(A)mare Conchiglie: nessuno più muore
17 July 2015
Scrivo da una stanza in un rifugio della Toscana. Dopo un lavoro importante è fondamentale prendere del tempo, isolarsi, per sedimentare e raccogliere nuove energie necessarie per andare avanti. Il progetto “(A)mare Conchiglie” è stato un significativo passaggio artistico e sociale che vorremmo portare avanti con tutte noi stesse. Ogni articolo positivo sui migranti correlato alla performance è stato un contraccolpo alla manipolazione mediatica ed alla ondata d'odio nei confronti dei flussi migratori.
Sconfortante è leggere i fatti di Treviso e Roma nei confronti dei profughi: roghi nelle case che accolgono persone con un passato terribile alle spalle, che fuggono dalla morte.
L'intento di “(A)mare Conchiglie" è stato quello di far conoscere le loro storie, i ragazzi africani chiedono asilo politico perché tornare in quell'inferno significherebbe morire. Noi occidentali abbiamo dimenticato la sensazione dell'alito gelido della morte sempre presente.
Il mio bisnonno è stato uno di quegli emigranti calabresi partiti da Napoli per l'America che non è più tornato. Mio padre, (uno dei protagonisti di “(A)mare Conchiglie”), è stato un italiano emigrato in Germania poco dopo la seconda guerra mondiale: l'odio nei confronti degli italiani “traditori” era ancora vivo, ma nonostante questo ha un ricordo positivo della Germania, perché ha potuto lavorare e costruire una vita dignitosa per lui e per i suoi figli. Grazie papà.

Ci piace pubblicare la foto dove alla fine della performance ci teniamo tutti per mano.
Vorremmo un mondo dove lo scambio non avvenisse tramite il denaro, ma attraverso il dono; dove la condivisione prende il posto della competizione e nessuno ha più fame, nessuno ha più paura, nessuno più muore.


Qui di seguito il resoconto della performance.

Leggere questa pagina significa essere presenti alla performance, per questo vi invitiamo a farlo.
http://www.humaninstallations.com/amareconchiglie.html


Kyrahm

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