Il gioco è su due concetti: spazio e linguaggio che intersecandosi continuamente creano un unicum di valori umani e sociali sui quali l’artista riflette e porta a riflettere.
Le poesie di Francesco Muzzioli e le opere di Barbara Pensa, messe l’una affianco all’altra sembrano completarsi, favorendo un fervido scambio tra il verbo poetico e l’opera d’arte. In questo modo il figurativo si arricchisce della poesia, se ne rafforza; e viceversa.
“Sogno consapevole è quello a cui Barbara Pensa arriva: in Miraggio, Bancomat, Saline, i paesaggi hanno dapprima i contorni sfumati di un sogno, poi l’architettura e la presenza umana spezzano l’armonia ideale per trasformarsi in rappresentazioni di un mondo irrazionale, disordinato. Nello stesso tempo, l’uomo col suo carico esistenziale diventa il simbolo di una vicinanza nuova alle cose. E’ così che il viaggio immaginario cavalcato sull’onda delle parole, del pensiero e della poesia, diventa viaggio reale alla ricerca di diversi orizzonti. L’artista, come il poeta, si rimette in discussione e prima di difendersi dall’eccesso di realtà, trova nuovi scenari ideali da cui ripartire”.
“Ore infinite, ore in cui si aggiunge ideale al reale, fino a tracciare la mappa di un architettura dell’utopia. Strade, paesaggi, case, persone, appartengono ad un luogo ancora da scoprire. La tecnologia, questo mare magnum di collegamenti, diventa come un libro dal quale attingere fluidamente le “connessioni” perfette, spingendosi oltre i limiti in un viaggio dove la comunicazione è la base di una tela di ragno immaginaria e condivisibile. Nell’arte di Barbara Pensa si legge bene questo percorso che ha l’esito di un risveglio”.
“La distanza è per Barbara Pensa è condizione necessaria per mettersi in relazione con il mondo. Un bisogno che la spinge a ridurre lo spazio fisico e mentale per tradurlo in arte. L’artista inizia il suo viaggio per dare senso ad una distanza che si è trasformata in desiderio: occupare fisicamente lo spazio dell’immaginazione. Il suo turista, essenziale, ridotto ad un profilo grafico, è il simbolo di un nuovo modo di guardare la realtà, abbattendo ogni barriera “digitale” e tuffandosi, finalmente oltre le coordinate del suo spazio immaginario. E’ un viaggio a ritroso quello che Barbara Pensa compie nella sua coscienza, scontrandosi col tempo e con lo spazio che prima di allora erano infiniti. Soggetti a leggi diverse le loro dimensioni si velocizzano ed ampliano secondo le esigenze della sua mente creativa”.
“A come Analisi del concetto di Intelligenza Connettiva- Collettiva nell’opera Turista di Barbara Pensa.
Mi trovo di fronte un quadro, una tela di una metrata all’incirca per lato. Un uomo, con l’intento apparentemente utopistico di scavalcare la propria realtà, si sta letteralmente tuffando nella dimensione virtuale di un paesaggio marino. Un’idea surreale se l’opera fosse stata realizzata un secolo fa, perfetta per raccontare invece il nostro tempo. Nostro in quanto donne, uomini, figli nati e adottati dal XXI secolo.
Di colpo un dejavu. Proprio l’altro giorno, alla ricerca di una comune meta di svago per il fine settimana, ero collegata in rete pronta a cliccare il mio Google map, santo graal dei turisti. Un semplice gesto che risveglia un’emozione congiunta, lievitante tra il passato, legato ad un’esperienza personale di qualche giorno fà, e il presente, innescato dalla visione di quest’opera che porta con sè il bagaglio di sensazioni che solo un viaggio sa creare.
Barba Pensa solleva una riflessione molto sottile negli animi più accorti.
A noi che viviamo nell’era della rivoluzione 2.0, nell’epoca in cui i nuovi media sono diventati ambienti intermedi con accesso alla realtà intima della nostra psiche privata, l’artista si chiede quali siano i benefici e le ricadute di un tale ampliamento di prospettiva sulla nostra vita.
Quel turista, protagonista dell’opera viene ridotto dall’autrice ad un mero tassello dell’immagine, una figura in dissoluzione che diventa semplice contorno all’interno di uno spazio bidimensionale, l’ambiente virtuale.
Una curiosa indagine del concetto di spazio che, oggi più che mai, si è assuefatto ai nuovi tipi di rapporti, corali, veloci e virtuali, innescati attraverso il web.
L’esempio fornito dalla rete informatica (e già la definizione in sé reca una riflessione) ci aiuta a capire il nuovo tipo di (tras)formazione mentale in atto, un apprendimento generato dall’interazione sociale capace di accoppiare forme di conoscenza naturale in modalità mediata e virtualizzata. Apprendimento come processo sociale: interazione di gruppo capace di generare conoscenza.
Alla base di questa riflessione vi è l’idea di Intelligenza Collettiva, teorizzata da Pierre Levy, l’interazione di gruppo mirante a condividere memoria, immaginazione, esperienza, cultura. Una sinergia di forze.
Le tecnologie moderne accentuano l’interattività degli utenti telematici e l’aspetto di connettività, creando nuovi codici, nuove modalità espressive in alternativi contesti. Gli schermi dei computer diventano luoghi in cui il pensiero è condiviso da qualunque parte del mondo. Questa è Intelligenza Connettiva, come sostiene Derrick De Kerckhove. L’identità privata viene ricostruita simbolicamente attraverso la condivisione.
Mutamenti rilevanti sono in atto conseguentemente anche nella nozione di arte.
Le opere assumono una sorta di ubiquità, divenendo fonti i cui effetti sono avvertibili ovunque. Usando le parole di Paul Valery per spiegare il concetto, il risultato di questa nuova forma di arte è un flusso di immagini visive o di sensazioni uditive con un semplice gesto, una società caratterizzata dalla possibilità di una “distribuzione della Realtà Sensibile a domicilio” (… ) la possibilità di sganciare la fruizione dell’opera d’arte dall’hic et nunc della sua collocazione materiale o della sua esecuzione, per renderla accessibile nel momento spirituale più favorevole e fecondo.
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