Biografia
Per comprendere l’opera di al.to. bisogna conoscerlo. Alfredo Manfredi Cosimo Freddi Torsello non nasconde una personalità dietro ogni nome, ma, di certo, ogni nome ha una storia che, intrecciandosi l’una con l’altra, hanno dato vita ad un uomo così originale. Sin dai plurimi nomi di al.to. si cela una delle caratteristiche tipiche dell’artista, la sua versatilità. Tutto inizia il giorno della sua nascita, in bilico nella notte tra il 25 e il 26 settembre del 1958. Andando a ritroso, c’è Manfredi, il nome del nonno paterno, scelto dalla famiglia per il nascituro, ma non accettato dalla Chiesa, per cui Alfredo dovette affiancarsi ad esso.
A seguito di una tela ricevuta in regalo da sua madre, l’arte diventa la compagna di giochi di un bimbo la cui mente correva dietro alle innumerevoli curiosità della vita. Incredibilmente, nelle piccole cose, nell’osservazione del quotidiano, Manfredi, si distingue per l’originalità di approccio, una particolarità che si traduce anche in una estrema passione per la matematica, tramite cui egli, quasi giocando, risolve compiti per altri noiosi o articolati.
Qualche opera di Manfredi venne scelta per dei concorsi scolastici, altre sono rimaste in famiglia, altre ancora, soprattutto disegni, non sono arrivati ad oggi.
Manfredi, una volta cresciuto, sceglie il suo futuro: quello di ingegnere chimico. Al momento dell’iscrizione salta fuori il nome Alfredo, quello burocratico che, sino a quel momento, era rimasto in fondo agli archivi comunali. Un coup de théâtre che, in un primo momento si rivelò destabilizzante. Tuttavia, nulla di drammatico per lui che, in questa casualità, trova una forma di originalità interessante.
Gli anni trascorrono, mentre la pittura resta in disparte; il lavoro da ingegnere, la famiglia, i figli, tendono ad assorbire tutte le sue energie.
Il 2011 segna il momento della ripresa creativa. Paola, la sua nuova compagna, organizza un viaggio a Madrid, per il suo compleanno, a settembre di quell’anno. Era stato un periodo particolare per lui, la perdita della madre e altri cambiamenti avevano segnato quel momento. Il viaggio in Spagna si rivela straordinario per molti aspetti: una full immersion tra i capolavori dei musei madrileni generano una incredibile ed irrefrenabile necessità di espressione. La prima opera è un dipinto, L’angolo dei Desideri (selezionato per “Esposizione Triennale di Arti Visive a Roma 2014”), che riprende, in forma onirica, una foto scattata a Paola in una sala del Museo Reina Sofia. Questo dipinto è firmato Manfredi. Ma c’è da cambiare, non si può rimanere ancorati ad un passato lontano.
Nasce l’idea, mediata da concetti matematici, di creare un diminutivo, un acronimo, che però racchiudesse tutta la vita di un uomo. Nulla di meglio che al.to. l’inizio del primo nome e l’inizio del cognome, un po’ come l’alfa e l’omega che tutto racchiudono ma che, in verità, aprono ad infinite possibilità.
Dall’ottobre del 2011 al.to. non si è più fermato, la pittura e tutte le tecniche che egli continua, senza sosta, ad usare e sperimentare, sono tornate ad essere la dimensione per lui più naturale e, attraverso il linguaggio privilegiato dell’arte, in cui si attua un richiamo bilaterale, al.to. riesce a dar sfogo all’esigenza primigenia di svelare, prima a sé e poi agli altri, chi, in realtà, egli è ed è stato.
L’arte come catarsi o, quanto meno, come via naturale di esigenza creativa, frutto di meditazione emotiva, spesso notturna, che trova nella pittura e nella vitalità del colore, il modo più naturale di porsi rispetto al reale. Guardarsi dentro, mediante un rapporto viscerale con il linguaggio dell’arte, il più compatibile rispetto al proprio Io, rende le scelte di al.to. universali: ognuno di noi può indagare la propria psiche facendosi traghettare dall’artista. La curiosità per la vita in ogni suo aspetto, la forma ludica e passionale, sono la chiave di lettura che al.to. ci consegna, per accostarci alla sua opera e al suo personalissimo sguardo sul mondo. E la pluralità di cui, troppo spesso, l’uomo ha paura, è rappresentata e pensata dall’artista come un’occasione, invece che un pericolo. Le varie parti del sé, sempre l’una in contatto con l’altra, diventano tangibili nelle sue opere, accompagnate dall’imprevedibilità.