Biografia
Recensione di Vittorio Sgarbi: Sapore di luoghi lontani, della quiete del mattino, del frutto appena colto, dei canti nei giorni di festa e di notti senza fine; polvere rosa che si solleva appena per la corsa giocosa di un gruppo di bambini; piedi scalzi che si arrampicano veloci come felini tra gli alberi; un sigaro fumato lentamente all’ombra di una siepe per gustarne tutto l’aroma; dadi che rotolano sopra al tavolo da gioco in piazza; il profumo esotico e afrodisiaco che arriva dalle finestre spalancate: questa è Cuba, nei pensieri di molti. Essa è l’ultimo baluardo del comunismo, è l’emblema della rivoluzione proletaria più tenace,
e i suoi rigidi limiti al progresso, insieme alla sua poca apertura al mondo esterno, le hanno permesso di mantenere un’aura quasi primitiva, nel bene e nel male. Antonella
Falcioni raggiunge, appena può, quel meraviglioso arcipelago caraibico e con pennellate morbide e precise, ne racconta gli aspetti più felici e genuini di oggi.
Romana d’origine, bresciana d’adozione, cubana per passione. Antonella Falcioni ha scoperto l’amore per l’arte ancora bambina, aveva solo otto anni quando si iscrisse al primo corso di pittura. E come ogni primo amore non l’hai mai abbandonato. Da allora la sua mano è cresciuta, la presa si è fatta più forte e sicura, l’animo curioso e sensibile come quello dei migliori artisti.
Per anni si è distinta con successo nello scenario artistico italiano ed estero per le sue ceramiche, apprezzabili per delicatezza ed eleganza. La sua prima mostra risale al 1999,
ne sono seguite tante altre, collettive e personali, anche in Germania. Con raffinatezza e attenzione per i dettagli, ha tratteggiato i lineamenti di donne, angeli e madonne,
ma anche i profili ondulati di paesaggi, fiori e animali su piatti, coppe e vasi di varia foggia.
Nel 2010 Falcioni si è affacciata su nuovi sentieri, si è avvicinata alla pittura a olio, rimanendone conquistata. I soggetti dei suoi quadri sono uomini, donne, bambini colti nella quiete della loro vita quotidiana, in momenti casuali, rubati. Non vi sono scenari studiati né pose teatrali, tutto è spontaneo nelle sue tele. A lei interessa trasmettere esattamente ciò che vede, la verità di quelle storie, l’emotività di quei volti. E riesce nel suo intento attraverso un gioco di pennellate: larghe, veloci, intense e contrastanti per i fondali; sottili, precisi, velate per le figure.
Se Paul Gauguin lasciava Parigi per recarsi a Panama, nella Martinica e a Tahiti, Falcioni sceglie Cuba come meta prediletta, come oasi d’ispirazione. La ricerca è, però, la medesima.
Lei, come lui un secolo e mezzo prima, è attratta dall’autenticità primitiva di quei luoghi, dall’ingenuità quasi infantile di chi vi abita, dall’atmosfera tropicale che li avvolge, oltre che dalla vivacità dei colori, dalla freschezza dei profumi, dalla trasparenza della luce. Si lascia coinvolgere fino a ritrarre se stessa tra di loro, fino a sentirsi parte di quei luoghi così lontani e affascinanti. La sua figura alta, candida e aggraziata si distingue fra le altre in un meraviglioso contrasto.
Vittorio Sgarbi