Abbiamo speso molte righe per raccontare cosa ne pensiamo del Mercato, del nostro vivere nel Mercato e del corpo immerso nel Mercato. Ma se il corpo si evolve e si modifica, se i nostri organi stessi, a partire dal più grande cioè la pelle, mutano, può restare immobile la pratica performativa?
Bruce Nauman, Vito Acconci, Gina Pane, Marina Abramovic si ferivano, facevano penitenza oppure il suo opposto, rinunciavano al cibo, si tagliavano, spargevano il sangue, usavano lame e lamette, rendendo visibili sulla loro carne esplicitamente le oppressioni, le nevrosi, i tabù imposti dalla società. Sempre però considerando il corpo come l’ultimo baluardo, il velo strappato ma resistente tra l’Io e il Mercato. “Il mio corpo è la mia casa”, diceva ancora di recente l’Abramovic.
La casa, ormai, è però popolata. Gli organi stanno cambiando grazie alle protesi che ci avvolgono ogni giorno. Ha senso segnare un territorio che non è più di nessuno, difendere un confine laddove il nemico (o amico) è già passato? La stessa possibilità d’azione, dell’Azione, individuale nel Mercato tende a cessare. Difatti tutto questo scrivere di Altro, dell’Altro, è il pianto di chi rifiuta il piacere dei nuovi organi, la nostalgia del secolo scorso.
E dunque se azione e corpo sono messi in dubbio dal Mercato dove va la performance? Può essere il Faust di Anne Imhof alla Biennale? Possono essere alcune rappresentazioni di Virgilio Sieni (ad es. Il vangelo secondo Matteo alla Biennale danza 2014)? A dire il vero se prendiamo il testo del Faust e un qualunque nostro scritto, un po’ s’assomigliano. Avremo letture comuni.
Con questo primo video, che riprende quello famoso della Abramovic : “art must be beautiful, artist must be beautiful” iniziamo a lavorarci su. Iniziando a togliere alcune cose : l’individuo, l’artista e il suo corpo. Il suo gesto. E qualunque dover essere, pure se ironico, sull’arte.
Ci pare giusto, come prima cosa, rimuovere le cose ingombranti, le ideologie (che non vuol dire politica, il Faust è molto politicizzato) . Poi sposteremo anche gli orpelli.
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