Due cicli di pittura:
03 April 2017
Senza mai abbandonare le motivazioni più intime che mi hanno permesso di realizzare opere che ritengo significative in lunghi anni di ricerca, nella realizzazione degli ultimi due cicli a partire dal 2014, devo registrare diversi cambiamenti degni di nota.
In molte opere dei suddetti cicli ho mutato tecnica esecutiva, con l'uso frequente degli smalti insieme alla pittura ad olio, in più c'è stato un recupero della vernice oro che mi ha permesso un significativo richiamo a molta arte tradizionale europea del periodo medievale. Ciò che tuttavia rappresenta una vera novità nella mia pittura è un cosciente recupero degli aspetti decorativi di grafie come ad esempio quella araba in particolare, ma non solo, che si distinguono per la bellezza del segno.
Lingue a me purtroppo sconosciute, incontrate per caso in opere di calligrafi abilissimi dei secoli passati o in vocabolari moderni e assunte e praticate appunto unicamente per la seduzione dei segni.
Attribuisco a quelle grafie nelle mie opere l'onere di rendere, con il loro fascino, più "leggere" le architetture compositive, i temi spesso drammatici che sono solito affrontare. Oriente ed occidente a confronto in un tentativo di unione e recupero di quanto nei secoli è stato più emblematico nella visione estetica: la figura per l'Occidente, la seduzione del segno per l'Oriente.
Ritengo che la necessità di questo tentativo di recupero, dettata dall'essere artista europeo in anni di trasformazioni di cui è impossibile prevedere gli esiti, mi sia talmente congeniale al punto da ritenere il ciclo "strappati al dilagare del nulla" (ma con attenzione anche per il precedente -"La domenica dello Schiamano"- che il qualche modo fa presagire le successive svolte stilistiche), forse il più importante dei tanti da me dipinti negli anni.
Il titolo del ciclo gioca sull'ambiguità del termine "strappati" che a secondo dell'accentazione, può essere letto o come imperativo categorico, un'esortazione perentoria, oppure come riferimento a reperti, (nello specifico le opere), divenuti oggetti puramente testimoniali.
Tecniche, prospettiva, filosofia, tutto si sfalda e frantuma, assurgendo però a nuovi significati, a nuove visioni possibili, in un saldo legame tuttavia, con la nostra tradizione.
Mi aiutano in questa nuova ed antica avventura frequentazioni magiche, simbologie alchemiche, ma anche insetti e ratti innumerevoli, assieme a costanti richiami alla brevità dell'esistenza che si manifestano con i simboli tradizionali della "vanitas" che spesso mi fanno visita in maniera caotica quanto perentoria dirante la realizzazione delle mie opere.
Insetti, ratti, teschi, oggetti che alludono al trascorrere magico del tempo, a mio avviso non possono che essere questi i nostri abituali compagni nella decadenza che continua a cavalcare tumultuosamente.
Mi affascina inoltre, fin dai tempi dell'infanzia, l'idea della potenza smisurata, in apparenza inarrestabile che si rivela all'improvviso fragilissima, umanamente vana. Questo concetto è rappresentato dal dirigibile che silenzioso attraversa di frequente le mie opere più recenti.
Come ho già scritto altrove, è venuto finalmente il tempo di abbandonare quella sorta di ipertrofia dell'io che è stata cifra interpretativa di una presunta evoluzione che, in arte, non significa e non ha mai significato un bel nulla.
Ci saranno compagni in questa avventura contro la piaggeria ed il conformismo? Quando ancora dovrà aspettare la mia pittura perchè la si veda con gli occhi ed il cuore e non con le ideologie di una moda che non aproderà che a giochetti insulsi, banalità di gente vuota che nulla ha e avrà mai da dire?
Occorre grande coraggio per attraversare quelle "colonne d'Ercole" che quell'abbandono ci pone di fronte, ma artisti che non vogliano fatalmente finire nelle sabbie mobili davvero penose, di un'accademia, per di più dell'insignificante, dovranno trovarlo quel coraggio, oggi divenuto indispensabile per poter continuare, senza dover rischiare d'essere dei sopravvissuti, illusoriamente moderni, nell'uso di una pratica artistica, quell'accademia stucchevole appunto, ormai non più vitale, di masturbazioni logorroiche, mantenuta in vita unicamente da strategie di mercato francamente insopportabili e da personaggi che tentano una giustificazione comica di certe esperienze fino ad apparire patetici. Sento dire da costoro: " ha senso dipingere come si dipingeva nelgi anni sessanta o settanta del secolo scorso? Certo che no..." e chi lo dice? Ecco che l'accademia del nulla tenta di sedurre chi non è sensibile e non ha voglia di di essere solo "contemporaneo", la pittura è la pittura, non un surgelato che ha l'obbligo della scadenza! Se la pittura è grande pittura, resterà anche alla faccia di quei piccoli uomini con le loro certezze ideologiche risibili. Per quanto mi riguarda, non mi interessa essere "significativo (solo ) per i tempi in cui vivo", "contemporaneo", ciò presuppone infatti un legame dell'arte con l'attualità esistenziale che è una delle tante mistificazioni di cui l'arte è stata oggetto negli ultimi ottanta anni. Mi interessa invece un'arte che, nel tempo che verrà, possa testimoniare il mio spirito e quello dei tanti che hanno dovuto vivere tempi oscuri e davvero difficili, rischiando di continuo di perdere la rotta.
La mia arte parlerà agli uomini di ogni epoca a venire se sarà degna di questo nome, io lavoro solo per questo, del resto me ne frego.
Ritorno dunque al Mediterraneo "antiquam exquirite matrem", mai l'esortazione virgiliana mi appare così urgente e necessaria.

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