Biografia
Nasce nel 1952 a Pistoia, città dove attualmente vive e lavora, intervallando lunghi periodi con l’Isola d’Elba.
Comincia a dipingere ad olio già a 14 anni con un fervore che si protrarrà indomito per una quindicina di anni, sino a quando gli impegni e le responsabilità professionali canalizzeranno le sue forze e attenzioni, portandolo anche fuori da Pistoia per diversi anni.
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 si trasferisce a Milano. In questo periodo si fa strada nel suo percorso artistico la preponderante necessità di svincolarsi dalla rappresentazione del reale, per cercare di creare nuove emozioni sulle tele o sui legni utilizzando nuovi linguaggi espressivi che esulino dalla mera rappresentazione.
Le poche opere di quegli anni possono, in un primo momento , mancare di una coerenza ed omogeneità produttiva che le fa apparire quasi slegate tra di loro. Il lungo lasso di tempo che intercorre tra la realizzazione di un’opera e l’altra ( talvolta anche più di un anno) sembra renderle unità distinte e separate, ma ad un più attento esame si evince che la caratteristica comune è una tensione costruttiva tutta intellettuale che rifugge la gestualità, resa in maniera più evidente nelle opere dal disegno marcato di forme all’apparenza geometriche, ma che si ritrova anche nei quadri più “immediati”.
Proprio da questi “frammenti”, da questi “mattoni”, della sua ricerca pittorica Velio riprende, dal 2015, il filo interrotto ma mai spezzato del suo percorso artistico.
Le opere della nuova fervente produzione sono tutte legate da una colorazione forte ed appassionante, resa ancor più viva dal trasparire di linee e tratti neri o molto scuri. Queste “note buie” mettono ancor più in risalto il colore, perché spesso si uniscono allo spessore plastico creato da gessi , stucchi e sabbie.
CONTRIBUTI CRITICI
Un Racconto di Alessandro Mannelli
Il tempo che passa
“Forse è proprio vero che ciascun uomo porta scritto nel proprio sangue la fedeltà d'una voce e non fa che obbedirvi, per quante deroghe l’occasione gli suggerisca”
Gesualdo Bufalino “ L’uomo invaso”
Il guardiano delle rovine
Arriva un momento in cui prepotenti tornano i sussulti di antichi pensieri; arriva un momento in cui maturano i fondi sopiti, le lacrime dell’animo si liberano/librano nell’aria.
Arriva un momento in cui i sensi che ci hanno accompagnato fanno riconoscere i più sottili profumi, le più morbide – o aspre – superfici, i più ricercati sapori, le più dolci – o aspre – melodie.
Arriva un momento in cui si riesce a contattare senza paura il sé profondo e lo si guarda con rispetto, amore ma anche con lucida consapevolezza.
Conoscenza uguale a consapevolezza, forse. Oppure il contrario. Da questo confronto/scontro nasce un variegato senso del pudore che ti porta a disconoscere, talvolta, la tua stessa natura; ma anche a valutarti, come se uno specchio a dimensione d’uomo riferisse di una persona che solo ti assomiglia, ma non sei proprio tu, quel tu che pensavi di conoscere.
L’esercizio della vita insegna a competere con se stessi ma il retrogusto è quello di una queta armonia con il proprio vissuto, con la propria storia.
Una vocazione
L’arte, ogni espressione artistica è traccia evidente e ineludibile di questo percorso e dei suoi esiti. E Velio ha vissuto; e il suo vissuto porta le tracce, evidenti e ineludibili, di quanto ognuno “porta scritto nel proprio sangue…”.
I primi esiti del suo percorso intellettuale, della sua espressione di uomo artista appartengono ad un passato lontano; ma si ricollegano in modo impressionante/evidente agli esiti ultimi. E’ proprio in questi esiti che è possibile leggere una riduzione all’essenziale, una poesia della vita reale trasferita sulle superfici ruvide e aspre che l’artista esalta nelle ultime opere.
Velio rinasce, novella araba fenice, ogni qualvolta da uomo trasferisce sulle “tele” le tensioni percepite, i percorsi tentati e/o immaginati. E’ un passaggio obbligato; appartiene a tutti coloro che vivono e convivono con il fuoco dell’arte, spesso anche sopito e/o mascherato da attività altre, lontane, diverse.
Velio rinasce; e la sua nuova vita è percorsa da fremiti che lo portano in terreni inesplorati.
Velio rinasce e la sua vocazione marcia lungo strade che appartengono anche ad un passato diverso, ma nei pezzi che si ricompongono, nelle reti che imbrigliano i ricordi, nelle superfici ruvide e sapientemente amalgamate ai fondi di profondi rossi e di bruni e d’oro si rileggono esperienze legate a geometrie di comportamenti operativi, di gestioni della risorsa uomo, di capacità e volontà relazionali che appartengono all’uomo, cosciente metafora dell’artista che sopravvive, resiste ed esce finalmente vincitore.
Ma andiamo per piccoli passi.
La ricerca
All’inizio è stato il trionfo del colore, dei colori, soprattutto i gialli e i rossi, con campiture delimitate da una ragnatela di “percorsi” , quasi ad identificare una ipotetica mappa mentale (forse una mappa del percorso di vita?).
Una sinfonia di note con i sensi allertati per cogliere i profumi ed i sapori della ricerca di una nuova via/vita.
Come in una esistenza rivissuta, attraverso le tele si sono condensate le ricerche coloristiche; i pensieri si sono raggrumati. Hanno preso forma, matericità e sintesi i rossi; i gialli sono diventati soli, squarci d’oro.
“...cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!...”
E. Montale , In limine , da “Ossi di seppia”
Prepotente la consapevolezza del dolore, la lettura del dolore; prepotente e liberatorio è arrivato lo strappo nella maglia della rete, ed il sole, spiraglio di luce salvifica, momento della gioia ritrovata, la gioia della vita che vince.
La rete, ora a maglie piccole, ora a maglia grande, ora una micromaglia quadrata, si è impastata con la materia del sottofondo; poi si è aperta; lo strappo ha il significato dell’uscita dalla sofferenza?
Non dobbiamo chiederlo a chi lo ha vissuto, a chi ce lo propone.
Velio non risponderebbe; i suoi pacati silenzi lascerebbero il dubbio all’interpretazione di ognuno.
E’ vero. Ciascuno può leggere la propria storia in quei pezzi di profondi rossi, in quelle tele dove l’oro o il bruno campeggiano per aprirsi poi ad un taglio verticale o orizzontale dove il bruno, il nero e l’oro stesso separano il ‘mondo’ in due universi. E i due universi sembrano rispecchiarsi come in alcune delle ultime opere dove i quasi bianchi creano l’effetto di un nuovo orizzonte; forse una nuova frontiera della ricerca; forse un nuovo approccio, una diversa consapevolezza, una strada per chi ha superato le maglie della ‘rete’ e naviga libero nel mare di nuovo mondo.
Alessandro Mannelli, ottobre 2016
dalla critica di GIULIO MALOSTIA per la mostra personale Arte in San Biagino, Pistoia Aprile 2016
In questo modo orfico procede il nostro viaggio nell’opera artistica di Velio Ferretti,
pittura che è colore, materiale, forma e sua assenza al tempo stesso, in ogni caso,
soprattutto musica impressa ed intrappolata su un supporto statico.
Musica sì, ed in particolare Velio ricorda la musica jazz, con i suoi lanci di batteria che
sembrano casuali e fuori tempo, ma che in realtà sono studiati e bilanciati per
contrapporsi in maniera estremamente calcolata alle note delle chitarra, con le quali
lottano quasi fino a creare rumore, per poi entrare insieme dolcemente su una nuova
ritmica, trasportate sul
tappeto vellutato delle note acide di basso.
Questo bilanciamento tra le note di colore ed il nero sembra uno spartito in attesa di
essere suonato (dallo Spettatore, da noi!); situazione immobile in attesa di essere
riporta in vita dal soffio vitale che anima il Golem di argilla che protegge il segreto che
solo Velio sembra
conoscere e mostrarci in tutta la sua semplice evidenza.
L’intensità e la forza dei colori ci danno gli accenti sulle note toniche, battere e levare,
le pennellate sono le interpretazioni del brano che viene suonato in maniera muta ed
indiscreta direttamente al nostro cervello.
I segni, che in un primo momento sembravano dissociati e dislocati in punti lontani,
si uniscono davanti ai nostri occhi come un codice Maya e si plasmano per iniziare a
danzare.
Ogni gesto dell’artista è ispirato da un moto interiore di Passione, veicolato però
dalla tecnica che riconduce tutto alla Ragione, in un perfetto ed elegante
contrappunto.
Questa, in tutta franchezza, mi sembra la grande forza dell’opera di Velio Ferretti,
abile direttore dell’orchestra delle Luci e delle Ombre, unite e guidate dalla forza
del Gesto pittorico.