Biografia

I colori dell’aniMa[tt]
Volendo presentare Matteo Dragà tentando di argomentare la sua complessa personalità creativa con la sua giovane produzione, viene subito voglia di fare riferimento a i colori dell’anima – Modigliani; una pellicola del 2004, giunta nelle sale italiane nel 2005, scritto e diretto dal regista Mick Davis, ma senza troppo pensare alla vita sregolata del genio ribelle Modì, quanto alla necessità di Amedeo Modigliani di conoscere l’anima di una persona, prima di poterne raffigurare gli occhi. Ad una prima analisi, per Matt potrebbe esserci l’esigenza opposta, ovvero di rappresentarsi attraverso l’impeto del profondo “io” per meglio conoscersi, in maniera introspettiva, invece no. Matt non ricorre a figure retoriche né ad artifici linguistici. Bisogna approfondire l’operaMatt nel suo insieme aperto per poterne tratteggiare un profilo creativo che possa coincidere con la sua realtà e bisogna valutare la sua evoluzione espressiva per poterla narrare. La necessità di Matt è meno meccanicistica del pensiero moderno, è, di fatto, un romantico sentir, è una piacevole esigenza. E’ la necessità di dover rappresentare la propria realtà interiore attraverso i colori, quelli della sua anima. Le opere di Matt sono esperienze empatiche. Le sue rappresentazioni hanno quasi sempre forme morbide dai contorni netti e decisi ma dai contenuti volutamente ambigui, difficili da disaminare. Nella produzione del giovane creativo Matt si rintraccia la volontà di rappresentare il non finito, attraverso il segno debole e sfumato, alludendo al concetto di infinito, attraverso la perdita dell’orizzonte lungo la strada che sconfina nell’oblio. I segni di Matt sono spesso tratti astratti. Armonia e caos. Matt punta a far sfuggire il controllo percettivo sulle sue figurazioni, ma si contraddice dando un grande aiuto all’osservatore nel sintetizzare con grande capacità il titolo dell’opera che diviene la giusta chiave di lettura. Una contrapposizione tra mondo reale e mondo virtuale, tra dentro e fuori, tra autobiografia e fantasia, tra la sua reale personalità ed il vivere contemporaneo in una geografia meridionale in cui sente spesso incastrato, rispecchiando una pluralità cospicua. Manifesta la voglia di riprodurre graficamente una vulnerabilità interiore che “graffia l’anima” come egli stesso afferma. Matt tenta di esporre la sua realtà, a chi non ha la possibilità di ascoltarlo, senza parole ma attraverso i segni. Matt rappresenta energia e trasmette energia. Matt spesso non vuole essere ascoltato bensì decifrato ed è per questo che compone e rappresenta. Delle volte esige di essere decifrato, ma non lo chiede. Matt Predilige i toni scuri ma ama il colore nella sua varietà e nella possibile contaminazione materica che lo rende esclusivo; questa è una peculiarità della sua personale ricerca. Matt Non esclude la prefigurazione ma tuttavia l’impeto prende il sopravvento nel suo atto creativo. Conosce il tema di partenza ma scopre lungo il percorso il punto di arrivo. La sua è una produzione dinamica. Spesso indaga la cinetica del corpo umano nelle sue forme più complesse e addirittura improbabili ma possibili. Ho conosciuto Matt qualche anno fa, sul web, attraverso il suo precedente blog, in merito a riferimenti critici su temi territoriali e paesaggistici che palesavano la sua curiosità e quindi la volontà di istituire un dialogo su temi di comune interesse, che ha portato presto ad un piacevole confronto. Dall’interesse per i temi urbani ho presto avvertito e posso dire incoraggiato la sua passione per la fotografia prima e per la pittura poi. In generale è attratto da ogni forma espressiva. Matt ha buona sensibilità nei confronti delle arti, ha gusto ed ama l’arte, l’architettura ed il paesaggio. Il suo è un intorno spaziale misurato che si estende all’infinito e si arresta nel confronto con la realtà. Presto i nostri dialoghi, più virtuali che reali, si sono incentrati sul mondo dell’arte a tuttotondo, sul suo ruolo mediatico, sul valore commerciale, sulla produzione e sulla sua legittimità nella definizione semantica del termine. Ho seguito i suoi primi passi cromatici, le dinamiche materiche, le tecniche sperimentali e le rappresentazioni finali, che si concretizzano come introspezioni terapeutiche, per le sue probabili “deficienze emotive” del cuore e della mente, che spesso necessitano un nuovo linguaggio espressivo, diverso dalle parole, per descrivere il proprio “io” al cospetto del mondo, tornando a vivere la sua realtà in una dimensione altra. Matt ha trovato una strada e sta provando a percorrerla. Penso tuttavia che non debba aspettarsi niente dalla sua produzione. Così come non deve temere la critica, negativa o positiva che sia. La critica non deve interessare né agli autori né agli artisti, bensì agli operatori nel mondo dell’arte. Penso pure che Matt non debba avere la necessità di suscitare interesse, né la presunzione di stimolare fantasie. All’arte si approda in maniera inconsapevole ed in tempi indefiniti. Sarà il tempo a raccontarci la sua storia.
( Presentazione critica a cura di Arch. Andrea Cristelli- Direttore Galleria Progetto Città )