitico sui loro vari
aspetti. Senza dimenticare prospettive del genere, è evidente che la
questione a tema può essere affrontata e risolta anche senza entrare
negli ambiti propri della fenomenologia delle religioni, della storia
delle religioni o della filosofia delle religioni. L’approccio del presente
studio è teologico: si tratta di far emergere la possibilità di pensare
un valore salvifico delle religioni nel quadro di un’unica economia della rivelazione, senza negare o contraddire il carattere di unicità e
assolutezza dell’evento–Cristo.
Il tema della rivelazione nella riflessione teologica d’oggi occupa
un posto e assume un peso enorme. Con il superamento della sintesi
manualistica, che tentava di fondare con argomentazioni storiche
e razionali il fatto della rivelazione, la Costituzione dogmatica Dei
Verbum del Concilio Vaticano II ha indicato nella rivelazione, ripensata
nella prospettiva più personalistica dell’incontro di Dio–Padre,
Figlio e Spirito Santo—con l’uomo, il punto di partenza e il fondamento
della riflessione teologica (cfr. DV 2). Di fronte ad un’evidenza
sempre maggiore data alla rivelazione nel quadro della teologia
post–conciliare, si assiste nell’odierno contesto, derivante dalla polemica
teologica attorno alle religioni, al tentativo di distaccare il
fenomeno della rivelazione dall’unica economia rivelatrice avvenuta
nella storia particolare del popolo eletto e compiuta nell’evento storico
di Gesù di Nazaret. Ci si accorge, nell’ambito teologico, della
presenza di diverse correnti che propongono una concezione di rivelazione
che non tiene conto del valore assoluto della rivelazione
trinitaria compiuta in Cristo.
Il fine della ricerca risiede nel presentare il fondamento della rivelazione
cristiana, soprattutto il suo carattere assoluto, di fronte alle
pretese avanzate dai propugnatori della tesi del pluralismo religioso
e della teologia delle religioni. Per questo si cerca di rielaborare il
concetto di rivelazione in modo tale che evidenzi il suo intrinseco
legame con la persona di Gesù Cristo; infatti su di lui viene poggiata
la legittimità della pretesa avanzata dal cristianesimo di un carattere
definitivo e universale della rivelazione cristiana. Questo concetto si
spiega ed assume l’esatta definizione soltanto a partire dalla figura
storica di Cristo e dalla sua identità. La particolarità dello studio sta
anche nel tentativo di mostrare la peculiarità della rivelazione, in
quanto connessa intimamente con la dimensione soteriologica. Di
fatto, l’unico e universale significato dell’opera salvifica compiuta in
Cristo diventa l’oggetto della rivelazione, e anche il luogo della rivelazione,
in quanto mediante essa Dio svela il suo volto e si comunica
agli uomini con il suo dono d’amore.
Va da sé che un itinerario di ricerca come questo può essere
condotto con un atteggiamento di preclusione verso il dialogo interreligioso
o con una assunzione acritica delle posizioni propugnate
dalla teologia delle religioni. La scelta di questo studio è di cercare
una fedeltà alla rivelazione cristiana, aprendosi al confronto con le formulazioni della teologia delle religioni pluralistica. Da tale scelta
metodologica emerge la necessità di approfondire meglio gli aspetti
più pregnanti — quello di pienezza, di universalità, di unicità, di
definitività—del concetto cristiano di rivelazione, che fondano il suo
carattere assoluto. In altre parole, il confronto con le diverse proposte
della teologia delle religioni può arricchire l’impostazione cristiana
della rivelazione, aiuta a trattare con più serietà e più attenzione alcuni
suoi aspetti, e infine esorta a rinunciare a qualsiasi ostilità verso
le altre religioni, spingendo piuttosto ad essere più aperti verso ciò
che costituisce la loro esperienza religiosa del sacro e del divino,
senza perdere per questo ciò che concerne il nucleo della rivelazione
cristiana.
Scopo e carattere dello studio
Certo il tema della rivelazione in quanto tale non può in se stesso
presentare alcun carattere di novità per la nostra ricerca; come pure
il problema delle religioni, che negli ultimi decenni ha conosciuto
un’attenzione crescente da parte degli studiosi, non può essere considerato
una novità. Il carattere proprio del lavoro sta piuttosto nel
tentativo di delineare l’indole fondamentale della rivelazione cristiana
nel confronto con le altre religioni; confronto che permette di
evidenziare il suo carattere assoluto e quindi la sua diversità rispetto
alle religioni.
L’originalità della tesi risiede, dunque, nella scelta di inserire il
tema della rivelazione nel quadro del dibattito teologico intorno al
valore e significato delle religioni per contribuire con la sua diversa
impostazione a un progresso nella comprensione sia della rivelazione
che delle religioni. La novità della ricerca sta nella decisione di
accettare la sfida posta dalla teologia delle religioni, soprattutto dalle
teorie più estreme del pluralismo religioso, istituendo mediante
il confronto tra i due termini della questione un nuovo campo di
ricerca, che la teologia fondamentale qua e là accosta e comincia a
esplicitare. D’altra parte, la posta in gioco si può facilmente intuire: se
la pretesa di unicità e assolutezza rivendicata dalla rivelazione divina
non resistesse alle obiezioni che salgono dalla teologia delle religioni,
sarebbe minata in radice la stessa possibilità della manifestazione
divina. Di qui l’attenzione all’aspetto cristologico e trinitario della
questione, senza tuttavia trascurare i punti di vista soteriologico, ec

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